Master di 1° Livello in Storia Militare Contemporanea 1796 -1960

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Il Corpo Italiano di Liberazione ed Ancona. Il tempo delle oche verdi e del lardo rosso. 1944

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giovedì 26 marzo 2020

La Campagna di Sicilia. La Battaglia del Ponte di Primosole. Paesi neutrali


(1)      Interferenze di Paesi o “movimenti” simpatizzanti o neutrali
La struttura geografica ed il “provincialismo” della Sicilia rendevano l’impiego di agenti dei servizi informativi alleati praticamente impossibile. Inoltre, come successivamente evidenziato anche dal Comandante delle Forze Alleate in Italia, Maresciallo Harold Rupert Leofric George Alexander, «la polizia e il sistema di controspionaggio erano talmente validi in Sicilia che non fummo in grado di ottenere informazioni dirette dall’isola[i]». In particolare, né il Secret Intelligence Service (SIS) britannico né l’Office of Strategic Service (OSS) americano erano riusciti a penetrarvi[ii], anche a ragione del fatto che gli Italiani non utilizzavano il sistema Enigma (le cui chiavi erano state scoperte dagli Alleati fin dal luglio 1941), bensì altre metodologie, nei confronti dei quali le uniche possibilità di intercettazione era ottenibile tramite la Signal Intelligence (SIGINT) oppure la lettura della posta inviata ai prigionieri di guerra in Nord Africa (intercettata e letta dal controspionaggio inglese al Cairo).
Proprio al fine di ottenere gli elementi informativi mancanti sulle potenzialità di combattimento delle forze dell’Asse in Sicilia, gli statunitensi stabilirono, secondo una teoria, peraltro non formalmente confermata, una scellerata alleanza con la mafia[iii]. Nel merito, il trait d’union sarebbe stato il boss italo-americano Charles “Lucky” Luciano che, dopo essere stato arrestato nel 1936 dal procuratore Thomas E. Dewey, era ristretto in carcere nella città della “Grande Mela”. Nello specifico, i mafiosi italo-americani – ostili al fascismo, in forza della lotta contro di loro condotta da Mussolini – sarebbero stati, in un primo momento nel 1942, avvicinati dal servizi segreti del terzo Distretto della Marina militare USA, per far fronte alla minaccia degli U-boat nazisti che si erano spinti fino al baia dell’Hudson e, in un secondo tempo, nel 1943, a premessa dell’invasione della Sicilia[iv]. Benché il Dipartimento della Marina abbia sempre negato ogni diretto coinvolgimento, esistono indizi secondo cui “Lucky” Luciano effettivamente avrebbe aiutato alcuni agenti siculo-americani a contattare importanti membri della mafia siciliana, per ottenere informazioni e appoggio a sbarco effettuato[v]. Lo stesso OSS sarebbe stato coinvolto nella creazione di questa rete di contatti nonché nella liberazione di mafiosi dalle carceri di Mussolini[vi]. Comunque siano andati i fatti, è peraltro indubitabile che l’occupazione alleata offrì alla mafia, che negli anni del fascismo era stata apparentemente inattiva, l’occasione per fare un ritorno in grande stile. A partire, infatti, dalle “infiltrazioni” nella Allied Military Government of Occupied Territories (AMGOT), la riappropriazione mafiosa dell’isola continuò inarrestabile, senza che alcuno vi si potesse efficacemente opporre.


[i]Bollettino di Alexander, PO (CAB 106/594).
[ii]OSS War Report, 1946.
[iii]Uno dei principali sostenitori di questa ipotesi è Rodney Campbell che, nell’opera The Luciano Project (New York, 1977), si basa largamente su un’indagine segreta ad alto livello, in precedenza soppressa, condotta nel 1954 dal Commissario investigativo di New York, William B. Herlands.
[iv] D’Este C., 1943, Lo sbarco in Sicilia, Arnoldo Mondadori Editore, 1990, pag. 483-484.
[v]Dunlop R., Donovan: America’s Master Spy, Chicago 1982 e Campbell R., op. cit. (fonti citate da Carlo D’Este, op.cit., pag. 485-486).
[vi]Il coinvolgimento è sempre stato, peraltro, smentito dal Direttore dell’OSS, “Wild Bill” Donovan, che riteneva la mafia «un movimento cospirativo sopranazionale del tutto privo di ogni devozione verso gli Stati Uniti» (Dunlop R., op.cit., pag. 398).

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