Master di 1° Livello in Storia Militare Contemporanea 1796 -1960

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Il Corpo Italiano di Liberazione ed Ancona. Il tempo delle oche verdi e del lardo rosso. 1944

Il Corpo Italiano di Liberazione ed Ancona. Il tempo delle oche verdi e del lardo rosso. 1944
Società Editrice Nuova Cultura, Roma 2014, 350 pagine euro 25. Per ordini: ordini@nuovacultora.it. Per informazioni:cervinocause@libero.it oppure cliccare sulla foto

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venerdì 27 settembre 2019

Battaglia di San Pietro Infine 7-21 dicembre 1943

    I belligeranti e le origini del conflitto


1.  
Fallita definitivamente la campagna africana dell’Asse nel maggio del 1943, tra gli Alleati si registrò un contrasto di opinioni sulle linee operative lungo le quali portar avanti il conflitto.
Il primo ministro britannico, Winston Churchill, era fermamente convinto dell’utilità di aprire al più presto un “secondo fronte”, in Italia, confidando nella rapida capitolazione della resistenza italo-tedesca, che avrebbe portato in breve tempo il fronte sulle Alpi a sud del Reich. La sua idea nasceva dalla convinzione che Hitler non possedesse più le risorse di uomini e materiali necessari per ottenere la mobilità strategica su larga scala. Inoltre l’Italia versava ormai in pessime condizioni, da un punto di vista militare, economico e politico. La popolazione italiana, sottoposta a continui bombardamenti e al razionamento dei generi alimentari, era stremata dalla guerra e aveva perso fiducia in Mussolini. L'esercito aveva subito dure sconfitte in Africa settentrionale e premeva affinché si uscisse al più presto dal conflitto. Tutto questo rese maturo un crollo del regime fascista e l'uscita dell'Italia dalla guerra.
Gli Stati Uniti, di contro, già impegnati duramente sul fronte del Pacifico senza alcun sostegno alleato, temevano di compromettere le operazioni principali impegnandosi in operazioni minori. Il Presidente Franklin Delano Roosevelt, nel corso della conferenza di Casablanca del gennaio 1943, pur mantenendo l'idea di concentrare lo sforzo principale sull'imminente assalto lungo il versante settentrionale delle coste francesi, cedette di fronte all’insistenza britannica. In quella sede, pertanto, furono fissati i due obiettivi fondamentali sulla condotta della guerra con riferimento al Mediterraneo:
-   occupare l’Italia, sbarcando in Sicilia, per rendere più sicure le linee di comunicazione nel Mediterraneo, alleggerire la pressione tedesca sul fronte russo e intensificare la pressione sull’Italia stessa;   
-   creare una situazione in cui la Turchia si sarebbe dovuta comportare da alleata attiva.



Il generale americano Eisenhower, nominato comandante in capo alleato, ricevette chiare istruzioni di liberare dal nemico l’Africa settentrionale e procedere all’operazione “Husky”, cioè l’occupazione della Sicilia. Su tali decisioni, incombeva il peso delle perdite inflitte dai sommergibili tedeschi ai convogli atlantici mentre gli americani nutrivano timori di un possibile stallo in Europa e che le operazioni sul fronte meridionale si potessero trasformare solo in un diversivo che avrebbe determinato un ritardo nella disfatta tedesca. Inoltre le operazioni sul Pacifico richiedevano sempre maggiori contributi umani da parte degli Stati Uniti e le operazioni militari in Europa frenavano, tanto da spingere Churchill a promuovere successivi incontri con il Presidente americano per sollecitare l’inizio delle operazioni nel fronte Mediterraneo.
Così, nel maggio del 1943, durante la terza conferenza di Washington, furono definiti i piani per la campagna d'Italia. La conferenza durò quattordici giorni a riprova che le posizioni non erano per nulla uniformi. Il generale  americano King spingeva affinché il Pacifico fosse considerato il teatro principale delle operazioni, sul quale far confluire le maggiori risorse. A tale scopo, il Presidente Roosevelt ambiva a un’uscita dal conflitto dell’Italia senza, per questo, impegnare eserciti numerosi nel Paese. Churchill, invece, riteneva che bisognasse tenere occupati gli eserciti dell’Asse sul fronte italiano, sia per arrivare a estromettere l’Italia dalla guerra, sia per alleggerire il fronte orientale a vantaggio dei russi e spostare il confronto sui Balcani sfruttando l’appoggio turco[i].
Tuttavia l'iniziale diversità di vedute riemerse costantemente nel corso delle operazioni militari, tanto da condizionare negativamente le vicende successive. Nel corso della campagna d'Italia s’instaurò spesso uno spirito di competizione e di diffidenza più che di cooperazione tra i contingenti delle diverse nazionalità alleate. Con il passare dei mesi, la previsione di una facile avanzata nella penisola si dimostrò un grave errore e negli americani si rinforzò l’impressione di essere stati trascinati, controvoglia, a combattere in un teatro poco importante e svantaggioso.
Nel frattempo, Hitler assisteva alla definitiva caduta delle posizioni in Africa mentre crescevano i timori che gli Alleati potessero violare i confini meridionali dell’Europa. In prima analisi riteneva, insieme all’ammiraglio Raeder, che la minaccia potesse manifestarsi nei Balcani o in Grecia, mentre l’ammiraglio Dönitz e il feldmaresciallo Kesselring ipotizzavano che l’attacco alleato fosse pianificato in Spagna. Tuttavia, proprio quest’ultima ipotesi cedette subito alla reale situazione strategica tenuto conto che la neutralità della Spagna del generale Franco non permetteva alcuna operazione nella penisola iberica. Le sorti del conflitto, peraltro, ponevano i tedeschi a focalizzare la loro attenzione, maggiormente, laddove insistevano i loro interessi vitali, il sud dell’Europa, da cui gli provenivano le materie prime essenziali per l’economia bellica. Rifornimenti di grano, legname, petrolio e minerali provenienti da quell’area rendevano sempre più probabile un attacco alleato nei Balcani o in Grecia.
Ma, come anticipato, il “secondo fronte” fu pianificato in Italia e in particolare in Sicilia. I comandanti dell’Asse potevano sperare di opporsi allo sbarco impiegando solo truppe di terra, tenuto conto della difficile situazione che, nel frattempo, si stava delineando sul versante aereo e navale. A metà giugno il feldmaresciallo Kesselring era il comandante in capo tedesco del teatro di operazioni meridionale. Egli era convinto che gli alleati avrebbero limitato i loro obiettivi al raggio effettivo dei caccia con base a terra e che avrebbero colpito la Sicilia, in funzione di una successiva avanzata lungo la penisola italiana per giungere nei Balcani. Proprio per questo in Sicilia furono schierati forti contingenti contraerei unitamente a due divisioni.    
Lo sbarco alleato in Sicilia si concluse favorevolmente per gli Alleati, tanto che il 3 settembre 1943 si prepararono alla conquista del resto dell'Italia. Due divisioni dell'8° Armata britannica attraversarono la punta sud dell'Italia dove la resistenza tedesca fu minima mentre il 9 settembre 1943, la 5° Armata composta da 3 divisioni statunitensi e 3 divisioni britanniche, lanciò un attacco anfibio sulla costa occidentale dell'Italia, nel Golfo di Salerno, 30 miglia a sud di Napoli.
I tedeschi circondarono gli alleati per quasi una settimana ma gli americani inviarono la forza aerea che insieme ai cannoni di grosso calibro della marina britannica riuscirono ad allentare la stretta.
Il 1° ottobre 1943, la 5^ Armata marciava vittoriosa su Napoli, punto strategico molto importante perché dotata di un porto perfetto per lo sbarco di uomini e merci. Gli alleati prevedevano di arrivare a Roma entro la fine di dicembre.
Ma i tedeschi mobilitarono tutte le forze in Italia pronte a contrattaccare ogni tentativo di sfondamento degli alleati. Quando gli alleati invasero l'Italia, Hitler pensò in un primo momento di spostare tutte le forze tedesche dal sud al nord dell’Italia. Ma Kesserling lo convinse a lasciarlo arretrare lentamente. Hitler si era preparato per tempo all’occupazione dei passi alpini, all’invasione d’Italia. L’Operazione Alarico si concluse rapidamente: 700.000 militari italiani finirono prigionieri in Germania, mentre le truppe tedesche presidiavano l’intera penisola e al Sud, guidate dal feldmaresciallo Albert Kesselring, contrattaccarono duramente gli americani a Salerno e gli inglesi nelle Puglie. A fatica gli Alleati sarebbero riusciti solo prima dell’inverno a superare a nord Napoli e Foggia arrivando fino alla linea Gustav, coincidente con il fiume Garigliano sino a Cassino e con il fiume Rapido sul versante adriatico.




[i]   Churchill, Second World War, vol. IV: il comandante in capo alleato nell’Africa settentrionale, avrebbe ricevuto istruzioni urgenti di studiare quali operazioni, all’indomani di Husky, fossero meglio atte ad eliminare l’Italia dalla guerra ed impegnare il massimo numero di forze tedesche”.    

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