I belligeranti e le origini del conflitto
1.
Fallita
definitivamente la campagna africana dell’Asse nel maggio del 1943, tra gli Alleati si registrò un contrasto di
opinioni sulle linee operative lungo le quali portar avanti il conflitto.
Il
primo ministro britannico, Winston Churchill, era fermamente convinto
dell’utilità di aprire al più presto un “secondo fronte”, in Italia, confidando
nella rapida capitolazione della resistenza italo-tedesca, che avrebbe portato
in breve tempo il fronte sulle Alpi a sud del Reich. La sua idea nasceva dalla
convinzione che Hitler non possedesse più le risorse di uomini e materiali
necessari per ottenere la mobilità strategica su larga scala. Inoltre l’Italia versava
ormai in pessime condizioni, da un punto di vista militare, economico e
politico. La popolazione italiana, sottoposta a continui bombardamenti e al
razionamento dei generi alimentari, era stremata dalla guerra e aveva perso fiducia
in Mussolini. L'esercito aveva subito dure sconfitte in Africa settentrionale e
premeva affinché si uscisse al più presto dal conflitto. Tutto questo rese maturo
un crollo del regime fascista e l'uscita dell'Italia dalla guerra.
Gli
Stati Uniti, di contro, già impegnati duramente sul fronte del Pacifico senza
alcun sostegno alleato, temevano di compromettere le operazioni principali
impegnandosi in operazioni minori. Il Presidente Franklin Delano Roosevelt, nel corso della conferenza di
Casablanca del gennaio 1943, pur mantenendo l'idea di concentrare lo sforzo principale
sull'imminente assalto lungo il versante settentrionale delle coste francesi,
cedette di fronte all’insistenza britannica. In quella sede, pertanto, furono
fissati i due obiettivi fondamentali sulla condotta della guerra con
riferimento al Mediterraneo:
- occupare l’Italia, sbarcando in Sicilia, per
rendere più sicure le linee di comunicazione nel Mediterraneo, alleggerire la
pressione tedesca sul fronte russo e intensificare la pressione sull’Italia
stessa;
- creare una situazione in cui la Turchia si sarebbe dovuta
comportare da alleata attiva.
Il generale americano Eisenhower, nominato comandante in capo alleato,
ricevette chiare istruzioni di liberare dal nemico l’Africa settentrionale e
procedere all’operazione “Husky”, cioè l’occupazione della Sicilia. Su tali
decisioni, incombeva il peso delle perdite inflitte dai sommergibili tedeschi
ai convogli atlantici mentre gli americani nutrivano timori di un possibile
stallo in Europa e che le operazioni sul fronte meridionale si potessero
trasformare solo in un diversivo che avrebbe determinato un ritardo nella
disfatta tedesca. Inoltre le operazioni sul Pacifico richiedevano sempre
maggiori contributi umani da parte degli Stati Uniti e le operazioni militari
in Europa frenavano, tanto da spingere Churchill a promuovere successivi
incontri con il Presidente americano per sollecitare l’inizio delle operazioni
nel fronte Mediterraneo.
Così, nel maggio del
1943, durante la terza conferenza di Washington, furono definiti i piani per la
campagna d'Italia. La conferenza durò quattordici giorni a riprova che le
posizioni non erano per nulla uniformi. Il generale americano King spingeva affinché il Pacifico
fosse considerato il teatro principale delle operazioni, sul quale far
confluire le maggiori risorse. A tale scopo, il Presidente Roosevelt ambiva a
un’uscita dal conflitto dell’Italia senza, per questo, impegnare eserciti
numerosi nel Paese. Churchill, invece, riteneva che bisognasse tenere occupati
gli eserciti dell’Asse sul fronte italiano, sia per arrivare a estromettere
l’Italia dalla guerra, sia per alleggerire il fronte orientale a vantaggio dei
russi e spostare il confronto sui Balcani sfruttando l’appoggio turco[i].
Tuttavia l'iniziale diversità
di vedute riemerse costantemente nel corso delle operazioni militari, tanto da
condizionare negativamente le vicende successive. Nel corso della campagna
d'Italia s’instaurò spesso uno spirito di competizione e di diffidenza più che
di cooperazione tra i contingenti delle diverse nazionalità alleate. Con il
passare dei mesi, la previsione di una facile avanzata nella penisola si
dimostrò un grave errore e negli americani si rinforzò l’impressione di essere
stati trascinati, controvoglia, a combattere in un teatro poco importante e
svantaggioso.
Nel frattempo, Hitler
assisteva alla definitiva caduta delle posizioni in Africa mentre crescevano i
timori che gli Alleati potessero violare i confini meridionali dell’Europa. In
prima analisi riteneva, insieme all’ammiraglio Raeder, che la minaccia potesse
manifestarsi nei Balcani o in Grecia, mentre l’ammiraglio Dönitz
e il feldmaresciallo Kesselring ipotizzavano che l’attacco alleato fosse
pianificato in Spagna. Tuttavia, proprio quest’ultima ipotesi cedette subito
alla reale situazione strategica tenuto conto che la neutralità della Spagna
del generale Franco non permetteva alcuna operazione nella penisola iberica. Le
sorti del conflitto, peraltro, ponevano i tedeschi a focalizzare la loro
attenzione, maggiormente, laddove insistevano i loro interessi vitali, il sud
dell’Europa, da cui gli provenivano le materie prime essenziali per l’economia
bellica. Rifornimenti di grano, legname, petrolio e minerali provenienti da
quell’area rendevano sempre più probabile un attacco alleato nei Balcani o in
Grecia.
Ma, come anticipato, il
“secondo fronte” fu pianificato in Italia e in particolare in Sicilia. I
comandanti dell’Asse potevano sperare di opporsi allo sbarco impiegando solo
truppe di terra, tenuto conto della difficile situazione che, nel frattempo, si
stava delineando sul versante aereo e navale. A metà giugno il feldmaresciallo
Kesselring era il comandante in capo tedesco del teatro di operazioni
meridionale. Egli era convinto che gli alleati avrebbero limitato i loro
obiettivi al raggio effettivo dei caccia con base a terra e che avrebbero
colpito la Sicilia ,
in funzione di una successiva avanzata lungo la penisola italiana per giungere
nei Balcani. Proprio per questo in Sicilia furono schierati forti contingenti
contraerei unitamente a due divisioni.
Lo sbarco alleato in Sicilia si concluse
favorevolmente per gli Alleati, tanto che il 3 settembre 1943 si prepararono
alla conquista del resto dell'Italia. Due divisioni dell'8° Armata britannica
attraversarono la punta sud dell'Italia dove la resistenza tedesca fu minima
mentre il 9 settembre 1943, la 5° Armata composta da 3 divisioni statunitensi e
3 divisioni britanniche, lanciò un attacco anfibio sulla costa occidentale
dell'Italia, nel Golfo di Salerno, 30 miglia a sud di Napoli.
I tedeschi circondarono gli alleati per quasi una
settimana ma gli americani inviarono la forza aerea che insieme ai cannoni di
grosso calibro della marina britannica riuscirono ad allentare la stretta.
Il 1° ottobre 1943, la 5^ Armata marciava vittoriosa
su Napoli, punto strategico molto importante perché dotata di un porto perfetto
per lo sbarco di uomini e merci. Gli alleati prevedevano di arrivare a Roma
entro la fine di dicembre.
Ma i tedeschi mobilitarono tutte le forze in Italia
pronte a contrattaccare ogni tentativo di sfondamento degli alleati. Quando gli
alleati invasero l'Italia, Hitler pensò in un primo momento di spostare tutte
le forze tedesche dal sud al nord dell’Italia. Ma Kesserling lo convinse a
lasciarlo arretrare lentamente. Hitler si era preparato per tempo
all’occupazione dei passi alpini, all’invasione d’Italia. L’Operazione Alarico
si concluse rapidamente: 700.000 militari italiani finirono prigionieri in
Germania, mentre le truppe tedesche presidiavano l’intera penisola e al Sud,
guidate dal feldmaresciallo Albert Kesselring, contrattaccarono duramente gli
americani a Salerno e gli inglesi nelle Puglie. A fatica gli Alleati sarebbero
riusciti solo prima dell’inverno a superare a nord Napoli e Foggia arrivando
fino alla linea Gustav, coincidente con il fiume Garigliano sino a Cassino e
con il fiume Rapido sul versante adriatico.
[i] Churchill, Second World War, vol. IV: “il comandante
in capo alleato nell’Africa settentrionale, avrebbe ricevuto istruzioni urgenti
di studiare quali operazioni, all’indomani di Husky, fossero meglio atte ad
eliminare l’Italia dalla guerra ed impegnare il massimo numero di forze tedesche”.
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