Master di 1° Livello in Storia Militare Contemporanea 1796 -1960

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Il Corpo Italiano di Liberazione ed Ancona. Il tempo delle oche verdi e del lardo rosso. 1944

Il Corpo Italiano di Liberazione ed Ancona. Il tempo delle oche verdi e del lardo rosso. 1944
Società Editrice Nuova Cultura, Roma 2014, 350 pagine euro 25. Per ordini: ordini@nuovacultora.it. Per informazioni:cervinocause@libero.it oppure cliccare sulla foto

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lunedì 26 agosto 2019

Battaglia di San Pietro Infine 7-21 dicembre 1943 4 Le forze in campo


  Le forze tedesche


Nel dicembre del 1943 il lato destro del fronte tedesco sulla Winter Line era tenuto dal XIV Corpo corazzato al comando di von Senger und Etterlin. La Germania schierava sulla “Linea d’inverno” soprattutto divisioni di fanteria e di granatieri corazzati, e solo in un secondo tempo, sulla retrostante “Linea Gustav”, sarebbero state impiegate anche altre specialità come i paracadutisti e le truppe alpine.
Al XIV corpo, il cui comando era stato assunto da von Senger l’8 ottobre 1943, erano aggregate le seguenti grandi unità:
-          94ª divisione di fanteria, con una forza combattente di 7.430 uomini, al comando del generale Pfeiffer. Schierata all’estrema destra partendo dal Tirreno, doveva anche difendere la costa dalla foce del fiume Garigliano fino a Terracina;
-          sul lato sinistro di questa unità era schierata la 15ª divisione granatieri corazzati, che si era già battuto in Sicilia e Salerno, ed era comandato dal generale Eberhard Rodt. Questa divisione aveva all’epoca 6.600 uomini. La 15ª era stata formata nel maggio del 1943 con i rincalzi, i malati  e i feriti evacuati dal fronte tunisino prima della resa finale;
-          al centro dello schieramento tedesco era dispiegata la 3ª divisione granatieri corazzati del generale prussiano Fritz-Hubert Gräser. Era un’unità inaffidabile, che già nella ritirata da Salerno aveva perso molti uomini, arresisi con troppa facilità al nemico. Molti dei militari erano di origine polacca, e avevano il morale a terra sia perché discriminati rispetto ai tedeschi di madrelingua, sia perché temevano, dato l’andamento sfavorevole del conflitto, le conseguenze per le loro famiglie di una sconfitta della Germania;
-          la 305ª divisione di fanteria copriva l’estrema sinistra del XIV corpo corazzato con una forza di combattimento di 6.700 uomini ed era composta di elementi del Baden e del Württemberg, apprezzati sulla base dell’esperienza fatta dalla Prima guerra mondiale. Il comandante, il generale Haug, era considerato da von Senger coscienzioso e molto attento a scegliere i comandanti di reggimento e battaglione tra gli uomini con maggior esperienza di combattimento. Unico punto di debolezza, come per tutte le divisioni di fanteria tedesche, era la scarsa mobilità per i pochi mezzi di locomozione meccanici a disposizione, sostituiti da animali da soma e da tiro, sia per le salmerie sia per il traino delle artiglierie.
Durante la battaglia per la Winter Line, tra la 3ª divisione granatieri corazzati e la 305ª di fanteria, fu inserita la 26ª divisione corazzata, un’unità di livello superiore impiegata sul fronte di Salerno e in azioni di retroguardia in Calabria dopo lo sbarco inglese del 3 settembre 1943. Era strutturata su due reggimenti di granatieri corazzati, il 9° e il 67°, e un reggimento carri, il 26°. Completavano gli organici della grande unità il 93° reggimento artiglieria corazzato, il 26° gruppo esplorante, il 304° gruppo flak (contraerea), un battaglione pionieri, due compagnie di sanità.
Nel corso degli scontri, la 3ª granatieri corazzati fu poi sostituita dall’ottima 29ª granatieri corazzati del generale Walter Fries. Questa, con una forza di combattimento all’epoca di 7.460 uomini, era una delle migliori divisioni tedesche nel teatro mediterraneo e si era battuta con efficacia in Sicilia e a Salerno. La 29ª sarà l’unità più coinvolta da parte tedesca nella battaglia di San Pietro Infine. La divisione era composta da due reggimenti granatieri corazzati, il 15° e il 71°, e uno d’artiglieria, il 29°. I primi due erano composti da tre battaglioni ciascuno, più una compagnia comando e una batteria di pezzi d’accompagnamento da 105mm. Il primo battaglione di ciascun reggimento era composto da tre compagnie di mezzi blindati trasporto truppa e da una compagnia di armi pesanti per l’accompagnamento. Gli altri due erano composti da tre compagnie ciascuno di granatieri corazzati, più una compagnia di armi 

martedì 20 agosto 2019

Battaglia di San Pietro Infine 7-21 dicembre 1943 5 le forze in campo


  Le forze statunitensi



Le forze germaniche, che presidiavano la Winter Line, avevano di fronte la 5^ armata americana del generale Mark W. Clark.  La 5^ armata era formata da tre corpi: il X britannico, comandato dal generale Richard McCreery, uomo di elevate capacità professionali. Da lui dipendevano la 46ª  e la 56ª divisione di fanteria, che erano schierate sulla sinistra dell’armata, dal mare al monte Camino. Alla destra del X corpo, dove la statale n. 6 Casilina descrive un doppio tornante per infilarsi nel varco di Mignano, cominciava la zona di schieramento del II Corpo americano, comandato del generale Geoffrey T. Keyes, che teneva otto chilometri di fronte da monte Camino all’altura di Cannavinelle, passando per monte Lungo, con le divisioni 3ª e 36ª e il primo Raggruppamento Motorizzato italiano.
L’estrema destra era tenuta dal VI corpo del generale John P. Lucas, con le divisioni di fanteria 45ª e 34ª, che avevano competenze su 24 chilometri di fronte montagnoso, fino a Castel S. Vincenzo. La 2ª divisione marocchina, la prima grande unità del corpo di spedizione francese del generale di corpo d’armata Alphonse Juin ad arrivare in Italia, sostituì la 34ª tra il 9 e il 13 dicembre 1943. In riserva d’armata vi era la 1ª divisione corazzata statunitense.
All’epoca, la divisione di fanteria statunitense era organizzata su una struttura ternaria con tre reggimenti, ciascuno di tre battaglioni con tre compagnie di tre plotoni. Ai singoli reparti erano assegnate le armi da accompagnamento, come le mitragliatrici da 12,7 mm e i mortai da 60 mm. Ciascuna divisione era poi dotata di un reggimento di artiglieria, basato su tre battaglioni di artiglieria leggera, con 54 pezzi da 105 mm e un battaglione di artiglieria media con 12 pezzi da 155 mm. Alla divisione erano aggregati uno squadrone da ricognizione e un battaglione di genieri con materiali da ponte e da sbancamento, un battaglione medico, una compagnia di manutenzione, la compagnia trasmissione, la compagnia comando e il plotone di polizia militare, che completavano l’organico con la banda musicale.
La divisione, che comprendeva circa 14.500 effettivi, di cui solo 5.000 circa in prima linea, non aveva in dotazione i mezzi meccanici per i rifornimenti, affidati all’armata da cui dipendeva.
La divisione di fanteria inglese impegnata nella battaglia per la Winter Line, era composta da tre brigate, ognuna su tre battaglioni di fanteria, da un reggimento da ricognizione e da un battaglione mitraglieri. Completavano gli organici di prima linea della grande unità tre reggimenti campali di artiglieria, con 72 pezzi da 88 mm in carico, un reggimento controcarro con 32 pezzi da 57 mm e 16 di calibro inferiore e un reggimento di artiglieria contraerea. La forza totale era composta da 15.000 e 19.000 uomini, con circa 4.330 veicoli addetti alla logistica della divisione.
La 46ª divisione di fanteria, al comando del generale di divisione J. L. I. Hawkesworth, su tre brigate più servizi. Il comandante di corpo McCreery preferiva usarla come unità di seconda linea, a beneficio della 56ª, che considerava di gran lunga migliore.
La 3ª divisione di fanteria statunitense era comandata dal generale Lucian K. Truscott. Oltre che in Sicilia, aveva combattuto a Salerno, ed ebbe il triste privilegio di essere la più tartassata nella battaglia per la Winter Line.
La 36ª  divisione di fanteria statunitense, “T-patch”, comandata  dal generale di divisione Fred Walker, era stata costituita nel 1917 a Camp Bowie, con elementi di Guardia Nazionale dell’Oklahoma e del Texas. Costituita su un organico di tre reggimenti: il 141°, il 142° e il 143°, cui si aggiunsero tra battaglioni di artiglieria da 105 mm e uno da 155, più i reparti logistici e da ricognizione, unitamente a due battaglioni carri e uno di caccia carri. Tenuta come riserva della 5ª armata, sbarcò, il 9 settembre 1943, a Salerno, fu duramente impegnata negli scontri sul litorale di Paestum e intorno ai paesi di Albanella e Altavilla. Nel dicembre 1943 fu impegnata nei duri scontri sulla Winter Line e, in particolare, sul monte Sammucro, a San Pietro Infine, su monte Lungo e su Monte Maggiore.
Alla 36ª divisione di fanteria era aggregato il primo Raggruppamento Motorizzato italiano, al comando del generale Vincenzo Cesare Dapino, formato dal 67° reggimento di fanteria, dal 51° battaglione allievi ufficiali bersaglieri, dall’11° reggimento artiglieria, dal 5° battaglione controcarro.
La 34ª divisione statunitense, al comando del generale di divisione Charles Ryder, era, come la consorella 36ª, un’unità della Guardia Nazionale.
Anche la 45ª divisione, comandata dal generale di divisione Troy Middleton, era formata da reparti della Guardia Nazionale.

mercoledì 14 agosto 2019

Battaglia di San Pietro Infine 7-21 dicembre 1943


I piani operativi


Il II Corpo d’armata USA aveva ricevuto dalla 5^ armata il compito di conquistare Monte Sammucro e, ciò fatto, di difendere le provenienze da Nord allo scopo di consentire l’immissione delle riserve corazzate verso Cassino, che dovevano rompere la linea difensiva principale tedesca. Il II Corpo inquadrava, oltre alla 36ª divisione di fanteria, anche la 3ª divisione di fanteria, la 1ª divisione corazzata e supporti di vario genere.
La pianificazione della battaglia del II Corpo d’Armata per l’otto dicembre prevedeva di assolvere il compito con la 36ª Divisione e di immettere successivamente le unità corazzate. In particolare, esaminando i piani operativi della 36ª Divisione “Texas” sviluppati in preparazione delle azioni condotte nel periodo in esame, si può evidenziare che la Divisione prevedeva le seguenti azioni:
-          il 141° reggimento fanteria avrebbe continuato a occupare Monte Rotondo con il II Battaglione e doveva appoggiare, con le compagnie cannoni ed armi leggere, l’attacco del 143° reggimento, alla sua destra, nella valle fra San Pietro e la Strada Statale n. 6 Casilina. Ad azione finita, doveva passare in riserva;
-          il 142° reggimento fanteria doveva mantenere le posizioni su monte Maggiore e dare il cambio alle forze speciali impegnate su Monte La Difensa. Doveva anche appoggiare con il fuoco l’attacco del primo Raggruppamento nell’area compresa fra Monte Lungo e Monte Maggiore, rastrellare Monte Maggiore ed occupare la linea del torrente Peccia;
-          il primo Raggruppamento doveva, nel settore compreso fra Fosso del Lupo e la strada statale n. 6, attaccare, conquistare e mantenere Monte Lungo, prendere contatto con il 143°, alla sua destra, in corrispondenza della curva della statale e inoltre respingere eventuali contrattacchi provenienti da Nord-Ovest;
-          il 143° fanteria doveva attaccare a Ovest dei pendii meridionali di Monte Sammucro e conquistare San Pietro con un battaglione. Con un altro battaglione doveva attaccare lungo il Ceppagna e occupare Colle Masenardi, ad Ovest della sommità di Monte Sammucro. Doveva inoltre, su ordine, conquistare San Vittore e l’altipiano a Nord e ad Est dell’abitato.
L’attacco doveva iniziare alle 06.15 (ora H) da parte dei due reggimenti statunitensi, mentre il primo Raggruppamento doveva iniziare l’attacco alle H+15.
L’artiglieria divisionale doveva effettuare la preparazione fra la ferrovia e la statale dalle H-30 all’H, spostando il tiro su Colle San Giacomo all’inizio dell’attacco. Il 443° battaglione armi automatiche doveva appoggiare i due reggimenti statunitensi con priorità al 143°, sviluppando inoltre fuoco di massa sulla zona di San Vittore. Il 636° battaglione anticarro doveva appoggiare l'azione del 143° reggimento e, su richiesta, anche del 1° raggruppamento. A Sud-Ovest di Venafro - Presenzano, venivano mantenuti in riserva per l'attacco a San Vittore il 1° battaglione del 141° e il 735° battaglione carri.
A seguito del fallimento dell’8 dicembre, il comandante della 36ª divisione ripianificò l’azione.
Le forze furono sostanzialmente le stesse, con un più 504° gruppo di combattimento paracadutisti. Stessa anche la dislocazione delle unità della 36ª divisione e i settori d’azione a esse assegnati.
Diversa fu però la concezione della manovra, articolata su più azioni scaglionate nel tempo. Una prima azione, il 15 dicembre, prevedeva di occupare San Vittore del Lazio con base di partenza su Cascina Monticello, utilizzando il 143° rinforzato da unità carri che doveva mantenere il contatto, con il 143° dislocato alla sua destra.
La seconda azione doveva aver luogo nella notte fra il 15 e il 16 dicembre, partendo da Monte Maggiore, per occupare con il 142° il colle San Giacomo e le pendici Ovest di Monte Lungo.
La terza azione era affidata al primo Raggruppamento che, a giorno fatto del 16, doveva attaccare le quote di Monte Lungo, occupando q. 343. L’11° artiglieria doveva appoggiare l’attacco del giorno 15 con tiri di neutralizzazione su Monte Lungo. Il piano del generale Dapino prevedeva una sola colonna d’attacco con tre battaglioni in linea e uno in riserva.


      Considerazioni riepilogative
Senza dilungarsi sulle tante cause che, come vedremo, influirono sull’insuccesso tattico dell’azione dell’8 dicembre, si ritiene opportuno sottolineare due aspetti strettamente tecnici-militari.
Il confronto fra le due pianificazioni della 36ª divisione (quella dell’8 e quella del 15-16 dicembre) evidenzia che:
-          la prima azione fu pianificata frettolosamente, con traguardi piuttosto lontani e una non sufficiente conoscenza del terreno e delle capacità operative dell’avversario, che comportò, tra l’altro, l’assegnazione al primo Raggruppamento di un compito al di sopra delle sue possibilità;
-          la seconda azione appare più razionale, con una manovra quasi a tenaglia dei reggimenti statunitensi e uno sforzo sussidiario condotto dal primo Raggruppamento con un braccio molto più corto, al di là delle considerazioni sulla possibile minore resistenza dell’avversario.

giovedì 8 agosto 2019

Battaglia di San Pietro Infine 7-21 dicembre 1943 7 Gli Avvenimenti a

Le operazioni di guerra
Come visto, nel dicembre del 1943 la 5^ Armata di Clark si trovava di fronte alla Winter Line, linea di resistenza tedesca che partiva dalla foce del Garigliano, passava per Mignano e proseguiva per Colli al Volturno e arrivava all’Adriatico. Punto di forza di questa linea era la stretta di Monte Lungo, attraverso la quale passava la strada statale n. 6 Casilina. Il piano di sfondamento era suddiviso in tre fasi: per prima cosa doveva essere forzato il fronte destro tedesco il cui punto di forza era il massiccio del Camino da parte del X corpo armata britannico e da parte del II Corpo d’Armata US, poi seguita dalla conquista e sgombero delle posizioni tedesche da parte del X corpo d’armata e infine lo sfondamento definitivo al centro lungo la Casilina da parte del II Corpo.

 La battaglia di San Pietro Infine: i combattimenti del 8-11 dicembre 1943
Dopo aver preso il massiccio del Camino con la 56a Divisione britannica, il Gen. Clark pensò fosse arrivato il momento di sfondare al centro della Winter Line con un attacco simultaneo su Monte Lungo, su Monte Sammucro e San Pietro. Il Gen. Walker, comandante della 36a Divisione Texas, sarebbe stato il principale responsabile dell’esecuzione del progetto. Il 3 dicembre il I Raggruppamento Motorizzato italiano fu posto alle dirette dipendenze del generale Walker e agli Italiani fu assegnato il compito di prendere Monte Lungo, che si riteneva fosse difeso da poche forze tedesche. In realtà, vi erano ben trincerati i 500 Tedeschi “jäger” (cacciatori, fanteria leggera) della 29° Divisione. Contemporaneamente all’attacco italiano, fu previsto che il 3° Ranger e il 1° battaglione del 143° reggimento della 36a divisione prendessero Monte Sammucro, mentre il 2° e 3° battaglione dello stesso reggimento dovevano attaccare San Pietro Infine da nord-est. Il Sammucro dominava il passaggio della sottostante Casilina ed era costituito da una serie di picchi da quota 1205 a 905, presidiate dai granatieri corazzati del 2° battaglione del 71° reggimento della 29a Divisione tedesca. A sinistra, infine, il 142° reggimento americano aveva il compito di conquistare le posizioni di Monte Maggiore e appoggiare col fuoco l'attacco del I Raggruppamento Motorizzato italiano.

L’attacco fu preceduto da un’intensa attività di pattuglie da parte del 143° reggimento che portarono all’identificazione dei reparti nemici e alla valutazione abbastanza precisa della loro consistenza. La facilità delle incursioni, insieme al convincimento di avere di fronte truppe demotivate, fu una delle principali cause del disastro che si verificò nei giorni successivi. Chi fece l’errore più grossolano fu la sezione d’intelligence del reggimento, che si basò su informazioni datate sugli effettivi dei Tedeschi.
Il 7 dicembre il 1° battaglione del 143° reggimento cominciò la scalata al Sammucro partendo dal paesino di Ceppagna. Era l’avanguardia delle forze d’attacco e aveva per obiettivo il picco più alto della montagna. La fortuna accompagnò gli uomini che, nonostante la scarsa familiarità con il terreno montagnoso, riuscirono ad avvicinarsi senza farsi avvistare alle linee tedesche.
Alle prime ore del mattino dell’8 dicembre una fitta nebbia avvolgeva Monte Lungo; queste condizioni meteo avverse impedivano l'osservazione del tiro di artiglieria per la fase di preparazione e ne pregiudicarono l'efficacia, così come notevolmente ostacolato era il tiro d’appoggio. Contestualmente però la nebbia che avvolgeva Monte Lungo nascondeva alla vista del nemico i movimenti dei reparti di fanteria destinati all'attacco.
Alle ore 5:35 l’artiglieria americana iniziava la preparazione di fuoco. Alle ore 6:20 iniziava l'attacco del I Raggruppamento motorizzato italiano. L'avanzata aveva inizialmente successo ma dopo poche ore di combattimento l’avanzata era arrestata da un potente fuoco nemico che costringeva le compagnie a ripiegare. Inoltre il 142º reggimento americano, che nel frattempo avrebbe già dovuto conquistare Monte Maggiore, non era in posizione e non riuscì, quindi, a coprire col fuoco l'attacco del Raggruppamento italiano. La manovra di sfondamento centrale del raggruppamento italiano fallì. Sulla destra dello schieramento il 143° reggimento conquistò delle posizioni che i Tedeschi provarono a riprendere con un contrattacco a testa bassa.
Nella notte tra il 9 e il 10 dicembre, il 133° battaglione artiglieria campale costrinse i Tedeschi a sgombrare la sella tra le quote 950 e 1205 del Monte Sammucro, con un concentramento di fuoco d’artiglieria insostenibile che permise ai Ranger del 3° battaglione di dirigersi lungo il crinale che conduceva a quota 950 e alle ore 7:50 di raggiungere la cresta, con un movimento aggirante della sella.
Dall’11 al 13 dicembre i Tedeschi fecero tutto il possibile per riprendere il terreno perduto che era prezioso, poiché dall’alto del Sammucro si controllavano il sottostante paese di San Pietro Infine e le retrovie tedesche fino a Cassino. Tra l’11 e il 13 dicembre i Ranger furono rilevati dal 504° reggimento paracadutisti che prese in consegna il terreno tra Monte Corno e la cresta di Monte Sammucro. A beneficiare della cosa, oltre ai Ranger, fu anche il 1° battaglione del 143° che fu alleggerito di parte delle sue responsabilità su quel settore del fronte. Dall’altra parte le posizioni tedesche rimanevano ben solide per la fitta rete di difesa preparata con filo spinato e trappole esplosive. Dal giorno 10 al 14 dicembre, mentre sul Sammucro si rafforzava l’occupazione americana, sul fronte sottostante di San Pietro si procedeva al solo invio di pattuglie per saggiare le posizioni dei granatieri corrazzati.

giovedì 1 agosto 2019

Battaglia di San Pietro Infine 7-21 dicembre 1943 8 Gli Avvenimenti b


      La battaglia di San Pietro Infine: gli avvenimenti del secondo attacco 15-17 dicembre 1943


I presupposti del secondo attacco, resosi necessario dal fallimento del primo, erano tutt’altro che promettenti. Sia il Generale Clark che Keyes ritenevano opportuno approfittare del secondo attacco per impiegare per la prima volta i propri carri armati. La decisione non era condivisa dal Comandante della Texas, che valutava l’impiego dei carri del tutto inopportuno, viste le caratteristiche del terreno di San Pietro Infine.
Il nuovo piano d’attacco prevedeva le seguenti azioni:
-   entro l’alba del 15 dicembre il 1° btg. del 143° rgt. e del 2° btg. del 504° rgt. paracadutisti dovevano lasciare le proprie posizioni sul Monte Sammucro e dirigersi in direzione di San Vittore rispettivamente a quota 730 e quota 687. Aggirando le difese tedesche, quindi, sarebbero state conquistate due posizioni chiave per il controllo della via di rifornimento tedesco tra San Vittore e San Pietro Infine;
-   il 2° e 3° btg. del 143° rgt. dovevano attaccare San Pietro dalle pendici del Monte Sammucro, supportato dal 753° btg. carri. In modo coordinato il 2° btg. del 141° rgt. avrebbe invece attaccato il Paese da sud e sud est attraverso la cosiddetta “Death Valley”, ovvero la vallata tra San Pietro Infine e Monte Rotondo.
La prima azione, pur partendo come previsto, incontrò una strenua ed efficace resistenza da parte dei Tedeschi, vista l’importanza decisiva che questi davano al controllo della strada che avrebbe loro garantito una via di fuga verso Nord. Le truppe statunitensi registrarono numerose perdite e nonostante le Forze iniziali fossero state rimpiazzate da reparti freschi, la situazione sul Monte Sammucro giunse ben presto a una condizione di completo stallo.
Sul versante di San Pietro la situazione non era certo migliore. Un’approfondita ricognizione del campo di battaglia compiuta dagli aerei da ricognizione confermò le pessimistiche previsioni del Generale Walker riguardo alla fattibilità dell’impiego degli Sheridan su un terreno così poco adatto ai mezzi corazzati. Il Comandante del 753° btg. carri fu quindi costretto a impiegare una stretta mulattiera che s’inerpicava a Nord, poiché questa era l’unica linea di comunicazione relativamente sicura da sabotaggi nemici e percorribile dai mezzi corazzati. Questa prima scelta si rivelò ben presto errata. Infatti, nonostante i genieri dell’111° btg. avessero lavorato tutta la notte dell’11 dicembre per rendere agibile il sentiero, alla prova dei fatti, quando il primo carro percorse il tracciato, questo sprofondò nel terreno reso morbido dalla pioggia.
Al Generale Walker non restò quindi altra scelta che utilizzare la strada che collegava Ceppagna a San Pietro. Questa opzione era stata in precedenza scartata perché presentava notevoli fattori di vulnerabilità quali una serie di curve a gomito e ponti e ponticelli che potevano essere facilmente e irrimediabilmente sabotati. Per prevenire questa evenienza furono richiesti in appoggio due carri gettaponte Valentine del X Corpo inglese.
Le ostilità ebbero inizio alle 12:00 sul lato destro del fronte, con il 753° btg. carri che manovrò in avvicinamento all’obiettivo con i due battaglioni di fanteria che lo affiancavano. I sedici carri che formavano il btg. furono costretti a procedere in fila indiana vista l’ampiezza ridotta del sentiero e divennero facile bersaglio delle granate controcarro, delle mine e degli ostacoli del terreno. L’impiego dei corazzati si rivelò un completo fallimento. All’imbrunire del primo giorno, quando fu ordinato ai carri di ritirarsi, sui sedici iniziali solo quattro di loro e tredici membri dell’equipaggio fecero ritorno.
Sul versante sud-est l’attacco iniziò alle 12:53 da parte del 2° btg. del 141° rgt., partendo dalle propaggini est di Monte Rotondo. Su questo versante la resistenza tedesca fu durissima. I Tedeschi falciarono gli attacchi sia dai terrazzamenti prospicienti il paese che dalle falde di Monte Lungo con mortai, artiglieria e armi leggere. Le perdite americane divennero sempre più consistenti ed anche su questo versante l’attacco si arenò. A questo punto il battaglione si riorganizzò e nel pomeriggio riprovò l’attacco dal lato sud del paese, supportato dall’intenso fuoco dell’artiglieria. Anche in questo caso la difesa tedesca, compiuta attraverso i soliti colpi di mortaio, bombe a mano, granate e una fitta rete di difese passive caratterizzate da filo spinato e trabocchetti esplosivi, fu estremamente efficace e costrinse Maj. Milton Landry, Comandante del 2° btg., a decidere di sferrare un terzo attacco nella notte, considerato che tentare di scalare i terrazzamenti di giorno era stato impossibile nei precedenti due attacchi.
Il terzo attacco iniziò all’una di notte del 16 dicembre ed ebbe anche questa volta un esito analogo ai precedenti. Le truppe statunitensi, arrivate a poche centinaia di metri dal paese, non riuscirono ad avanzare oltre, sottoposte al fuoco incrociato di armi leggere e dai colpi dei mortai, mentre le retrovie furono bersaglio dell’artiglieria pesante. Al sorgere del sole era chiaro che continuando così il battaglione sarebbe stato annientato per cui alle ore 9:40 di mattina fu ordinato di ripiegamento che terminò dopo sei lunghe ore e in modo tanto disordinato che numerosi feriti furono lasciati sul terreno in balia dei Tedeschi.
La battaglia di San Pietro Infine non fu risolta da un attacco decisivo bensì dalla faticosa conquista, da parte del 142° rgt. americano e del primo Raggruppamento motorizzato italiano di Monte Lungo, nello stesso 16 dicembre. La conquista di Monte Lungo, infatti, preceduta da quella di Monte Sammucro, avrebbe permesso alle truppe del Texas di aggirare i Tedeschi per cui questi ultimi, pur avendo difeso con successo la propria posizione a San Pietro, furono costretti alla ritirata. Prima di dirigere verso San Vittore sferrarono un ultimo sanguinoso contrattacco per coprirsi la successiva ritirata. Gli uomini del 3° btg. del 143° rgt. che agiva sul fianco ovest di San Pietro furono i bersagli di quest’ ultima azione nemica che, sferrata alle 19:00 del 16 dicembre, decimò le truppe americane. Subito dopo questo duro scontro i Tedeschi si ritirarono da San Pietro Infine; all’una di notte del 17 dicembre i soldati del 141° e del 143° reggimento fecero finalmente il loro ingresso in paese; la battaglia per San Pietro Infine era finita.
(2)    Le operazioni navali
Gli scontri a Monte Lungo non furono accompagnati da un’azione condotta da forze navali. In ogni caso, nell’ambito dell’attività di pianificazione, fu supposta un'operazione anfibia diversiva a Gaeta allo scopo di ingannare il nemico sulle intenzioni degli alleati.
(3)    Le operazioni aeree
Il maggiore ostacolo all’impiego delle forze aeree fu costituito dalle condizioni meteorologiche che non consentirono, durante il mese di novembre, di effettuare le missioni di volo nel numero pianificato.
Gli obiettivi prioritari, nell’area di operazione, erano costituiti dalle posizioni ove erano concentrate le forze nemiche con relativi sistemi d’arma e installazioni e contro cui le forze aeree avrebbero potuto intervenire con l’appoggio diretto. Alternativamente l’azione aerea poteva trasformarsi in appoggio indiretto con cui si concentrava lo sforzo sulle linee di comunicazione nemiche (strade, ponti e ferrovie), sui depositi e sulle basi logistiche in un'area che partiva dalla linea di contatto fino al nord di Roma concentrandosi, in particolar modo, sulla valle del fiume Liri.
Nel mese di dicembre le condizioni meteorologiche, seppure migliorate, non permisero di realizzare le missioni di appoggio diretto. Dunque, l'aviazione alleata si concentrò sull'appoggio indiretto colpendo obiettivi schierati su un’area vasta che partiva dalla valle del Liri senza però mai intervenire direttamente a supporto dell’azione condotta dalle forze di terra.