Master di 1° Livello in Storia Militare Contemporanea 1796 -1960

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Il Corpo Italiano di Liberazione ed Ancona. Il tempo delle oche verdi e del lardo rosso. 1944

Il Corpo Italiano di Liberazione ed Ancona. Il tempo delle oche verdi e del lardo rosso. 1944
Società Editrice Nuova Cultura, Roma 2014, 350 pagine euro 25. Per ordini: ordini@nuovacultora.it. Per informazioni:cervinocause@libero.it oppure cliccare sulla foto

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mercoledì 6 gennaio 2010

Una ricerca in corso
Il caso della Torpedinieria Rosolino Pilo
(chiunque avesse uleriori notizie o documenti in merito può contattare la Redazione della Rivista "Il Secondo Risorgimento d'Italia, e mail risorgimento23libero.it)
Egregio Dott. Coltrinari ,

faccio seguito alla mia telefonata del 7 ottobre scorso e la ringrazio peraver prestato attenzione alle mie richieste di chiarimento circa alcune vicende accadute il 25 settembre 1943 sulla torpediniera Rosolino Pilo.
Ho letto con molto interesse e passione la sua relazione “Albania: il caso della Perugia e della Brennero”, inserito in Annali del Dipartimento di Storia 2/06 – Università Tor Vergata di Roma.
Devo rilevare con piacere che nel paragrafo 2.5, “La reazione tedesca e l’imbarco per l’Italia”, sono narrate con una certa dovizia di particolari le vicende accadute ad alcuni reparti della Brennero nei giorni 25 e 26 settembre 1943, nonché alcuni episodi avvenuti a bordo della nave Rosolino Pilo.
Le comunico che il sottoscritto, unitamente all’amico Leoni, si è da diversi anni prodigato per raccogliere documenti e testimonianze circa la nota impresa, che oppose eroicamente il 25 settembre 1943 l’equipaggio del R. Pilo al picchetto di scorta tedesco che presidiava la nave. Questo gesto è ricordato anche da lei nel paragrafo 2.5 unitamente ad una breve sintesi della lotta tra i nostri marinai e i soldati tedeschi anch’essi imbarcati.
La informo inoltre che mio padre Francesco e lo zio di Leoni furono entrambi arruolati nella regia marina e imbarcati sulla torpediniera Pilo. Lo stesso signor Leoni ha avuto modo di partecipare a numerosi raduni (4: Casalmaggiore, Bari, Cremona, Chiavari) dei reduci della regia torpediniera e raccogliere direttamente ricordi e testimonianze di quei tragici giorni del 1943.
Il desiderio di far conoscere e di tramandare l’impresa dall’equipaggio del Rosolino Pilo contro la scorta armata tedesca, hanno sicuramente animato, unitamente alle volontà di alcuni reduci, gli sforzi miei e del signor Leoni a questa ricerca che dura oramai da circa otto anni. Tra l’altro, il sottoscritto e il capitano Leoni siamo entrambi ufficiali di complemento in congedo e facciamo parte rispettivamente delle sezioni U.N.U.C.I di Agrigento e di Cremona.
Desidero raccontarle di seguito e in sintesi quanto emerge dalla documentazione e soprattutto dalle testimonianze in mio possesso circa i giorni 25 e 26 settembre 1943, in modo da contribuire a chiarire quanto da lei scritto nel paragrafo 2.5 sul Cap. Pagan della III batteria del 558° gruppo semovente della divisione Brennero.
Per brevità ometto la cronistoria dell’odissea della torpediniera, che ha inizio subito dopo le 18.30 dell’otto settembre 1943, ora alla quale il vice comandante del Pilo apprende “segretamente” dal capo R.T. di bordo della notizia dell’Armistizio, già diramata a più riprese da Radio Londra. Le peripezie dell’equipaggio di quei giorni sono oramai note quasi con cadenza oraria fino al 10 settembre 1943, giorno del furibondo conflitto a fuoco che l’equipaggio del Pilo, unitamente a quello della torpediniera Missori e del P.fo Marco, mosse nel porto di Durazzo contro le postazioni armate tedesche.
Riguardo a questi eventi, le testimonianze dei reduci, le memorie di Faggioni (MAVM) e il diario autografo dall’allora S. Ten. di Vascello Giovanni Buizza (MBVM), vice comandante della torpediniera, confermano e completano sostanzialmente la ricostruzione fatta dall’Ufficio Storico della M.M. in alcune sue note pubblicazioni su quanto avvenuto in quei giorni nella base di Durazzo. L’evolversi di questi episodi, con particolare riferimento alla Div. Brennero, sono da lei minuziosamente ampliati nel paragrafo 2.1 della relazione sopra citata con nuovi altri contributi di ricerca storica, anche riguardo al mancato intervento nel porto di Durazzo della nostra artiglieria in supporto al già ricordato conflitto a fuoco della mattina del 10 settembre.
Per brevità trascuro vari episodi accaduti nei giorni successivi al 10 settembre 1943, tra i quali il saccheggio del Pilo da parte delle truppe tedesche e l’insensato tentativo di fuga in barca a remi organizzato da alcuni marinai della torpediniera. Riguardo a quest’ultimo episodio, secondo la testimonianza di uno dei reduci che partecipò alla fuga, è sostenuta l’ipotesi che i fuggiaschi furono salvati dalla rappresaglia tedesca da una formazione di “ribelli” albanesi e da alcuni militari italiani, che avevano già con loro fraternizzato.
L’imbarco della Brennero inizia, secondo la testimonianza del reduce Nicola Trovatello, nella tarda mattinata (alle 15.00 secondo il comandante del R. Pilo) del 25 settembre e prosegue per tutto il pomeriggio dello stesso giorno.
I piroscafi utilizzati furono, secondo Faggioni, l’Italia e l’Argentina, nonché l’incrociatore ausiliario Arborea che doveva ricoprire anche il ruolo di unità di scorta. Il convoglio, costituito da cinque navi, parte in direzione di Trieste intorno alle 19.00 del 25 con l’Arborea in testa e con ai lati la torpediniera Missori (verso la costa) e la torpediniera Pilo (verso il mare aperto). Secondo il nocchiere del Pilo Michele Russo il convoglio era invece formato da sette navi, tra le quali sicuramente cinque piroscafi, oltre alle due torpediniere. Quanto sostiene l’anziano reduce sul numero dei piroscafi non si può escludere e potrebbe corrispondere a verità. Infatti, nel porto di Durazzo si trovavano anche il Brumer e il Marco, che potevano essere entrambi utilizzati dai tedeschi. Quest’ultima ipotesi confermerebbe quanto lei scrive nella sua relazione, anche se l’Ufficio Storico della Marina nella sua ricostruzione sostiene che il convoglio era formato da otto navi.
L’animata discussione (lei scrive di richiesta di delucidazioni) tra i due ufficiali della Brennero e il generale della stessa divisione è raccontata molto dettagliatamente nelle memorie del comandante Faggioni. Questo episodio è parte integrante del paragrafo relativo ai preparativi della partenza del Pilo per Trieste, inserito nella relazione scritta nel 1973 dallo stesso comandante della torpediniera. Pare sia stato lo stesso Faggioni a sedare quella lite e ad accogliere sulla sua nave alcuni di questi militari dell’esercito, che stavano per essere dimenticati dal loro generale “in terra straniera”. Questi soldati, provenienti da due battere lontane da Durazzo, erano giunti a piedi al porto, dopo aver percorso numerosi chilometri. La lite o la richiesta di delucidazioni tra il generale e i due ufficiali, purtroppo, non è ricordata da nessuno dei testimoni oculari da me contattati, ma è sicuramente accaduta.
Gli ufficiali comandanti queste due batterie si divisero e s’imbarcarono con i loro uomini sulle torpediniere Pilo e Missori, che erano navi gemelle ed affiancate all’ancoraggio al molo. Riguardo a questi eventi, posso azzardare l’ipotesi che il capitano Pagan fu imbarcato sul Missori. Il tenente Fera della divisione Brennero, che lei indica nello stesso paragrafo 2.5, fu invece verosimilmente sistemato a bordo del Pilo.
Furono di certo imbarcati sul Pilo tra i 20 e i 35 uomini (su questo numero le testimonianze sono discordanti) di una delle due batterie unitamente al sottotenente che li comandava. Verosimilmente, questo sottotenente dell’esercito, trattasi del tenente Fera da lei citato sempre nel paragrafo 2.5. Il tenente Fera (o qualche suo parente), secondo i ricordi del signor Leoni, partecipò presumibilmente al raduno dei reduci della torpediniera Rosolino Pilo, celebrato a Bari il 29 settembre del 1985.
Apprendo con sorpresa dai fatti da lei narrati relativi alla torpediniera Pilo dei suggerimenti dati dal capitano Pagan al comandante Faggioni riguardo al colpo di mano contro le sentinelle tedesche, che potevano essere facilmente sopraffatte in quanto in numero molto esiguo.
Il sopra citato capitano della Brennero, secondo quanto mi è dato conoscere, non risulta essere stato presente a bordo del Pilo. Questo emerge anche dai racconti dei testimoni oculari, dalle memorie di Faggioni (che avrebbe riconosciuto sicuramente un capitano) e dai contatti telefonici avuti di recente con gli ultimi reduci oggi viventi, che escludono sicuramente per quel giorno la presenza di un capitano dell’esercito a bordo della torpediniera. Non posso però tralasciare di riferirle che, secondo la testimonianza dell’allora sotto capo silurista Antonio Mallozzi (CGVM), alcuni militari dell’esercito imbarcati sul Pilo indossavano un abbigliamento accomodaticcio e tale da non poterne in alcuni casi essere individuati chiaramente i gradi.
Le confermo però con certezza che un militare dell’esercito (ufficiale secondo alcuni, sergente per il comandante Faggioni) collaborò con i marinai della torpediniera ad annientare le due sentinelle tedesche che presidiavano la zona di poppa della nave. Purtroppo, il militare della Brennero, nell’oscurità e nella grande confusione che si era creata durante la lotta, fu scambiato per uno dei nemici e involontariamente colpito da alcuni pugni.
L’azione, contro la scorta armata tedesca, scocca poco prima della mezzanotte del 25 al segnale convenuto di sirena antisommergibile. La scelta dell’ora e del tipo di segnale avevano uno scopo ben preciso: disorientare le sentinelle con l’avvistamento di un inesistente sommergibile inglese e disporre, al momento del cambio della pseudo guardia degli italiani, di un più consistente numero di marinai all’intorno dei militari tedeschi, almeno tre italiani per ogni tedesco.
Per brevità tralascio, anche in questo caso, le numerose testimonianze di alcuni di coloro che parteciparono alla lotta contro il picchetto di vigilanza tedesco, che aggiungono molti particolari inediti al racconto redatto dall’ammiraglio G. Tullio Faggioni e alla relazione storica della Marina. Purtroppo, i principali autori del piano d’azione sono tutti deceduti da moltissimi anni ad eccezione forse dell’ex pugile romano Carlo Bossi (MBVM classe 1922), allora sottocapo telemetrista sul Pilo, che malgrado le ricerche avviate su molti fronti non riesco né a rintracciare né a sapere che fine abbia fatto.
Il gruppo organizzatore del colpo di mano studiò tutto nei minimi dettagli, escogitando un curioso espediente che distrasse dalle loro consegne i soldati tedeschi a poppa e a prua. Più difficile fu il compito di chi fu destinato ai tedeschi posizionati in controplancia, dove vi era il comandante del picchetto germanico. Il sottufficiale tedesco fu affrontato con prontezza dal calabrese Filippo Malaspina (MBVM), che nel corpo a corpo gli sottrasse la pistola e gli sparò. Particolarmente drammatici sono i racconti sui tre tedeschi che opposero una minima resistenza e che volarono di peso in mare. Altrettanto commoventi sono i racconti sui quattro giovanissimi tedeschi fatti prigionieri e poi pietosamente medicati. Le tracce dei quattro tedeschi catturati si perdono, purtroppo, già a Brindisi subito dopo il loro sbarco. L’ultimo a vederli fu il sottocapo meccanico Valeriano Busardò di Como che diede una sigaretta ad uno di loro, mentre guardava i prigionieri discendere dal Pilo su un motoscafo per essere consegnati ad un Tenente di Vascello italiano.
Il Rosolino Pilo, ormai libero, abbandona il convoglio e fa rotta verso il sud dell’Albania in direzione di Capo Linguetta per eludere le eventuali ricerche dei tedeschi e attraverso il Canale d’Otranto giunge in vista del porto di Brindisi “in piena luce solare … “ il 26 settembre 1943.
Le ricompense al valore militare a riconoscimento dell’impresa contro il picchetto tedesco sono: medaglia d’argento per il comandante del Rosolino Pilo, Giuseppe Tullio Faggioni, medaglia di bronzo per l’ufficiale in 2a, Giovanni Buizza, il guardiamarina Mario Puglielli, il Capo Ernesto Savassi, il S.Capo Carlo Bossi e il marinaio Filippo Malaspina, seguono sedici croci di guerra al valore per altrettanti membri dell’equipaggio.
Riguardo ai fatti accaduti sull’incrociatore ausiliario Arborea (Cap. di fregata Filippo De Palma) e di cui lei fa cenno nello stesso paragrafo 2.5, posso riferire molto poco.
Riguardo invece alla scorta del convoglio, che doveva essere assicurata anche da alcuni aerei e motosiluranti, pare che le cose siano andate diversamente. La formazione navale, secondo la testimonianza del Signor Mallozzi, fu seguita nelle prime ore di navigazione da un bimotore tedesco che poi si allontanò, ma le motosiluranti non si videro per nulla.
L’esempio del Pilo non fu seguito da nessuna delle navi del convoglio, anche se vi erano concrete possibilità di riportare l’intera formazione navale nell’Italia liberata.
Le posso inoltre confermare che già a bordo del Pilo non fu facile trovare un accordo. Molti membri dell’equipaggio erano contrari ad un’azione di forza contro la scorta tedesca e non fu cosa semplice pervenire ad un compromesso con coloro che consideravano prioritario raggiungere il nord dell’Italia. Lo stesso Faggioni in un primo tempo aveva dubitato sulle concrete possibilità di riuscita dell’azione e diede il suo consenso solo dopo aver appreso che avevano dato la disponibilità un congruo numero dei suoi uomini.
Auspico di conoscere notizie più precise sul Cap. Pagan della divisione Brennero, e mi auguro di poter condividere e confrontare eventuali testimonianze o documenti in suo possesso per meglio fare una memoria il più possibile obiettiva dei fatti accaduti sulla nave Pilo il 25 e il 26 settembre 1943.
Resto in fiduciosa attesa di una Sua gradita risposta e di notizie complementari al nostro comune e condiviso desiderio di lasciare ai posteri documenti quanto più possibile attendibili, circostanziati e veritieri.
Col desiderio, spero reciproco, di poter ancora collaborare insieme, molto cordialmente la saluto.

Vittorio Pavone tel. 0922 595946 - e-mail: c.leonardi@alice.it

Comunico anche la e-mail del Signor Leoni: cesare.leoni@e-cremona.it

1 commento:

Anonimo ha detto...

Mio padre, Michele Arietti prestò servizio sulla Torpediniera Missori dal '41 al '43, come fuochista. Egli venne sbarcato per malattia poco prima della partenza della nave insieme al Pilo alla volta di Durazzo, ma, quando ancora di trovava a Taranto, seppe della resistenza opposta dal Pilo ai tedeschi e, per contro, della cattura del Missori, conservando di quegli eventi una memoria fortemente emotiva ancora alcuni decenni dopo.
Mio padre è morto due anni anni fa e gli avrebbe fatto certamente piacere conoscere i particolari di quanto accadde al Pilo ed al Missori, ancorché parlasse poco e malvolentieri degli episodi di guerra.
Per tenere viva in me e nella mia famiglia il ricordo di quegli anni e dei valori che pur nel travaglio della guerra essi esaltavano, vorrei poter raccogliere maggiori testimonianze sul Missori ed in particolare delle missioni cui la nave partecipò dall'agosto '41 alla sua cattura a Durazzo. Vorrei anche ricevere segnalazioni di fotografie della nave e dove poter reperire un elenco dei marinai che vi furono imbarcati in quel periodo.
Grazie per questi bellissimi ricordi, anche perché fino a cinque / sei anni fa c'era davvero poco su internet.
Adriano Arietti