Master di 1° Livello in Storia Militare Contemporanea 1796 -1960

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Il Corpo Italiano di Liberazione ed Ancona. Il tempo delle oche verdi e del lardo rosso. 1944

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Società Editrice Nuova Cultura, Roma 2014, 350 pagine euro 25. Per ordini: ordini@nuovacultora.it. Per informazioni:cervinocause@libero.it oppure cliccare sulla foto

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martedì 31 marzo 2020

Campagna di Sicilia. La Battaglia del ponte di Primosole. Considerazioni riepilogative 2


(1)      Sui riflessi esercitati su di esse dagli avvenimenti politici ed economici verificatisi durante il loro svolgimento
Le valutazioni politiche e strategiche operate dai leader di Germania e Italia sulle possibili evoluzioni del conflitto in Europa e, in particolare, la sottovalutazione dell’ipotesi di un ingresso degli Alleati dalla Sicilia, finirono per lasciare, come precedentemente meglio evidenziato, l’isola sguarnita da forze, sia italiane sia tedesche, che per quantità e qualità ne potessero garantire un’adeguata difesa. Contestualmente, la popolazione isolana - prostrata dagli incessanti bombardamenti, dalla penuria di genere essenziali e dalla percezione di assenza di effettività del governo centrale fascista – sviluppò gradualmente un’attitudine di sconforto, disillusione e rassegnazione, che si sarebbe concretizzata, all’atto dell’invasione, nella festosa accoglienza dei “liberatori” d’oltremare.
Gli anglo-americani, dal canto loro, avevano finito per fare propria l’idea di Churchill che, per arrivare a colpire il cuore del nemico, sarebbe stato, innanzi tutto, necessario incunearsi nel “ventre molle” dell’Asse, così determinando l’uscita dal conflitto l’Italia. Tale linea d’azione, supportata da efficaci diversivi, disinformazione e, presumibilmente, anche da contatti con la mafia siciliana, furono i prodromi di quello che sarebbe stato il primo e decisivo passo sul suolo patrio dell’avversario.

domenica 29 marzo 2020

Campagna di Sicilia. La Battaglia del ponte di Primosole, Considerazioni riepilogative 1


  1. Considerazioni riepilogative
(1)      Sull’impostazione, lo sviluppo ed i risultati delle operazioni di guerra
Le lesson learned dell’operazione aviotrasportata Fustian evidenziano una certa approssimazione nella preparazione del piano operativo in quanto la flotta navale inglese al largo dell’isola di Malta e della Sicilia non era a conoscenza dello stesso. Testimonianza di ciò è data dall’intenso fuoco fratricida cui furono sottoposti i velivoli prima di procedere all’aviolancio dei paracadutisti della 1^ Brigata sulle zone prescelte. Inoltre, le attività che prevedevano l’impiego dalla terza dimensione risultavano ancora poco efficaci, tant’è che a partire dal 15 luglio fu sospesa ogni ulteriore operazione aerotrasportata della 1^ Divisione allo scopo di meglio approfondire l’addestramento delle varie componenti. A tal proposito, occorre ricordare, che nel corso del lancio andarono persi, a causa della scarsa preparazione dei piloti, numerosi alianti (trainati dai velivoli che trasportavano il personale della 1^ Brigata) con l’armamento pesante e il munizionamento, lasciando successivamente il personale atterrato senza adeguati mezzi per respingere i contrattacchi delle forze tedesche.
Un ulteriore “errore” commesso nel corso delle operazioni per la conquista del ponte fu quello di non avvalersi delle truppe anfibie per aggirare le posizioni difensive a Nord del fiume Simento e quindi far cadere la resistenza avversaria per manovra. Infatti, già in data 15 luglio, quando le truppe inglesi decisero di rimandare l’attacco decisivo al giorno successivo (in virtù della sconfitta riportata in mattinata dagli uomini del 9° Reggimento di fanteria e del 44° Rgt. carri), Catania risultava oramai indifesa. Le truppe dell’Asse avevano già abbandonato la città trasferendo il grosso delle truppe verso il ponte di Primosole, allo scopo di mantenerne il possesso. Inoltre, le poche unità italiane rimaste sul posto non erano più in grado di mantenere le posizioni. In tale contesto, un eventuale operazione dal mare (sia a mezzo cannoneggiamenti sia attraverso l’impiego di una forza da sbarco) avrebbe potuto permettere alle forze Alleate di impadronirsi di Catania e stringere i tedeschi sul ponte tra loro e le forze della 50^ Divisione, ormai prossima all’obiettivo.
In realtà, il Gen. Dempsey propose una simile operazione ma la stessa fu prima rimandata e poi annullata in quanto c’era la convinzione di poter riportare una “facile” vittoria sul Ponte attraverso il solo impiego delle forze di terra.
Analogamente per le forze aeree, non vi è alcuna prova che le forze inglesi nel corso dell’avanzata per la conquista di Lentini e del ponte di Primosole abbiano usufruito dell’appoggio del fuoco proveniente dalla terza dimensione. Risulta, infatti, che il principale sforzo dell’aviazione era stato concentrato sull’eliminazione delle forze aeree nemiche, anche se erano ancora disponibili un elevato numero di velivoli che avrebbero potuto sostenere l’azione delle forze appiedate. In merito, il 14 luglio la RAF (Royal Air Force) registrò il fatto che 34 cacciabombardieri Kittyhawk operarono contro obiettivi occasionali nei pressi di Caltagirone e Lentini[i].
Altro fattore che ritardò la vittoria della battaglia del ponte è da attribuirsi, in parte, all’impiego della 50^ Divisione. Il Gen. Montgomery aveva fortemente voluto tale unità, costituita dai veterani che avevano combattuto con successo nel nord dell’Africa ma che erano, proprio per i loro trascorsi, oltremodo provati. Infatti, nonostante diversi tentativi di spronare la 50^ Divisione ad avanzare più velocemente, questa si mosse con estrema lentezza nell’entroterra siciliano, ritardando il cambio delle forze aviotrasporate già in possesso del ponte di Primosole. Tutto questo, anche a causa della scarsa disponibilità di adeguati mezzi di trasporto. Il terreno montuoso all’interno della Sicilia, infatti, riduceva fortemente le possibilità di movimento delle forze appiedate. Senza mezzi e animali per il trasporto degli equipaggiamenti e munizionamento, l’aggiramento del nemico divenne praticamente impossibile. Nella fattispecie, l’area delle operazioni del XXX Corpo d’Armata era una zona poco adatta per le truppe meccanizzate ma idonea per l’uso di animali da soma. In verità, uno dei primi ordini della battaglia prevedeva l’impiego di compagnie di muli, decisione che successivamente fu annullata riducendo le possibilità di un adeguato supporto logistico[ii].
Ulteriore lacuna presente nelle unità inglesi consisté nella scarsa coordinazione dimostrata tra le forze di fanteria e le unità carri, che ritardò notevolmente la presa del ponte (nel corso degli attacchi portati dai reparti della fanteria leggera della Brigata Durham non era stata prevista la copertura delle truppe corazzate del 44° Rgt. carri), e la poca affidabilità degli apparati radio inglesi che lasciarono le truppe del 1° Battaglione paracadutisti, una volta preso il ponte, completamente isolati, privi di qualsiasi mezzo di collegamento per la richiesta di rinforzi e/o per aggiornare le truppe alleate in merito alla situazione in atto.



[i]RAF Meditterranean Review, n.4 luglio-settembre 1943. Le 34 missioni avrebbero potute essere, invece, inviate per l’appoggio dell’offensiva della VIII Armata sulla piana di Catania.
[ii]La decisione di non impiegare animali da soma fu uno dei meno noti ma più significativi errori della campagna di Sicilia. The Mediterranean and the Middle East, Vol. V, pag. 114, London 1973.

giovedì 26 marzo 2020

La Campagna di Sicilia. La Battaglia del Ponte di Primosole. Paesi neutrali


(1)      Interferenze di Paesi o “movimenti” simpatizzanti o neutrali
La struttura geografica ed il “provincialismo” della Sicilia rendevano l’impiego di agenti dei servizi informativi alleati praticamente impossibile. Inoltre, come successivamente evidenziato anche dal Comandante delle Forze Alleate in Italia, Maresciallo Harold Rupert Leofric George Alexander, «la polizia e il sistema di controspionaggio erano talmente validi in Sicilia che non fummo in grado di ottenere informazioni dirette dall’isola[i]». In particolare, né il Secret Intelligence Service (SIS) britannico né l’Office of Strategic Service (OSS) americano erano riusciti a penetrarvi[ii], anche a ragione del fatto che gli Italiani non utilizzavano il sistema Enigma (le cui chiavi erano state scoperte dagli Alleati fin dal luglio 1941), bensì altre metodologie, nei confronti dei quali le uniche possibilità di intercettazione era ottenibile tramite la Signal Intelligence (SIGINT) oppure la lettura della posta inviata ai prigionieri di guerra in Nord Africa (intercettata e letta dal controspionaggio inglese al Cairo).
Proprio al fine di ottenere gli elementi informativi mancanti sulle potenzialità di combattimento delle forze dell’Asse in Sicilia, gli statunitensi stabilirono, secondo una teoria, peraltro non formalmente confermata, una scellerata alleanza con la mafia[iii]. Nel merito, il trait d’union sarebbe stato il boss italo-americano Charles “Lucky” Luciano che, dopo essere stato arrestato nel 1936 dal procuratore Thomas E. Dewey, era ristretto in carcere nella città della “Grande Mela”. Nello specifico, i mafiosi italo-americani – ostili al fascismo, in forza della lotta contro di loro condotta da Mussolini – sarebbero stati, in un primo momento nel 1942, avvicinati dal servizi segreti del terzo Distretto della Marina militare USA, per far fronte alla minaccia degli U-boat nazisti che si erano spinti fino al baia dell’Hudson e, in un secondo tempo, nel 1943, a premessa dell’invasione della Sicilia[iv]. Benché il Dipartimento della Marina abbia sempre negato ogni diretto coinvolgimento, esistono indizi secondo cui “Lucky” Luciano effettivamente avrebbe aiutato alcuni agenti siculo-americani a contattare importanti membri della mafia siciliana, per ottenere informazioni e appoggio a sbarco effettuato[v]. Lo stesso OSS sarebbe stato coinvolto nella creazione di questa rete di contatti nonché nella liberazione di mafiosi dalle carceri di Mussolini[vi]. Comunque siano andati i fatti, è peraltro indubitabile che l’occupazione alleata offrì alla mafia, che negli anni del fascismo era stata apparentemente inattiva, l’occasione per fare un ritorno in grande stile. A partire, infatti, dalle “infiltrazioni” nella Allied Military Government of Occupied Territories (AMGOT), la riappropriazione mafiosa dell’isola continuò inarrestabile, senza che alcuno vi si potesse efficacemente opporre.


[i]Bollettino di Alexander, PO (CAB 106/594).
[ii]OSS War Report, 1946.
[iii]Uno dei principali sostenitori di questa ipotesi è Rodney Campbell che, nell’opera The Luciano Project (New York, 1977), si basa largamente su un’indagine segreta ad alto livello, in precedenza soppressa, condotta nel 1954 dal Commissario investigativo di New York, William B. Herlands.
[iv] D’Este C., 1943, Lo sbarco in Sicilia, Arnoldo Mondadori Editore, 1990, pag. 483-484.
[v]Dunlop R., Donovan: America’s Master Spy, Chicago 1982 e Campbell R., op. cit. (fonti citate da Carlo D’Este, op.cit., pag. 485-486).
[vi]Il coinvolgimento è sempre stato, peraltro, smentito dal Direttore dell’OSS, “Wild Bill” Donovan, che riteneva la mafia «un movimento cospirativo sopranazionale del tutto privo di ogni devozione verso gli Stati Uniti» (Dunlop R., op.cit., pag. 398).

domenica 22 marzo 2020

Campagna di Sicilia. La battaglia del ponte di Primo sole. Avvenimenti Politici. Stati Uniti e Gran Bretagna


(a)     Stati Uniti d’America
Gli USA nel 1943, dopo aver completato il transito verso il modello produttivo di guerra, avevano ormai portato la capacità produttiva dell’industria a quello che sarebbe stato il massimo livello nel conflitto. «L’ultima automobile era uscita dalle linee di montaggio il 10 febbraio 1942: nel 1943 al suo posto ci sarebbero stati 30 mila carri armati, più di tre all’ora per ventiquattr’ore al giorno e più di quanti la Germania ne costruì dal 1939 al 1945. La Rudolph Wurlitzer Company adesso fabbricava bussole e dispositivi antighiaccio anziché pianoforti e fisarmoniche; l’International Silver sfornava fucili automatici invece delle posate e diversi stabilimenti di cosmetici, macchine da scrivere e coppe per ruote costruivano, rispettivamente, rivestimenti per cartucce, mitragliatrici ed elmetti[i]». Il sistema economico, nel medesimo anno, avrebbe fornito anche 6 milioni di fucili, 98 mila bazooka, 648 mila autocarri, 33 milioni di pantaloni militari in cotone, 61 milioni di paia di calze di lana e cosi via. Le Forze Armate, parallelamente, avevano moltiplicato il numero di mezzi ed effettivi, con un Esercito di più di 6 milioni di uomini, un’Aeronautica aumentata del 3.500% dalla metà del 1941 e con un numero di aerei di 86 mila nel solo ’43 e, infine, una Marina con un numero di portaerei salito da 8 a 50[ii]. Ma quello che più incideva era, probabilmente, la tetragona unità del popolo americano nello sforzo bellico, sia in termini di contributo di uomini in uniforme sia di solidarietà nazionale in Madrepatria, ove ben pochi sembravano sottrarsi alle campagne governative di austerity (che spaziavano dal razionamento delle fibre naturali a quello dei carburanti) così come a quelle di raccolta di secchi metallici, stufe tagliaerba e tubetti di dentifricio riciclati[iii].
Dal punto di vista politico-militare, il 1943 segnò, con il Trident (nome in codice di una conferenza anglo-americana, sulla strategia bellica tenutasi nel mese di maggio tra il Primo Ministro britannico Winston Churchill e il Presidente degli USA Franklin Delano Roosevelt), la data del 01 maggio 1944 per l’attacco alla “fortezza” nazista in Europa settentrionale attraverso la Manica e, contestualmente, il conferimento del mandato al Comandante Supremo Alleato in Nord Africa, il Generale Dwight D. Eisenhower, di allestire, una volta conquistata a Sicilia, qualsiasi operazione ritenuta «utile a far uscire l’Italia dalla guerra[iv]».
(b)     Gran Bretagna
Tre anni e mezzo di guerra avevano stremato il Regno Unito. La mobilitazione nazionale (più del 12% della popolazione era già sotto le armi) era quasi completa e - ove la guerra si fosse ulteriormente protratta e, soprattutto, se si fosse deciso di invadere l’Europa attraverso la Manica – si sarebbe profilata una grave carenza di uomini. «Il Paese aveva già avuto più di 100 mila caduti al fronte e migliaia di dispersi; la marina mercantile aveva perduto 20 mila marinai e i bombardamenti tedeschi avevano fatto 45 mila vittime[v]». Premuto da queste evidenze, Winston Churchill si era recato nel maggio del 1943 da Roosevelt a Washington per il Trident. In esito all’incontro, il Primo Ministro britannico tornò in Patria con la raggiunta unanimità sull’intenzione britannica di «mantenere il Mediterraneo al centro della guerra, almeno per un anno, e a porre come obiettivo immediato l’uscita dell’Italia dall’Asse[vi]», avendo fatto prevalere la scelta di aprire il fronte italiano con l’invasione della Sicilia e, conseguentemente, vanificando il tentativo americano di concentrare le forze nel Pacifico anziché nell’Atlantico. Dal punto di vista economico, dei 48 miliardi di dollari di forniture belliche concesse dagli USA agli alleati, due terzi sarebbero andati alla Gran Bretagna.


[i]Gropman A., The big L: American Logistics in World war II, Washington, National Defense University Press, 1997, pagine 35, 54-55, 89-93 e 367, e citati da Atkinson R., op.cit., pag. 14.
[ii]Atkinson R., op.cit., pag. 13-14.
[iii]Per inciso, la campagna governativa precisava che 60 tubetti di dentifricio contenevano stagno sufficiente per saldare tutti i collegamenti elettrici di un bombardiere B-17.
[iv]Messaggio, Dipartimento della Guerra a Dwight Eisenhower, #278, 26 maggio 1943, cablogrammi CCS, OCHM, NARA RG 319, 270/19/6/3, box 243 (citato da Atkinson R., op.cit., pag. 28).
[v]Atkinson R., op.cit., pag. 13.
[vi]Atkinson R., op.cit., pag. 31.

giovedì 19 marzo 2020

La Campagna di Sicilia. La battaglia del ponte di Primosole. Avvenimenti politici Italia e Germania


  1. Gli avvenimenti politici ed economici durante le operazioni
(1)      Iniziative politiche ed economiche dei belligeranti
(a)     Italia
Verso la metà del luglio 1943 il Governo italiano era sull’orlo del collasso interno. Le operazioni militari alleate in Sicilia, unite ai bombardamenti incessanti su tutta la penisola e, in particolare quello su Roma del 19 luglio, determinavano non solo un crescente panico e scoramento tra la popolazione, ma anche acceleravano gli il corso degli eventi che avrebbero portato, il 24 luglio, alla convocazione del Gran Consiglio, all’arresto di Mussolini ed alla nomina a primo Ministro del Maresciallo Pietro Badoglio e, a seguire, all’armistizio dell’8 settembre.
Per quanto più direttamente afferisce alla Sicilia, come rilevato fin dal febbraio 1943 dal nuovo comandante della Sesta Armata, Generale M. Roatta, e dal suo Capo di Stato Maggiore, Generale G. Zanussi[i], «lo stato della popolazione era tremendamente basso». Effettivamente, già da tempo il morale della gente era stato minato dalla disistima verso il regime, incapace, tra l’altro, di opporre difese efficaci all’offensiva nemica. In particolare, i quotidiani bombardamenti aerei degli Alleati avevano anche l’effetto di incidere gravemente sui trasporti ferroviari e marittimi, rendendo oltremodo difficile far affluire sull’isola non solo i materiali necessari per le fortificazioni (carbone, cemento, ferro, attrezzi e macchinari), ma anche viveri e medicinali[ii]. Una volta esaurite le esigue riserve alimentari, i siciliani potevano contare solo sui 200 grammi giornalieri di pane e pochi altri generi passati dalla distribuzione annonaria, per poi ridursi, infine, alle sole arance. La burocrazia civile e militare del settore trasporti (affidata a due enti distinti: la Direzione Superiore Trasporti ed il Commissariato generale per il coordinamento dei rifornimenti per la Sicilia) reagiva con scarsa coordinazione e schematica rigidità, finendo per rendere tragica una situazione già disperata. Per cercare di reagire al caos crescente, il Governo aveva nominato nel mese di marzo[iii] il Prefetto Temistocle Testa Commissario straordinario civile per la Sicilia, allo scopo di coordinare l’amministrazione civile con quella militare. Ma lo sfacelo e la disorganizzazione erano già tali, che lo stesso Testa riferiva a Roma di non poter garantire, con la sua azione, i benefici attesi. Le ultime armi a disposizione del regime, la propaganda e la retorica dei mezzi di comunicazione, non sortivano effetti migliori né potevano ostacolare il rinvigorirsi del mai sopito spirito separatista nonché la riemersione dei partiti politici restati nell’ombra fino a quel momento. Le istanze avanzate da tali movimenti, evidentemente ostili al regime e rinvigoriti dalla sua materiale assenza dalla scena isolana, contribuivano a creare una «diffusa volontà di resa in tutti gli strati sociali della popolazione, nei confronti di quello che, a tutti gli effetti, era ancora un nemico[iv].


(b)     Germania
Nel luglio del ’43 – dopo che la campagna in Nord Africa si era già conclusa il 13 maggio con la formale resa agli Alleati – i nazisti subivano uno stop decisivo nell’epica battaglia di Kursk. In seguito alla sconfitta, i Tedeschi assumevano una posizione difensiva, a premessa dell’ormai inevitabile ritirata dinnanzi ad un’Armata Rossa ora più che mai aggressiva sotto il comando di Georgi Zhukov e Vasily Chuikov. Contestualmente, nel Nord Atlantico, i miglioramenti della sorveglianza elettronica e la decifrazione dei messaggi radio della Marina tedesca avevano notevolmente ridotto il ritmo degli attacchi degli U-boat. Nel diario del 9 maggio il ministro della Propaganda del Terzo Reich, Joseph Goebbels, aveva descritto l’ira del Führer: «È assolutamente furioso con i generali… Sono tutti bugiardi, dice. Sono tutti traditori. Tutti i generali sono nemici del nazionalsocialismo[v]». Eppure l’Armata Rossa era ancora a 500 km dalla frontiera est della Germania, Hitler aveva ancora 300 divisioni proprie e 90 dei suoi alleati e, ad eccezione dei Paesi neutrali, tutta l’Europa continentale, dalla Baia di Biscaglia al Donetz, da capo Nord alla Sicilia erano sotto il tallone nazista: «1 milione e 300 mila schiavi lavoravano nelle fabbriche tedesche e altri 250 mila erano impegnati a costruire le fortificazioni del Vallo atlantico lungo la vulnerabile costa occidentale della Francia e dei Paesi Bassi; moltissimi altri, ritenuti inutili o pericolosi, erano stati rinchiusi nei campi di concentramento e di sterminio[vi]».
Ma proprio l’immensa estensione delle terre conquistate da Hitler costituiva, come brillantemente evidenziato dallo storico Liddell Hart, il suo più grande svantaggio nel prevedere il luogo che gli Alleati avrebbero scelto per far rientro in Europa: «Hitler, mentre doveva sempre guardarsi da un attacco dall’Inghilterra attraverso la Manica, aveva ragione di temere che forze anglo-americane di stanza in Nord Africa potessero sbarcare ovunque sul suo fronte meridionale tra Spagna e Grecia. Hitler pensava che gli Alleati sarebbero più verosimilmente sbarcati in Sardegna che in Sicilia. La Sardegna, infatti, avrebbe costituito una più facile pietra da cui spiccare un salto in Corsica nonché un trampolino ben posizionato sia verso la Francia sia verso la penisola italiana[vii]». Tale convinzione, unita al rifiuto da parte di Mussolini di vedere un gran numero di formazioni tedesche sul suolo patrio, determinarono un afflusso in Sicilia di forze tedesche inferiore a quanto sarebbe stato necessario per assicurarne una efficace difesa.


[i]G. Zanussi, Guerra e catastrofe d’Italia, Corso, 1945, volume I, pag. 291.
[ii]Come riportato dal Generale F. Rossi (Come arrivammo all’armistizio, Garzanti, 1946), nei primi mesi del 1943, contro un fabbisogno mensile di 250.000 tonnellate di materiali necessari elle esigenze militari e civili, poterono essere trasportate solo 100.000 tonnellate, che nei mesi successivi sarebbero scese a 70.000.
[iii]Regio Decreto n. 149 del 23 marzo 1943.
[iv]Maltese P., Lo sbarco in Sicilia, Arnoldo Mondadori Editore, 1981, pag. 54.
[v]Atkinson R., Il giorno della battaglia, gli Alleati in Italia 1943-1944, Le Scie, Mondadori, 2008, pag. 11.
[vi]Atkinson R., op.cit., pag. 11.
[vii]Hart L., History of the Second World War, Pan Books Ltd., 1970, pag. 437.

domenica 15 marzo 2020

La Campagna di Sicilia. La battaglia del ponte di Primosole. Eipolgo


(1)      Epilogo
La 50^ Divisione non riuscì a superare al primo attacco l’ostacolo costituito dal Fosso Bottaceto, dove si erano ritirate le truppe tedesche. In sostanza l’VIII Armata, per tutto il mese di luglio, non riuscì a superare i 5 km che la dividevano dalla città di Catania, che cadde in mano agli inglesi solo il 5 agosto (ovvero 22 giorni dopo che il ponte di Primosole era stato catturato dalla 1^ Divisione aviotrasportata).


giovedì 12 marzo 2020

La Campagna di Sicilia La Battaglia del Ponte di Primosole. Avvenimenti 15 - 16 - 17 luglio 1943


(a)     15 luglio
-     Operazioni terrestri
Alle 7.30 cominciò nuovamente la battaglia per la conquista del ponte con l’appoggio del 24° e 98° reggimento di artiglieria da campagna inglese che cominciarono a sparare sulle posizioni tedesche.
Trenta minuti dopo ebbe inizio l’attacco inglese, con l’avanzata lungo la strada 114 delle prime truppe del 9° reggimento di fanteria leggera “Durham” appoggiate dai carri Sherman del 44° reggimento carri.
Gli uomini del 9° reggimento di fanteria vennero falciati dal fuoco delle mitragliatrici tedesche e insieme alle unità carri del 44° reggimento tornarono indietro[i]. Nonostante il successo iniziale i Tedeschi abbandonarono l’ottima posizione difensiva detenuta (la 1^ compagnia aveva occupato una sporgenza a sud e a est della strada 114). Il Tenente Cords (Comandante della compagnia), ritenendo erroneamente di essere stato abbandonato, decise di salvare i suoi uomini facendo arretrare la prima compagnia attraverso il Simeto.
-     Operazioni aviotrasportate
Nihil;
-     Operazioni anfibie/di forze speciali
Nihil;
-     Operazioni aeree
Nihil;
(b)     16 luglio
-     Operazioni terrestri
Dopo la sconfitta riportata nel primo attacco, le forze inglesi decisero di lanciare il successivo attacco nella corso della notte. All’una del 16 fu lanciato il secondo attacco dalla fanteria leggera “Durham” per la conquista del ponte. Inizialmente, gli artiglieri inglesi impegnarono le forze tedesche in un fuoco intenso di circa un’ora e,  successivamente, due compagnie dell’8° reggimento di fanteria “Durham” riuscirono a guadare il fiume e a raggiungere una posizione sicura sulla riva settentrionale del fiume, cogliendo i Tedeschi di sorpresa. Ben presto la fanteria leggera ebbe anche il controllo dell’estremità nord del ponte. Secondo il piano, una volta conquistato il ponte il resto del battaglione assieme a una squadra del 44° reggimento carri avrebbe dovuto attraversarlo immediatamente e costruire una testa di ponte per circa un chilometro verso nord. Ma, ancora una volta, gli apparati ricetrasmittenti inglesi non funzionarono e venne perso il momento decisivo per portare un attacco in profondità alla linea difensiva tedesca. I Tedeschi avevano così avuto il tempo di reagire e ricacciarono indietro l’assalto portato dai carri Sherman del 44° reggimento. Nel frattempo, la fanteria inglese si servì della copertura di un fossato che correva ai lati della strada 114 e dopo aver percorso parecchie centinaia di metri, uscì allo scoperto ingaggiando un duro scontro con le forze tedesche presenti. In mezzo ai vigneti la fanteria leggera “Durham” e i paracadutisti tedeschi ingaggiarono un combattimento furioso, con scontri corpo a corpo;
-     Operazioni aviotrasportate
Nihil;
-     Operazioni anfibie/di forze speciali
Nihil;
-     Operazioni aeree
Nihil;
(c)      17 luglio
-     Operazioni terrestri
Nella notte tra il 16 e il 17 luglio arrivarono altri rinforzi ai Tedeschi dal 4° reggimento paracadutisti (4°FJR), che si trasferì nelle posizioni lungo il Fosso Bottaceto, per aiutare i genieri oramai decimati (furono raggiunti più a ovest anche da altri elementi provenienti dal Gruppo Shmalz).
Il terzo attacco degli inglesi incominciò all’una di notte del 17 luglio, dopo che il 6° e il 9° battaglione di fanteria leggera “Durham” avevano attraversato il fiume con facilità. Ma quando la fanteria tentò di avanzare verso Nord, i Tedeschi le contesero ogni metro di terreno. Seguì un combattimento ancora più aspro e un intero plotone del 6° battaglione andò perduto, così come anche la compagnia “A” del 9° battaglione, che perse un plotone.
Poco dopo l’alba, i Tedeschi lanciarono un contrattacco appoggiato con carri armati che fu arrestato dal fuoco dell’artiglieria. Gli inglesi avevano il supporto di 9 carri Sherman e la battaglia infuriò per tutta la giornata. Gli scontri più cruenti si svolsero in mezzo ai vigneti dove gli uomini del Cap. Fassl centrarono altri 3 Sherman. Alle prime luci del giorno, il campo di battaglia era ricoperto dei corpi dilaniati dei morti e dei morenti. La scena era così atroce che il Cap. Fassl[ii] riuscì a concordare un temporaneo cessate il fuoco con gli inglesi per far dare assistenza ai feriti di entrambe le parti.
Per i Tedeschi il 17 luglio rappresenta un punto di svolta, in quanto si resero conto che ormai la tenuta del ponte era impossibile. Decisero pertanto di farlo saltare con camion carichi di esplosivo ma, fortunatamente per gli Inglesi, i tentativi fallirono.
I carri armati inglesi ben presto arrivarono su buona parte delle posizione dei Tedeschi, che si stavano ritirando a nord, per cercare scampo nel Fosso Bottaceto. Le perdite da entrambe le parti furono notevoli, gli Inglesi ritenevano che i Tedeschi avessero lasciato sul campo di battaglia circa 300 morti e che altri 155 uomini fossero stati presi prigionieri, tutti appartenenti alla 1^ Divisione paracadutisti[iii]. Anche le perdite tra gli uomini della fanteria leggera “Durham” furono ingenti: 120 per il 6° battaglione e 100 per il 9° battaglione.
Il 17 luglio, dopo tre giorni di accaniti combattimenti, la testa di ponte della 50^ Divisione si estendeva per un chilometro a Nord del ponte di Primosole. Ebbe così fine la battaglia del Ponte;
-     Operazioni aviotrasportate
Nihil;
-     Operazioni anfibie/di forze speciali
Nihil;
-     Operazioni aeree
Nihil


[i]A drop too many, cit. pag. 184.
[ii]Il Cap. Fassl fu intervistato successivamente da Helmut per The battle for the Primosole bridge, cit. parte II.  
[iii]Kirkman D., Sharpshooters at War, Pan Books Ltd, 1965,pag.234.

domenica 8 marzo 2020

La Campagna di Sicilia. La Battaglia del ponte di Primosole. 14 luglio 1943


(a)     14 luglio
-     Operazioni terrestri
Il 2° battaglione del Ten.Col. Frost, alle ore 05.30 circa, arrivò nelle posizioni a lui assegnate (i punti JOHNNY 1, 2 e 3, a sud-est del ponte di Primosole) con una forza di soli 140 uomini e privo degli appoggi che potevano offrire loro le armi di reparto e mezzi di comunicazione[i].
L’offensiva tedesca non si fece attendere infatti, alle prime luci dell’alba, il 2° battaglione fu attaccato dalle truppe del 1° battaglione paracadutisti mitraglieri che si era schierato a 2 km a sud del ponte.
Il 2° battaglione del Ten.Col. Frost riuscì comunque a sostenere l’urto dei contrattacchi tedeschi durante le prime ore della giornata del 14 luglio. Ad ogni modo le perdite furono ingenti[ii] e le munizioni cominciarono a scarseggiare e si andò via via delineando la certezza di una imminente sconfitta, anche perché non vi era alcuna traccia dell’arrivo della VIII Armata (il Comandante della Brigata paracadutisti - Gen. Lathbury- apprese in mattinata che la 50^ Divisione non sarebbe arrivata nei tempi previsti in quanto stava incontrando una forte resistenza nei pressi di Lentini).
Il 3° battaglione arrivò sul luogo prescelto e occupato l’obiettivo, immediatamente dovette iniziare a gestire molti soldati italiani che, alla loro vista, si erano arresi.
Il 1° battaglione paracadutisti, che aveva l’ordine di effettuare il colpo di mano per la presa del ponte, atterrò nella zona giusta solo con un piccola parte dei suoi uomini e privo di quasi tutte le mitragliatrici Vicker, dei mortai e delle armi anticarro, che andarono perdute nel lancio. Il ponte, che era in mano a forze difensive italiane[iii] e che, alla vista del nemico, erano fuggite evitando il combattimento, fu preso all’incirca alle ore 03.00 da parte di un gruppo di circa 50 uomini comandati dal Cap. Rann. La difesa del ponte venne organizzata con i pochi uomini (circa 120) a disposizione del 1° battaglione, oltre a due plotoni avuti in rinforzo dal 3° battaglione e tre cannoni anticarro.
Per quanto concerne le difese dell’Asse sulla riva settentrionale del fiume Simeto, queste consistevano di pochi battaglioni italiani, mentre a sud era schierato il battaglione paracadutisti mitraglieri, giunto in rinforzo alla Divisione “Goering” in data 13 luglio. Il battaglione creò non poche perdite alle truppe inglesi già nella fase di aviolancio. Le truppe inglesi, infatti, furono fatte oggetto di fuoco da parte delle mitragliatrici tedesche appostate nella zona a sud del ponte. All’inizio del pomeriggio, subirono anche un cannoneggiamento da parte dell’artiglieria pesante tedesca con pezzi da 88 mm. Nella tarda mattinata del 14 i Tedeschi cominciarono una serie di contrattacchi, ad opera del Cap. Stangenberg, per riprendersi il ponte[iv]. Stangeberg riuscì a radunare in breve tempo una forza di circa 350 uomini (200 della sua task force e 150 radiotelegrafisti), che consisteva anche di una batteria contraerea equipaggiata con soli due cannoni (uno da 88 mm e un vecchio cannone italiano da 5 cm fatto funzionare da serventi tedeschi). La batteria contraerea fu schierata ai lati della strada 114, mentre i radiotelegrafisti agli ordini del Cap. Fassl furono schierati a est con il compito di attraversare il fiume Simeto e di attaccare il fianco destro inglese. Poco dopo le 13 iniziò il primo attacco da parte tedesca, che fu respinto senza troppe difficoltà. Ne seguì un secondo dal fianco destro che costrinse le forze inglesi a restringere il perimetro della linea difensiva attorno al ponte. Gli attacchi proseguirono per tutta la mattinata e il Ten. Col. Pearson accortosi che la 50^ Divisione tardava ad arrivare e che oramai scarseggiavano anche le munizioni, alle ore 17.30 diede ordine di abbandonare la riva settentrionale del fiume Simeto[v].
Al crepuscolo, dopo l’aviolancio del battaglione paracadutisti del genio tedeschi sulla piana a nord del fiume Simento, l’unità di Stangeberg fu rischierata a difesa del porto di Catania, mentre i primi ricevettero l’ordine della riconquista del ponte. Sin dalle 21:30, nell’area v’erano in perlustrazione u paio di camionette del II btg. Arditi al comando del S.ten. Donìa; la fama del reparto era giunta da tempo all’orecchio dei tedeschi. Un ufficiale dei genieri fermò Donìa e , dopo avergli illustrato il proposito di agire per riprendere il ponte, chiese che gli arditi vi dessero una mano alla loro maniera. Donìa chiamò il magg. Marcianò, che lasciò subito il comando di battaglione dirigendo su Primosole alla testa di tre pattuglie della 113a cp.. Raggiunto il Simento, Marcianò impartì le ultime istruzioni ai suoi uomini, che avrebbero agito al comando del Cap.Paradisi, vicecomandante di battaglione. Alle 01:45 del 15, dopo l’azione preparatoria dei tedeschi, le sei camionette imboccarono il ponte a tutta velocità mettendo in fuga l’avanguardia avversaria che si diresse verso bivio Jazzotto, ove era il grosso della brigata. Conclusosi l’assalto degli arditi, la 1acp. Genieri prese posizione sulla sponda sud del fiume, presso il ponte; le altre due si sistemarono su quella nord, a cavallo del rettifilo, avendo sulla sinistra la 553a cp. Mitraglieri e sulla destra i mitraglieri del Cap. Shmidt che, nella notte erano indietreggiati, appostandosi tra il Gornalunga ed il Simento.
Nel frattempo. a Sud di JOHNNY 1, alla vista del Gen. Lathbury apparve il primo carro Sherman della 4^ Brigata Corazzata, seguito due ore dopo da una compagnia appiedata del 6° reggimento di fanteria leggera “Durham”.
L’arrivo dei carri Sherman costrinse i Tedeschi a ritirarsi sulla riva settentrionale del Simeto, dove si preparano a fronteggiare un eventuale attacco delle forze inglesi intenzionate a spingersi sino a Catania, anche se l’attacco inglese fu rimandato alla notte successiva[vi].
Nel frattempo a sud gli uomini del 3° FJR stavano respingendo l’avanzata della 5^ Divisione verso Carlentini, ma una volta persa Lentini il Col. Shmalz ordinò agli uomini del 3° FJR di far ritirare i suoi paracadutisti ad ovest del ponte. Inizialmente Heilmann si rifiutò di abbandonare la posizione e la ritirata iniziò con ritardo, solo quando era oramai impossibile continuare a mantenere la posizione. Heilmann aveva nutrito la speranza di riuscire a fuggire verso Catania, ma si rese conto che la via di fuga scelta era resa impraticabile dal costante cannoneggiamento della Royal Navy. Costretti ad abbandonare armi e mezzi pesanti, i paracadutisti tedeschi si diressero a nord-est nella notte tra il 14 e il 15 luglio e all’alba del 15 luglio si ritrovarono a sud-est del ponte Malati, in quanto la via di fuga inizialmente prescelta era bloccata da truppe e carri inglesi (riuscirono a raggiungere l’aeroporto di Catania dove vi rimasero per tutto il 16 luglio, mentre colonne inglesi procedevano verso Primosole).
-     Operazioni aeree
Una volta giunti sull’obiettivo, gli uomini del 1° battaglione inglese furono lasciati indisturbati per buona parte della mattinata del 14, ad eccezione di un bombardamento aereo a circa metà mattinata che mitragliò sul ponte senza però causare gravi danni[vii];
-     Operazioni aviotrasportate
Alle prime ore del crepuscolo furono paracadutate sopra l’aeroporto di Catania tre compagnie del 1° battaglione Fallschirm-Pionier (battaglione del genio della 1^ Divisione paracadutisti tedesca). I circa 450 uomini aviolanciati, agli ordini del Cap. Adolff, durante la notte raggiunsero il ponte di Primosole per dare il cambio agli uomini del Cap. Stangenberg. Adolff sistemò due delle sue compagnie attraverso la strada 114 all’estremità meridionale del ponte, mentre la terza compagnia formata da 150 uomini ne difendeva l’estremità settentrionale;
-     Operazioni anfibie/di forze speciali
Nihil;


[i]Frost J., A drop too many, , London 1982  pag. 180.
[ii]Secondo quanto riportato nel Diario di Guerra del 2° battaglione paracadutisti, le perdite in mattinata  furono di 22 morti ed altrettanti feriti.
[iii] Wilhelsmaeyer H., The battle for Primosole Bridge, Parte I.
[iv]Stangerberg – che aveva fatto parte della aliquota di ricognizione del 3° FJR con il Col. Heilmann - ebbe la notizia da una staffetta tedesca che truppe inglesi avevano bloccato la strada 114. Ritornò a Catania e riuscì a radunare sola una unità di radiotelegrafisti - 1^ compagnia del 1° battaglione paracadutisti delle comunicazioni, giunta sul posto pochi giorni prima con lo scopo di installare le comunicazioni per la Divisione “Goering” - e ottenne il permesso di impegnarli in un contrattacco sul ponte di Primosole.
[v]Nel frangente il 1° battaglione contava circa 160 effettivi, in quanto si erano uniti allo stesso parecchi soldati “sbandati” dopo l’aviolancio iniziale (Diario di guerra del 1° Battaglione paracadutisti).
[vi]Il Comandante della Brigata – Gen. B. Senior– decise di aspettare il giorno seguente per lanciare l’attacco decisivo, in quanto i suoi uomini avevano camminato ininterrottamente fin dal giorno dello sbarco. Il battaglione più avanzato – il 9° reggimento di fanteria leggera – non riuscì ad avvicinarsi al ponte prima delle 21.30 e le restanti unità della Brigata di fanteria si trovavano molto indietro, verso Lentini. L’ultimo contingente giunse solo poco prima della mezzanotte del 14 luglio (Senior R.H., The Durham light infantry at the Primosole, The Brithis Army Quarterly, ottobre 1944).
[vii]Diari di guerra della 1^Brigata e di Wilhelmsmeyer, parte I.