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Interferenze di Paesi o “movimenti” simpatizzanti o
neutrali
La struttura geografica ed il “provincialismo” della
Sicilia rendevano l’impiego di agenti dei servizi informativi alleati
praticamente impossibile. Inoltre, come successivamente evidenziato anche dal
Comandante delle Forze Alleate in Italia, Maresciallo Harold Rupert Leofric George Alexander, «la polizia e il sistema di controspionaggio erano talmente validi in
Sicilia che non fummo in grado di ottenere informazioni dirette dall’isola[i]». In
particolare, né il Secret Intelligence
Service (SIS) britannico né l’Office
of Strategic Service (OSS) americano erano riusciti a penetrarvi[ii],
anche a ragione del fatto che gli Italiani non utilizzavano il sistema Enigma
(le cui chiavi erano state scoperte dagli Alleati fin dal luglio 1941), bensì
altre metodologie, nei confronti dei quali le uniche possibilità di
intercettazione era ottenibile tramite la Signal
Intelligence (SIGINT) oppure la lettura della posta inviata ai prigionieri
di guerra in Nord Africa (intercettata e letta dal controspionaggio inglese al
Cairo).
Proprio al fine di ottenere gli elementi informativi
mancanti sulle potenzialità di combattimento delle forze dell’Asse in Sicilia,
gli statunitensi stabilirono, secondo una teoria, peraltro non formalmente
confermata, una scellerata alleanza con la mafia[iii].
Nel merito, il trait d’union sarebbe
stato il boss italo-americano Charles “Lucky” Luciano che, dopo essere stato
arrestato nel 1936 dal procuratore Thomas E. Dewey, era ristretto in carcere
nella città della “Grande Mela”. Nello specifico, i mafiosi italo-americani –
ostili al fascismo, in forza della lotta contro di loro condotta da Mussolini –
sarebbero stati, in un primo momento nel 1942, avvicinati dal servizi segreti
del terzo Distretto della Marina militare USA, per far fronte alla minaccia
degli U-boat nazisti che si erano
spinti fino al baia dell’Hudson e, in un secondo tempo, nel 1943, a premessa
dell’invasione della Sicilia[iv].
Benché il Dipartimento della Marina abbia sempre negato ogni diretto
coinvolgimento, esistono indizi secondo cui “Lucky” Luciano effettivamente
avrebbe aiutato alcuni agenti siculo-americani a contattare importanti membri
della mafia siciliana, per ottenere informazioni e appoggio a sbarco effettuato[v]. Lo
stesso OSS sarebbe stato coinvolto nella creazione di questa rete di contatti
nonché nella liberazione di mafiosi dalle carceri di Mussolini[vi].
Comunque siano andati i fatti, è peraltro indubitabile che l’occupazione
alleata offrì alla mafia, che negli anni del fascismo era stata apparentemente
inattiva, l’occasione per fare un ritorno in grande stile. A partire, infatti,
dalle “infiltrazioni” nella Allied
Military Government of Occupied Territories (AMGOT), la riappropriazione
mafiosa dell’isola continuò inarrestabile, senza che alcuno vi si potesse
efficacemente opporre.
[i]Bollettino
di Alexander, PO (CAB 106/594).
[ii]OSS
War Report, 1946.
[iii]Uno
dei principali sostenitori di questa ipotesi è Rodney Campbell che, nell’opera The Luciano Project (New York, 1977), si
basa largamente su un’indagine segreta ad alto livello, in precedenza
soppressa, condotta nel 1954 dal Commissario investigativo di New York, William
B. Herlands.
[iv] D’Este C., 1943, Lo sbarco in Sicilia, Arnoldo
Mondadori Editore, 1990, pag. 483-484.
[v]Dunlop R., Donovan: America’s Master Spy, Chicago 1982 e Campbell R., op. cit. (fonti citate da Carlo D’Este, op.cit., pag. 485-486).
[vi]Il
coinvolgimento è sempre stato, peraltro, smentito dal Direttore dell’OSS, “Wild
Bill” Donovan, che riteneva la mafia «un movimento cospirativo sopranazionale del tutto privo
di ogni devozione verso gli Stati Uniti» (Dunlop R., op.cit., pag. 398).
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