Considerazioni riepilogative
La prima azione per
forzare la Winter Line
si rilevò, di fatto, un fallimento, ma il Comandante della 36^
Divisione ripianificò l’azione fondamentalmente con le stesse modalità: le
forze furono sostanzialmente le stesse, con in più il 504° gruppo di
combattimento di paracadutisti, la dislocazione delle unità e i settori
d’azione assegnati molto simili alla prima azione contro le stesse forze
nemiche. Diversa fu solo la concezione della manovra articolata su più azioni
scaglionate nel tempo. Inoltre il progetto di attaccare il paese con i carri si rilevò
immediatamente fallimentare e mostrò due evidenti errori di calcolo:
innanzitutto appoggiare il combattimento della fanteria all’interno di un
paesino alle pendici di un monte con strade strette, in genere gradinate e ostruite
dalle macerie, se era difficile per i soldati a piedi, per i mezzi blindati e
corazzati era addirittura impossibile. Circondare il paese con i carri era
impraticabile, poiché a nord c’era il Vallone Ovest che non era in nessun modo
carrabile.
L’impiego
dei mezzi blindati e corazzati era frutto di una concezione degli Alleati
risalente la Prima
guerra mondiale di appoggiare la fanteria con i mezzi corazzati a prescindere dalla
condizione del terreno. Concezione questa che si rivelò nella battaglia di San
Pietro e in altre battaglie un rovinoso errore. Da parte
loro, i tedeschi dimostrarono un’abilità magistrale nello sfruttare le macerie dell’abitato
come mezzo difensivo.
Un altro fattore che gli alleati non seppero ben analizzare al fine
della valutazione del morale del nemico, era il diverso trattamento che gli
eserciti contrapposti riservavano ai loro militari
colpiti da stress da
combattimento. Considerata la situazione ambientale, climatica e la tipologia
di scontri che si verificavano sul fronte italiano, le perdite per tale
sindrome erano molto alte.
Nessun commento:
Posta un commento