Master di 1° Livello in Storia Militare Contemporanea 1796 -1960

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Il Corpo Italiano di Liberazione ed Ancona. Il tempo delle oche verdi e del lardo rosso. 1944

Il Corpo Italiano di Liberazione ed Ancona. Il tempo delle oche verdi e del lardo rosso. 1944
Società Editrice Nuova Cultura, Roma 2014, 350 pagine euro 25. Per ordini: ordini@nuovacultora.it. Per informazioni:cervinocause@libero.it oppure cliccare sulla foto

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venerdì 26 luglio 2019

Battaglia di San Pietro Infine 7-21 dicembre 1943 9 Gli Avvenimenti c.

         Considerazioni riepilogative
La prima azione per forzare la Winter Line si rilevò, di fatto, un fallimento, ma il Comandante della 36^ Divisione ripianificò l’azione fondamentalmente con le stesse modalità: le forze furono sostanzialmente le stesse, con in più il 504° gruppo di combattimento di paracadutisti, la dislocazione delle unità e i settori d’azione assegnati molto simili alla prima azione contro le stesse forze nemiche. Diversa fu solo la concezione della manovra articolata su più azioni scaglionate nel tempo. Inoltre il progetto di attaccare il paese con i carri si rilevò immediatamente fallimentare e mostrò due evidenti errori di calcolo: innanzitutto appoggiare il combattimento della fanteria all’interno di un paesino alle pendici di un monte con strade strette, in genere gradinate e ostruite dalle macerie, se era difficile per i soldati a piedi, per i mezzi blindati e corazzati era addirittura impossibile. Circondare il paese con i carri era impraticabile, poiché a nord c’era il Vallone Ovest che non era in nessun modo carrabile.
L’impiego dei mezzi blindati e corazzati era frutto di una concezione degli Alleati risalente la Prima guerra mondiale di appoggiare la fanteria con i mezzi corazzati a prescindere dalla condizione del terreno. Concezione questa che si rivelò nella battaglia di San Pietro e in altre battaglie un rovinoso errore.  Da parte loro, i tedeschi dimostrarono un’abilità magistrale nello sfruttare le macerie dell’abitato come mezzo difensivo.
              Un altro fattore che gli alleati non seppero ben analizzare al fine della valutazione del morale del nemico, era il                  diverso trattamento che gli eserciti contrapposti riservavano ai loro militari 
colpiti da stress da combattimento. Considerata la situazione ambientale, climatica e la tipologia di scontri che si verificavano sul fronte italiano, le perdite per tale sindrome erano molto alte.



domenica 21 luglio 2019

Battaglia di San Pietro Infine 7-21 dicembre 1943 10 Considerazioni finali



  
a.        Considerazioni finali riferite all’epoca del conflitto
Le operazioni sulla Winter Line, condotte dal 15 novembre 1943 al 15 gennaio 1944, terminarono con la conquista da parte degli alleati delle posizioni su entrambi i lati degli Appennini. L’8^ Armata britannica a est aveva attraversato i fiumi Sangro e Moro avanzando lungo la costa adriatica. Sul versante tirrenico la 5^ Armata di Clark respinse i tedeschi fino alla linea Gustav raggiungendo la valle del Liri e ponendo pertanto le premesse per aprire agli alleati la strada per Roma da sud est. Per entrambi la possibilità di successo fu contrastata dall’inaspettata e abile difesa tedesca che non si disintegrò mai sotto l’attacco, dando l’opportunità agli alleati di sferrare un colpo decisivo per aprire la strada lungo la Valle del Liri o una manovra dal fianco nord est attraverso Ortona e quindi Roma.
Il successo della 5^ Armata non è evidente se misurato in terreno effettivamente conquistato, considerato il tempo impiegato di quasi due mesi per conseguire l’end state desiderato, la conquista di S. Pietro Infine. Tuttavia va tenuto presente che i tedeschi difesero con le forze principali il più forte sistema di fortificazioni finora incontrato nel corso della campagna, mantenendo il vantaggio della scelta del campo. La stagione invernale, il terreno difensivo ideale e la determinazione dei tedeschi resero l’avanzata degli alleati un’operazione lenta e costosa, raggiunta attraverso successi parziali, non sfruttati appieno per un’azione decisiva e ottenuti a caro prezzo. Le perdite della 5^ Armata ammontarono a circa 16.000 uomini[i]. D’altra parte anche le forze tedesche subirono un logoramento al punto di non essere in grado di lanciare una controffensiva decisiva. Gli effetti della guerra di attrito si ripercossero sugli intendimenti dei belligeranti nel corso del 1944. Ogni singolo successo degli alleati e la crescente pressione sul fronte difensivo rese impossibile per il Comando Tedesco ritirare le ventidue divisioni di Kesselring per contrastare gli alleati sul continente europeo.
Dalla ricostruzione degli eventi, in particolare, emergono almeno due fattori chiave che ebbero peso nella pianificazione e condotta delle operazioni offensive terrestri da parte 36^ Divisione del II Corpo d’Armata: le condizioni del terreno e l’abilità dei tedeschi a sfruttarlo a proprio favore in combattimenti d’arresto di fanteria, dove ebbero un ruolo importante, oltre all’organizzazione difensiva, lo spirito combattivo e il morale saldo. Tali fattori decisivi saranno di seguito analizzati per trarre poi alcune considerazioni sull’attacco alla stretta di Mignano e sulle conseguenze che ebbe sul successivo sviluppo della Campagna d’Italia.
(1)   Il terreno difensivo
In corrispondenza della stretta di Mignano, il terreno si era rivelato estremamente sfavorevole per gli attaccanti. La Casilina percorreva una valle larga poco più di un chilometro tra le quote dominanti dei monti circostanti, con numerose pendici e alture e con l’abitato di S. Pietro Infine posto a nord in posizione dominante. Le strade, molto strette, erano minate e circondate da terrazzamenti coltivati o coperti da cespugli. Le operazioni fuori strada erano ostacolate da torrenti, valloncelli e altre irregolarità e dal fondo reso cedevole dalla pioggia. La scarsità di comunicazioni stradali e ferroviarie aveva consentito al Genio tedesco di procedere a demolizioni concentrate con economia di sforzi e imponendo, con l’impiego delle mine, notevoli ritardi all’avanzata degli alleati.
Tali condizioni limitarono la capacità di dispiegamento e di movimento delle forze alleate che, pur disponendo di maggiore meccanizzazione e di mezzi corazzati in numero superiore, dovettero portare quasi tutto il peso dei combattimenti sulla fanteria. Per avere successo e conquistare terreno, ogni montagna doveva essere presa separatamente e ogni valle rastrellata da ostinati attacchi di fanteria, per poi trovarsi di fronte una  nuova serie di ostacoli In particolare, l’utilizzo di carri per la presa di S. Pietro Infine, secondo la concezione alleata di appoggiare i combattimenti di fanteria, fu disastroso per la conformazione dell’abitato arrampicato sulle pendici del Sammucro con strette vie di accesso e strade interne difficilmente percorribili ai soldati per le macerie provocate dagli stessi attaccanti con i bombardamenti. Anche l’accerchiamento del paese con mezzi corazzati fu impossibile per la conformazione delle pendici circostanti.
Le condizioni del terreno sfavorevoli agli attaccanti erano state peggiorate dalle condizioni atmosferiche. La pioggia caduta ininterrottamente aveva reso impraticabili i sentieri utilizzati per i rifornimenti sulle pendici dei rilievi. Per percorrere i pochi chilometri che separavano le alture occorreva spesso un’intera giornata. Il lancio di rifornimenti dall’aria non ebbe successo sia per la scarsa visibilità sia per la difficoltà di ritrovare i materiali sul terreno accidentato e vicino alle posizioni nemiche. Le condizioni meteorologiche sfavorevoli non permisero tra l’altro di sfruttare l’appoggio diretto delle operazioni aeree.
(2)   La superiorità difensiva dei tedeschi
Le forze alleate attaccarono il nemico su un fronte ampio con una superiorità di tre a uno nelle forze di fanteria, per conseguire lo sfondamento e continuare la pressione sul fronte, senza poter sfruttare la superiorità di aerei, mezzi corazzati, e di artiglieria di cui disponevano. I tedeschi, viceversa, sfruttarono al massimo e con abilità le caratteristiche fisiche lungo la linea di resistenza con una campagna puramente terrestre fatta da azioni ritardatrici e ritirate parziali, sfruttando le barriere naturali montuose e fluviali e fortificando i punti critici non protetti. Le perdite conseguenti ad attacchi frontali contro le zone fortificate e le posizioni sulle montagne circostanti indussero a cercare linee di attacco meno evidenti. Emerse l’importanza di disporre in questi teatri di operazioni di unità da montagna addestrate ed equipaggiate appoggiate da truppe e da colonne di rifornimento. Già durante l’autunno del 1943 gli alleati decisero di costituire reggimenti di artiglieria da montagna, che però raggiunsero il teatro di operazioni nel luglio del 1943 per essere impiegati sugli Appennini. La battaglia combattuta essenzialmente dalla fanteria fu decisa da innumerevoli scontri combattuti su uno dei terreni europei più difficili che favoriva pesantemente i difensori. Solo la conquista del Monte Lungo e del Monte Sammucro costrinse i tedeschi a ritirarsi da S. Pietro Infine per prevenire l’aggiramento e lo sbarramento della strada di collegamento con S. Vittore, nonostante la posizione fosse stata difesa con successo e gli attaccanti respinti in combattimenti al limite delle risorse fisiche e morali. La 36^ Divisione prese S. Pietro Infine, ma per lo sforzo sostenuto oltre le aspettative fu ritirata dal fronte per un periodo di riposo.    
(3)   I riflessi sulla Campagna d’Italia
Gli errori sul campo, poi ripetuti nelle successive azioni nel gennaio 1944 con il tentativo della stessa 36^ Divisione di attraversare il Fiume Rapido sotto Montecassino per aprire la strada nella Valle del Liri e nei tre assalti a Monte Cassino, così come il quasi fallito sbarco ad Anzio, suggerirebbero una scarsa abilità da parte dei comandanti alleati, anche se a loro discolpa vanno considerati i fattori limitanti di tipo politico, logistico, e geografico presenti nella campagna d’Italia. In generale, le battaglie per la Winter Line evidenziano come la Campagna d’Italia, concepita dagli alleati come uno sforzo sussidiario fatto di “offensive minori” di “successo sicuro” in previsione dell’avvio delle operazioni sul continente europeo di primaria importanza nella strategia alleata (Overlord in Normandia e Anvil nel sud della Francia) era destinata a diventare per i belligeranti una costante fonte di usura di uomini, mezzi e materiali. Dal punto di vista del Comando tedesco, l’obiettivo di ritardare il più possibile l’avanzata degli anglo-americani impegnando con il  minore numero di reparti una grande quantità di truppe nemiche, nell’ambito di un progetto generale di difesa del territorio del Reich, ebbe sostanziale successo. Il Generale Kesselring aveva insistito sulla possibilità di tenere una linea di difesa a sud di Roma per un lungo tempo, e i fatti sembrano avergli dato ragione. Dopo avere bloccato gli attacchi della 5^ Armata nel mese di novembre, egli poté difendere la Winter Line fino a gennaio, oltre ogni previsione, non concedendo agli alleati di sferrare un colpo decisivo che ne determinasse il crollo. Anche dopo l’apertura della strada verso Roma e la sua liberazione, la guerra di attrito della Campagna d’Italia continuò per molti mesi in condizioni analoghe.


[i] www.history.army.mil/books/wwii/winterline/winter-fm.htm “Fifth Army battle losses from 15 November to 15 January were 15,930 men. Over half this number—8,844—came from American divisions and represented a casualty rate of ten percent. Non-battle casualties were much higher, numbering nearly fifty thousand for all the American elements of Fifth Army”.





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(info:centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org)

domenica 14 luglio 2019

Battaglia di San Pietro Infine 7-21 dicembre 1943 11



La Campagna d’Italia: l’attacco del II Corpo USA alla stretta di Mignano. La 36^ Divisione “Texas”: la Battaglia per la conquista di San Pietro Infine 7-21 dicembre 1943
ABSTRACT

Nell’autunno del 1943, gli alleati disponevano in Italia di due armate, la 5^ americana sotto il comando del Gen. Mark W. Cark e l'8^ britannica sotto il comando del Gen. Montgomery, che fronteggiavano la 10^ Armata tedesca.
Alla fine di ottobre la situazione poteva essere riassunta nel modo seguente: undici divisioni alleate stavano attaccando nove divisioni tedesche in un paese che offriva ai difensori ogni vantaggio, anche alla luce dell’approssimarsi della stagione invernale che avrebbe reso ancor più difficili le operazioni aeree alleate. Inoltre, il nemico aveva ben otto divisioni presenti nella parte settentrionale dell’Italia, pronte a sostituire le stanche divisioni impegnate nella parte meridionale. I comandanti alleati stimavano che il loro compito principale fosse quello di distogliere le divisioni tedesche dal fronte russo e dal settore dell’Europa Occidentale. Gli attacchi degli alleati dovevano dipendere dalla fanteria, dall’artiglieria e dal genio, ma c’era assoluto bisogno di una schiacciante superiorità per annullare i vantaggi difensivi dei tedeschi. Le valutazioni più ottimistiche non assegnavano la parità in campo prima della fine di gennaio ma, nonostante ciò, i comandanti alleati elaborarono una serie di piani offensivi intesi a conquistare Roma per Natale.
Al II Corpo d’Armata statunitense era stato assegnato il compito di lanciare l’offensiva terrestre con lo scopo di sfondare la linea difensiva tedesca posta in posizione avanzata, la “Winter Line”, linea “Bernhard” per i tedeschi. L’area di operazioni seguiva la direttrice di attacco lungo strada n. 6 Casilina che percorreva la stretta di Mignano. Gli avvenimenti bellici portarono alla conquista dell’abitato di S. Pietro Infine, da parte della 36^ Divisione “Texas” comandata dal Generale Fred L. Walker, il 17 dicembre 1943. La conseguente ritirata dei tedeschi verso la linea difensiva Gustav pose le premesse per il raggiungimento della Valle del Liri e quindi per l’apertura della strada per Roma da sud est.
Nelle operazioni offensive terrestri da parte della 36^ Divisione ebbero un ruolo decisivo le condizioni del territorio e l’abilità dei tedeschi a sfruttarle a proprio favore in combattimenti d’arresto di fanteria, supportati da un forte spirito combattivo e dal morale saldo. In corrispondenza della stretta di Mignano, la Casilina percorreva una valle larga poco più di un chilometro tra le quote dominanti dei monti circostanti, con numerose pendici e alture difese dai tedeschi e con l’abitato di S. Pietro Infine posto a nord in posizione dominante. L’utilizzo di carri a sostegno dei combattimenti di fanteria si rivelò impraticabile per la conformazione dell’abitato. Nonostante la superiorità degli alleati in mezzi meccanizzati e corazzati, quasi tutto il peso dei combattimenti fu sopportato dalla fanteria, impegnata in ripetuti e costosi assalti frontali su un terreno che favoriva pesantemente i difensori. Gli insuccessi iniziali indussero i comandanti alleati a cercare linee di attacco meno evidenti. Con la conquista del Monte Lungo e del Monte Sammucro, i tedeschi dovettero ritirarsi per prevenire l’aggiramento, pur avendo difeso S. Pietro Infine con successo, fino a quel momento, impegnando in combattimento gli attaccanti al limite delle loro risorse fisiche e morali. Il Maresciallo Kesselring, comandante in capo della Wermacht sul fronte meridionale, aveva tenacemente insistito sulla possibilità di tenere una linea di difesa a sud di Roma. Dopo avere bloccato gli attacchi della 5^ Armata nel mese di novembre, con la difesa di S. Pietro Infine i tedeschi riuscirono a fermare l’avanzata sulla Winter Line fino a metà gennaio ‘44, oltre ogni previsione, senza concedere agli alleati di sferrare un colpo decisivo che ne determinasse il crollo.
La battaglia di San Pietro Infine costò molto cara: circa centotrenta dei suoi abitanti persero la vita durante i combattimenti, mentre il calcolo delle perdite subite dalla 36^ Divisione “Texas” ammontò a circa mille uomini tra morti, feriti e dispersi. Impossibile ancora oggi stabilire una stima precisa delle perdite tedesche.

(info:centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org)