Master di 1° Livello in Storia Militare Contemporanea 1796 -1960

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Il Corpo Italiano di Liberazione ed Ancona. Il tempo delle oche verdi e del lardo rosso. 1944

Il Corpo Italiano di Liberazione ed Ancona. Il tempo delle oche verdi e del lardo rosso. 1944
Società Editrice Nuova Cultura, Roma 2014, 350 pagine euro 25. Per ordini: ordini@nuovacultora.it. Per informazioni:cervinocause@libero.it oppure cliccare sulla foto

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lunedì 30 settembre 2019

Battaglia di San Pietro Infine 7-21 dicembre 1943


La Campagna d’Italia: l’attacco del II Corpo USA alla stretta di Mignano. 

La 36^ Divisione “Texas”: la Battaglia per la conquista 
di San Pietro Infine 7-21 dicembre 1943



Nell’autunno del 1943, gli alleati disponevano in Italia di due armate, la 5^ americana sotto il comando del Gen. Mark W. Cark e l'8^ britannica sotto il comando del Gen. Montgomery, che fronteggiavano la 10^ Armata tedesca.
Alla fine di ottobre la situazione poteva essere riassunta nel modo seguente: undici divisioni alleate stavano attaccando nove divisioni tedesche in un paese che offriva ai difensori ogni vantaggio, anche alla luce dell’approssimarsi della stagione invernale che avrebbe reso ancor più difficili le operazioni aeree alleate. Inoltre, il nemico aveva ben otto divisioni presenti nella parte settentrionale dell’Italia, pronte a sostituire le stanche divisioni impegnate nella parte meridionale. I comandanti alleati stimavano che il loro compito principale fosse quello di distogliere le divisioni tedesche dal fronte russo e dal settore dell’Europa Occidentale. Gli attacchi degli alleati dovevano dipendere dalla fanteria, dall’artiglieria e dal genio, ma c’era assoluto bisogno di una schiacciante superiorità per annullare i vantaggi difensivi dei tedeschi. Le valutazioni più ottimistiche non assegnavano la parità in campo prima della fine di gennaio ma, nonostante ciò, i comandanti alleati elaborarono una serie di piani offensivi intesi a conquistare Roma per Natale.
Al II Corpo d’Armata statunitense era stato assegnato il compito di lanciare l’offensiva terrestre con lo scopo di sfondare la linea difensiva tedesca posta in posizione avanzata, la “Winter Line”, linea “Bernhard” per i tedeschi. L’area di operazioni seguiva la direttrice di attacco lungo strada n. 6 Casilina che percorreva la stretta di Mignano. Gli avvenimenti bellici portarono alla conquista dell’abitato di S. Pietro Infine, da parte della 36^ Divisione “Texas” comandata dal Generale Fred L. Walker, il 17 dicembre 1943. La conseguente ritirata dei tedeschi verso la linea difensiva Gustav pose le premesse per il raggiungimento della Valle del Liri e quindi per l’apertura della strada per Roma da sud est.
Nelle operazioni offensive terrestri da parte della 36^ Divisione ebbero un ruolo decisivo le condizioni del territorio e l’abilità dei tedeschi a sfruttarle a proprio favore in combattimenti d’arresto di fanteria, supportati da un forte spirito combattivo e dal morale saldo. In corrispondenza della stretta di Mignano, la Casilina percorreva una valle larga poco più di un chilometro tra le quote dominanti dei monti circostanti, con numerose pendici e alture difese dai tedeschi e con l’abitato di S. Pietro Infine posto a nord in posizione dominante. L’utilizzo di carri a sostegno dei combattimenti di fanteria si rivelò impraticabile per la conformazione dell’abitato. Nonostante la superiorità degli alleati in mezzi meccanizzati e corazzati, quasi tutto il peso dei combattimenti fu sopportato dalla fanteria, impegnata in ripetuti e costosi assalti frontali su un terreno che favoriva pesantemente i difensori. Gli insuccessi iniziali indussero i comandanti alleati a cercare linee di attacco meno evidenti. Con la conquista del Monte Lungo e del Monte Sammucro, i tedeschi dovettero ritirarsi per prevenire l’aggiramento, pur avendo difeso S. Pietro Infine con successo, fino a quel momento, impegnando in combattimento gli attaccanti al limite delle loro risorse fisiche e morali. Il Maresciallo Kesselring, comandante in capo della Wermacht sul fronte meridionale, aveva tenacemente insistito sulla possibilità di tenere una linea di difesa a sud di Roma. Dopo avere bloccato gli attacchi della 5^ Armata nel mese di novembre, con la difesa di S. Pietro Infine i tedeschi riuscirono a fermare l’avanzata sulla Winter Line fino a metà gennaio ‘44, oltre ogni previsione, senza concedere agli alleati di sferrare un colpo decisivo che ne determinasse il crollo.
La battaglia di San Pietro Infine costò molto cara: circa centotrenta dei suoi abitanti persero la vita durante i combattimenti, mentre il calcolo delle perdite subite dalla 36^ Divisione “Texas” ammontò a circa mille uomini tra morti, feriti e dispersi. Impossibile ancora oggi stabilire una stima precisa delle perdite tedesche.


venerdì 27 settembre 2019

Battaglia di San Pietro Infine 7-21 dicembre 1943

    I belligeranti e le origini del conflitto


1.  
Fallita definitivamente la campagna africana dell’Asse nel maggio del 1943, tra gli Alleati si registrò un contrasto di opinioni sulle linee operative lungo le quali portar avanti il conflitto.
Il primo ministro britannico, Winston Churchill, era fermamente convinto dell’utilità di aprire al più presto un “secondo fronte”, in Italia, confidando nella rapida capitolazione della resistenza italo-tedesca, che avrebbe portato in breve tempo il fronte sulle Alpi a sud del Reich. La sua idea nasceva dalla convinzione che Hitler non possedesse più le risorse di uomini e materiali necessari per ottenere la mobilità strategica su larga scala. Inoltre l’Italia versava ormai in pessime condizioni, da un punto di vista militare, economico e politico. La popolazione italiana, sottoposta a continui bombardamenti e al razionamento dei generi alimentari, era stremata dalla guerra e aveva perso fiducia in Mussolini. L'esercito aveva subito dure sconfitte in Africa settentrionale e premeva affinché si uscisse al più presto dal conflitto. Tutto questo rese maturo un crollo del regime fascista e l'uscita dell'Italia dalla guerra.
Gli Stati Uniti, di contro, già impegnati duramente sul fronte del Pacifico senza alcun sostegno alleato, temevano di compromettere le operazioni principali impegnandosi in operazioni minori. Il Presidente Franklin Delano Roosevelt, nel corso della conferenza di Casablanca del gennaio 1943, pur mantenendo l'idea di concentrare lo sforzo principale sull'imminente assalto lungo il versante settentrionale delle coste francesi, cedette di fronte all’insistenza britannica. In quella sede, pertanto, furono fissati i due obiettivi fondamentali sulla condotta della guerra con riferimento al Mediterraneo:
-   occupare l’Italia, sbarcando in Sicilia, per rendere più sicure le linee di comunicazione nel Mediterraneo, alleggerire la pressione tedesca sul fronte russo e intensificare la pressione sull’Italia stessa;   
-   creare una situazione in cui la Turchia si sarebbe dovuta comportare da alleata attiva.



Il generale americano Eisenhower, nominato comandante in capo alleato, ricevette chiare istruzioni di liberare dal nemico l’Africa settentrionale e procedere all’operazione “Husky”, cioè l’occupazione della Sicilia. Su tali decisioni, incombeva il peso delle perdite inflitte dai sommergibili tedeschi ai convogli atlantici mentre gli americani nutrivano timori di un possibile stallo in Europa e che le operazioni sul fronte meridionale si potessero trasformare solo in un diversivo che avrebbe determinato un ritardo nella disfatta tedesca. Inoltre le operazioni sul Pacifico richiedevano sempre maggiori contributi umani da parte degli Stati Uniti e le operazioni militari in Europa frenavano, tanto da spingere Churchill a promuovere successivi incontri con il Presidente americano per sollecitare l’inizio delle operazioni nel fronte Mediterraneo.
Così, nel maggio del 1943, durante la terza conferenza di Washington, furono definiti i piani per la campagna d'Italia. La conferenza durò quattordici giorni a riprova che le posizioni non erano per nulla uniformi. Il generale  americano King spingeva affinché il Pacifico fosse considerato il teatro principale delle operazioni, sul quale far confluire le maggiori risorse. A tale scopo, il Presidente Roosevelt ambiva a un’uscita dal conflitto dell’Italia senza, per questo, impegnare eserciti numerosi nel Paese. Churchill, invece, riteneva che bisognasse tenere occupati gli eserciti dell’Asse sul fronte italiano, sia per arrivare a estromettere l’Italia dalla guerra, sia per alleggerire il fronte orientale a vantaggio dei russi e spostare il confronto sui Balcani sfruttando l’appoggio turco[i].
Tuttavia l'iniziale diversità di vedute riemerse costantemente nel corso delle operazioni militari, tanto da condizionare negativamente le vicende successive. Nel corso della campagna d'Italia s’instaurò spesso uno spirito di competizione e di diffidenza più che di cooperazione tra i contingenti delle diverse nazionalità alleate. Con il passare dei mesi, la previsione di una facile avanzata nella penisola si dimostrò un grave errore e negli americani si rinforzò l’impressione di essere stati trascinati, controvoglia, a combattere in un teatro poco importante e svantaggioso.
Nel frattempo, Hitler assisteva alla definitiva caduta delle posizioni in Africa mentre crescevano i timori che gli Alleati potessero violare i confini meridionali dell’Europa. In prima analisi riteneva, insieme all’ammiraglio Raeder, che la minaccia potesse manifestarsi nei Balcani o in Grecia, mentre l’ammiraglio Dönitz e il feldmaresciallo Kesselring ipotizzavano che l’attacco alleato fosse pianificato in Spagna. Tuttavia, proprio quest’ultima ipotesi cedette subito alla reale situazione strategica tenuto conto che la neutralità della Spagna del generale Franco non permetteva alcuna operazione nella penisola iberica. Le sorti del conflitto, peraltro, ponevano i tedeschi a focalizzare la loro attenzione, maggiormente, laddove insistevano i loro interessi vitali, il sud dell’Europa, da cui gli provenivano le materie prime essenziali per l’economia bellica. Rifornimenti di grano, legname, petrolio e minerali provenienti da quell’area rendevano sempre più probabile un attacco alleato nei Balcani o in Grecia.
Ma, come anticipato, il “secondo fronte” fu pianificato in Italia e in particolare in Sicilia. I comandanti dell’Asse potevano sperare di opporsi allo sbarco impiegando solo truppe di terra, tenuto conto della difficile situazione che, nel frattempo, si stava delineando sul versante aereo e navale. A metà giugno il feldmaresciallo Kesselring era il comandante in capo tedesco del teatro di operazioni meridionale. Egli era convinto che gli alleati avrebbero limitato i loro obiettivi al raggio effettivo dei caccia con base a terra e che avrebbero colpito la Sicilia, in funzione di una successiva avanzata lungo la penisola italiana per giungere nei Balcani. Proprio per questo in Sicilia furono schierati forti contingenti contraerei unitamente a due divisioni.    
Lo sbarco alleato in Sicilia si concluse favorevolmente per gli Alleati, tanto che il 3 settembre 1943 si prepararono alla conquista del resto dell'Italia. Due divisioni dell'8° Armata britannica attraversarono la punta sud dell'Italia dove la resistenza tedesca fu minima mentre il 9 settembre 1943, la 5° Armata composta da 3 divisioni statunitensi e 3 divisioni britanniche, lanciò un attacco anfibio sulla costa occidentale dell'Italia, nel Golfo di Salerno, 30 miglia a sud di Napoli.
I tedeschi circondarono gli alleati per quasi una settimana ma gli americani inviarono la forza aerea che insieme ai cannoni di grosso calibro della marina britannica riuscirono ad allentare la stretta.
Il 1° ottobre 1943, la 5^ Armata marciava vittoriosa su Napoli, punto strategico molto importante perché dotata di un porto perfetto per lo sbarco di uomini e merci. Gli alleati prevedevano di arrivare a Roma entro la fine di dicembre.
Ma i tedeschi mobilitarono tutte le forze in Italia pronte a contrattaccare ogni tentativo di sfondamento degli alleati. Quando gli alleati invasero l'Italia, Hitler pensò in un primo momento di spostare tutte le forze tedesche dal sud al nord dell’Italia. Ma Kesserling lo convinse a lasciarlo arretrare lentamente. Hitler si era preparato per tempo all’occupazione dei passi alpini, all’invasione d’Italia. L’Operazione Alarico si concluse rapidamente: 700.000 militari italiani finirono prigionieri in Germania, mentre le truppe tedesche presidiavano l’intera penisola e al Sud, guidate dal feldmaresciallo Albert Kesselring, contrattaccarono duramente gli americani a Salerno e gli inglesi nelle Puglie. A fatica gli Alleati sarebbero riusciti solo prima dell’inverno a superare a nord Napoli e Foggia arrivando fino alla linea Gustav, coincidente con il fiume Garigliano sino a Cassino e con il fiume Rapido sul versante adriatico.




[i]   Churchill, Second World War, vol. IV: il comandante in capo alleato nell’Africa settentrionale, avrebbe ricevuto istruzioni urgenti di studiare quali operazioni, all’indomani di Husky, fossero meglio atte ad eliminare l’Italia dalla guerra ed impegnare il massimo numero di forze tedesche”.    

mercoledì 25 settembre 2019

Battaglia di San Pietro infine 7 -21 dicembre 1944 La Situazione Generale


Le dottrine operative


Come sopra evidenziato, il 1943 fu caratterizzato da una serie di importanti e delicate conferenze interalleate, la prima delle quali si tenne a Casablanca, tra Churchill e Roosevelt, e fece emergere la questione del “secondo fronte” che dominò i rapporti tra gli alleati fino alla conclusione del conflitto. Gli americani, infatti, erano favorevoli a concentrare lo sforzo militare in uno sbarco sulle coste della Francia per aprire un nuovo fronte contro la Germania. Churchill credeva fosse meglio uno sbarco nei Balcani, in modo tale da impedire che le truppe sovietiche si impadronissero di quell’area.
Nel maggio 1943, durante la conferenza “Trident”, fu deciso lo “sbarco in Italia”, considerato come un fronte di secondaria importanza rispetto a quello francese o dei Balcani, una soluzione di compromesso imposta dalle circostanze, ma che non corrispondeva a uguali visioni strategico-politiche degli USA, dell’Inghilterra e dell’URSS. Infatti, sebbene i britannici avessero accettato il criterio americano di considerare l’operazione “Overlord”[i] come la più importante del 1944, con il passar del tempo emersero, da parte americana, alcuni sospetti accusando gli stessi inglesi di interessarsi molto alla situazione del Mediterraneo.
La terza importante conferenza alleata fu la “Quadrant”, in cui gli inglesi evidenziarono l’importanza di tre condizioni[ii] da soddisfare prima di iniziare l’operazione “Overlord”:
-  era necessario ridurre drasticamente la forza degli aerei da caccia tedeschi;
-  i tedeschi non dovevano essere presenti in Francia e Paesi Bassi con più di dodici divisioni mobili;
-  bisognava risolvere il problema dei rifornimenti su spiagge in presenza di maree.
Le prime due condizioni potevano essere conseguite solo attraverso l’approntamento di operazioni nel Mediterraneo.
Gli americani, a loro volta, pur non condividendo quanto evidenziato dai britannici, acconsentirono a ridurre in una certa misura il grado di priorità assegnato a “Overlord”.
Dopo la conferenza “Quadrant”, Eisenhower ricevette tre compiti per le forze alleate:
-  eliminare l’Italia dal conflitto;
-  occupare la Sardegna e la Corsica;
-  mantenere una pressione ininterrotta sui tedeschi per creare le condizioni richieste da “Overlord” e attuare un’eventuale penetrazione delle forze alleate nella Francia meridionale.
Il 21 settembre 1943 fu emanata la prima direttiva per lo sviluppo della campagna d’Italia, a opera del generale Alexander, capo del corpo di spedizione alleato, che prevedeva quattro fasi molto vaste[iii]:
-  il consolidamento della breccia da Salerno a Bari;
-  la conquista del porto di Napoli e degli aeroporti di Foggia;
-  la conquista di Roma, dei suoi aeroporti e del nodo stradale e ferroviario di Terni;
-  l’occupazione del porto di Livorno e dei centri di comunicazione di Firenze ed Arezzo.
Alla fine di ottobre la situazione poteva essere riassunta nel modo seguente: undici divisioni alleate stavano attaccando nove



[i]   Nome in codice dell’operazione “sbarco in Normandia”.
[ii] W. G. F. Jackson, La battaglia d’Italia, Baldini & Castaldi – Milano, pag 152.
[iii] W. G. F. Jackson, La battaglia d’Italia, Baldini & Castaldi – Milano, pag 154.

domenica 22 settembre 2019

Battaglia di San Pietro infine 7 -21 dicembre 1944 Comandanti. Alleati


Alleati
Mark W. Clark[i]  – Generale, Comandante della 5^ Armata americana
Mark W. Clark fu il comandante della 5^ Armata americana e uno dei più discussi generali della Campagna d'Italia. Nato a Madison Barracks - New York, il 1° maggio 1896, figlio di un colonnello dell'esercito americano. Frequentò l'accademia di West Point dalla quale uscì nel 1917. Dal giugno 1918, col grado temporaneo di capitano nell'11° reggimento di fanteria, combatté in Francia nel settore dei Vosgi.
Promosso maggiore nell'agosto 1933, fu ammesso alla scuola di guerra di Fort Leavenworth, ma, nonostante ciò, divenne tenente colonnello solo nel 1940. Nell'aprile 1942 fu promosso maggior generale e, un mese dopo, Capo di stato maggiore delle forze terrestri dell'esercito. Dal luglio 1942, Clark ebbe il comando delle truppe americane in Europa, con sede in Inghilterra.
Nel novembre 1942, nominato da Eisenhower, sbarcò sulle coste algerine con il compito di preparare l'operazione "Torch" in qualità di vice delle forze alleate in Nord Africa. Clark ebbe per la prima volta il comando di un'armata nel gennaio 1943; questa fu appunto la 5^Armata americana, con la quale sbarcò in Sicilia il 10 luglio 1943 (operazione "Husky") e a Salerno il 9 settembre 1943 (operazione "Avalanche") dove mostrò una certa modestia mostrando debolezza sul piano caratteriale in occasione del contrattacco tedesco.
Aveva alle sue dipendenze il:
 Generale Keyes, Comandante del II Corpo d’Armata U.S.A.
Nato a Fort Bayard, New Mexico, il 30 ottobre 1888, laureato all’Accademia Militare nel 1923, fu nominato tenente di Cavalleria.
Dopo la Scuola di Stato Maggiore nel 1926, e la frequenza dell’Ecole Superieure de Guerre nel 1933, servì come capo del Dipartimento di tattica, alla Scuola di Cavalleria, per frequentare l'Army War College nel 1937.
Dal 1938 al 1939 ricoprì il ruolo di Executive Officer del 13 ° Cavalleria a Fort Knox e, dal 1939 al 1940, prestò servizio nella Supply Division del War Department Staff , in qualità di Capo della Branca di Rifornimento e Trasporto.
Divenuto Capo di stato maggiore della II Divisione corazzata a Fort Benning nel 1940 fu nominato, nel 1942, Comandante Generale della 3^ Divisione corazzata del Combat Command, a Camp Polk.
Da giugno a settembre 1942 comandò la 9^ Divisione corazzata a Fort Riley prima di andare a Nord Africa per diventare il vice Comandante Generale del I Corpo d’Armata corazzato.
Dal 1943 al 1945 ricoprì il ruolo di Comandante Generale, del II Corpo d’Armata in Sicilia, Italia e Austria. Nel mese di aprile 1945 fu promosso Tenente Generale.
Comandante della 7^ Armata dal 1945 al 1946 e della 3^ Armata dal 1946 al 1947, il generale americano Keyes fu nominato Alto Commissario per le forze alleate del Consiglio per l'Austria.
Ritiratosi dal servizio attivo nel 1954, morì 17 settembre 1967.
Aveva alle proprie dipendenze il:
Generale Fred L. Walker, Comandante della 36^ Divisione U.S.A. di fanteria “Texas”
Il Generale Fred L. Walker, mite ed educato, trasformò la 36^ Divisione in una sopraffina unità da combattimento che guidò nella Campagna d’Italia da Salerno a Piombino.
Laureato in ingegneria presso l’Ohio State University, tenente nelle forze regolari nel 1911, prestò servizio con il Generale Pershing in Messico, fu ferito durante la 1^ Guerra Mondiale, operando con la 3^ Divisione lungo la Marna ove, in qualità di comandante di battaglione, respinse un attacco tedesco, venendo per questo insignito della Distinguished Service Cross.
A Cassino ebbe l'ingrato compito di condurre un attacco attraverso il fiume Rapido nella notte del 20 gennaio 1944 contro difese di cui non conosceva né l'esatta dislocazione, né l'effettiva forza. Il suo scetticismo circa l'azione che si apprestava a compiere era tale che in lui balenò l'idea di farsi rilevare dal comando dell'unità. Alla fine tuttavia le "ragioni militari" lo costrinsero ad ubbidire all'ordine ricevuto. La sua divisione sferrò l'attacco pianificato con risultati disastrosi: le difese tedesche si dimostrarono troppo forti e la 36ª perse in una sola azione sul Rapido 1800 uomini.
Il Generale Walker ideò l’avanzata di Velletri portando i “Texans” verso Roma. Successivamente fu designato Comandante della Scuola di Fanteria a Fort Benning, Georgia, e divenne Direttore della Guardia Nazionale del Texas.
Dopo la guerra, Walker fu il fautore di una denuncia per incompetenza contro il generale Clark, comandante della 5^ Armata, che aveva voluto a tutti i costi l'attacco sul Rapido.
Alle proprie dipendenze era posto il Primo Raggruppamento Motorizzato Italiano, Comandato dal Generale Vincenzo Cesare Dapino, nonché:
-   la 3^ Divisione di fanteria comandata dal gen. Lucian K. Truscott dal 3 marzo del 1943 e da questi addestrata secondo le tecniche dei Ranger;
-   la 1^ Divisione corazzata U.S.A.;
-   la 1^ Special Force U.S.A..

giovedì 19 settembre 2019

Battaglia di San Pietro infine 7 -21 dicembre 1944 Comandanti. Italiani


Generale Vincenzo Cesare Dapino, Comandante il Primo Raggruppamento Motorizzato
Il Raggruppamento[i], costituito già venti giorni dopo l’8 settembre 1943, passò alle dipendenze della 5^ Armata Americana il 31 ottobre, con il “tacito benestare” del Supremo Comando Italiano[ii], rimanendo sotto la responsabilità del LI Corpo d’Armata Italiano. Dopo un’esercitazione congiunta con gli Alleati, il Primo Raggruppamento transitò alle dipendenze del II Corpo d’Armata il 13 novembre 1943.
Il 3 dicembre, facendo seguito alla comunicazione del Gen. Keyes di impiegare il Primo Raggruppamento in operazioni, il Capo di S.M. del II Corpo Americano comunicò l’aggregazione del Primo Raggruppamento alla 36^ Divisione Texas. A seguito del fallimento dell’operazione su Monte Lungo, il Gen. Dapino inviò, il 10 dicembre, una lettera al Comando della 36^ Divisione e, per conoscenza, del II Corpo USA, tracciando quegli elementi che saranno poi attuati nel secondo tentativo del 16 dicembre[iii].  In tale situazione, il Gen. Dapino ritenne opportuna l’occupazione di San Pietro Infine, “allo scopo di evitare, come avvenne il giorno 8, che l’azione si risolva in un attacco isolato”.



[i]   Cfr. Centro Studi e Ricerche Storiche sulla Guerra di Liberazione – “Dalle Mainarde al Metauro. Il Corpo Italiano di Liberazione (C.I.L.) – 1944” – Atti del Convegno di Studi, Corinaldo, 22-23-24 giugno 1994 – pag. 50, testimonianza di Enzo Campanella (Generale degli Alpini, ha partecipato alle operazioni di guerra, pluridecorato).
[ii]  Cfr. Centro Studi e Ricerche Storiche sulla Guerra di Liberazione – “La Riscossa dell’Esercito. Il Primo raggruppamento Motorizzato Monte Lungo”  – Atti del Convegno di Studi, Cassino, 6-7 dicembre 1993 – pag. 217, di Enrico Boscardi (Generale di Cavalleria, Direttore del Centro Studi e Ricerche Storiche sulla Guerra di Liberazione).
[iii] Cfr. Centro Studi e Ricerche Storiche sulla Guerra di Liberazione – “La Riscossa dell’Esercito. Il Primo raggruppamento Motorizzato Monte Lungo”  – Atti del Convegno di Studi, Cassino, 6-7 dicembre 1993 – pag. 225,  di Enrico Boscardi (Generale di Cavalleria, Direttore del Centro Studi e Ricerche Storiche sulla Guerra di Liberazione).

lunedì 16 settembre 2019

Battaglia di San Pietro infine 7 -21 dicembre 1944 Comandanti Tedeschi


Tedeschi
(a)     Maresciallo Albert Kesselring, Comandante del gruppo di armate C, poi, Comandante in capo sud-ovest, nominato da Hitler (21 novembre 1943)
Albert Kesselring[i] - Generalfeldmarschall der Luftwaffe fu Comandante in capo della Wehrmacht sul fronte meridionale. Nato nella Bassa Franconia il 20 novembre 1885, si arruolò il 1904 nel 3° Reggimento artiglieria a piedi bavarese, di stanza a Metz, con il grado di sottotenente. Nel 1907 conseguì il grado di tenente. Divenne uno specialista in rilevamenti topografici e nel rilevamento delle artiglierie nemiche. Durante la prima guerra mondiale ebbe diversi incarichi di staff presso lo stato maggiore generale.
Nel 1919 entrò a far parte della Reichswehr come Comandante del III Corpo d'armata Bavarese (Norimberga). Il 1° ottobre 1922 fu trasferito al Heeresleitung (alto comando dell'esercito) a Berlino, e nel 1930, con il grado di colonnello, ebbe il comando del 4° Reggimento artiglieria (Dresda).
Dall'ottobre 1933, divenne Verwaltungschef (direttore) della nuova Luftfahrtkommissariat (commissione dell'aviazione). Dal giugno 1936 divenne capo di stato maggiore e direttore di tutte le attività di addestramento del personale dell'aviazione. Kesselring organizzò anche le truppe contraeree e quelle delle trasmissioni. Nel giugno del 1937 con il grado di General der Flieger (generale d'aviazione) ebbe il comando della III Luftkreis (Dresda). Divenne comandante della 1ª Luftflotte (flotta aerea) nell'ottobre del 1938; nel settembre 1939 la 1ª Luftflotte fu assegnata al Gruppo d'armata nord che avrà un ruolo importante nell'invasione della Polonia.
Nel gennaio 1940 assunse il comando della 2ª Luftflotte operante sul fronte occidentale; il 19 luglio dello stesso anno fu promosso Generalfeldmarschall. Dopo la disfatta subita nella Battaglia d'Inghilterra (estate 1940), dal dicembre 1941 divenne comandante in capo delle forze aeree tedesche nel Mediterraneo e in Africa settentrionale.
Dal 1943 fu designato quale comandante in capo della Wehrmacht sul fronte meridionale.
(b)    Heinrich Gottfried von Vietinghoff[ii]  - Generale, Comandante della X Armata tedesca
Considerato uno dei migliori ufficiali dell’esercito, comandante della 10ª Armata tedesca, Vietinghoff fu un colto, abile e malleabile mediatore tra le truppe e l'alto comando. Nacque a Magonza il 6 dicembre 1887 e dal 1898 divenne cadetto. Il 6 marzo 1906 all'età di sedici anni, divenne sottotenente nell'esercito prussiano e, un anno dopo, il 27 gennaio 1907 tenente nel 2° Reggimento granatieri della guardia. Dopo lo scoppio della prima guerra mondiale fu promosso Truppeoffizier e, nel 1915, capitano presso lo stato maggiore generale del comando dell'esercito. Nel 1919 entrò nella Reichswehr e nel 1921 divenne comandante di compagnia nel 9° Reggimento fanteria. Il 1° marzo 1926 fu promosso maggiore e assegnato allo stato maggiore della 2ª divisione di fanteria (Stettino). Nel 1929 fu trasferito al Ministero della difesa. Il 1° febbraio 1931, col grado di tenente colonnello, ebbe il comando del 1° Battaglione del 14° Reggimento fanteria.
Il 1° aprile 1933 fu promosso colonnello e dal febbraio 1934 Vietinghoff fu posto a capo della Abteilung Landsverteidigung (forza di difesa civile). Il 1° aprile 1936 fu promosso maggior generale e, due anni dopo, assunse il comando della 5ª Divisione Panzer, di nuova formazione, che guidò nella campagna di Polonia dal settembre 1939. Dal 21 ottobre 1939 divenne comandante del XIII Corpo d'armata Panzer e, in temporanea sostituzione del colonnello generale Model, comandò la 9ª Armata.
Dal 15 dicembre 1942 ebbe il comando della 15ª Armata e il 15 agosto 1943 assunse quello della 10ª Armata in S

Frido von Senger und Etterlin[iii]  - Generale, Comandante del XIV Corpo d’Armata Panzer
Generale di grande professionalità e notevole carica umana, comandante del XIV Corpo d'armata Panzer, i cui uomini ebbero il compito di difendere la Linea Gustav nel settore di Cassino, era nato a Waldshut il 4 settembre 1891. All'età di 19 anni, il 10 ottobre 1910 si arruolò come volontario nel 5°/76° Reggimento artiglieriaJohn College di Oxford. Nel 1914 era tenente della riserva, il 27 giugno 1917 passò nel servizio attivo. Alla fine della prima guerra mondiale entrò nella Reichswehr come comandante di squadrone nel 18° Reggimento cavalleria (Bad Cannstatt). Il 1° gennaio 1927 fu promosso Rittmeister (capitano di cavalleria); il 1° agosto 1936, tenente colonnello; il 10 novembre 1938 comandante del 3° Reggimento cavalleria e il 1° marzo 1939 fu promosso colonnello. Dal novembre 1939 ebbe il comando del 22° Reggimento cavalleria e dal 22 febbraio 1940 quello della 2ª Brigata di cavalleria.Nella campagna in occidente von Senger guidò la Schnelle Brigade von Senger e dal luglio 1940 al luglio 1942 fu capo della delegazione tedesca presso la Commissione d'armistizio italo-francese (Torino). Il 1° settembre 1941 fu promosso maggior generale e dal 10 ottobre 1942 ebbe il comando della 10ª Divisione Panzer impegnata sul fronte orientale. Il 1° maggio 1943 fu promosso tenente generale. Dal giugno 1943 comandò le truppe tedesche in Sicilia e, dall'agosto 1943, assunse il comando di quelle dislocate in Sardegna e in Corsica facendosi molto apprezzare dai propri superiori poiché ebbe successo per la riuscita dell'evacuazione delle proprie truppe da tutte e tre le isole. Dall'8 ottobre 1943 assunse il comando del XIV Corpo d'armata Panzer e il 1° gennaio 1944 fu promosso Panzer General.I ben noti[i] sentimenti antinazisti di questo generale anglofilo - era anche membro laico dell'ordine benedettino - portarono a disconoscere il suo apporto alla difesa di Cassino. La propaganda nazista lo citò raramente. Uomo di cultura e profondo conoscitore dell’Italia, verso la quale provava un sentimento di attrazione, dopo la guerra passò due anni di prigionia nel Galles, divenendo poi preside della scuola di Spestgart. Mori nel 1963.



[i]in questa circostanza (armistizio dell’8 settembre, ndr) aveva disubbidito all’ordine di Hitler di fucilare quegli Ufficiali italiani che avevano cercato di ritardare con le armi l’evacuazione delle truppe tedesche”. Fabrizio Carloni, San Pietro Infine, 8-17 dicembre 1943: la battaglia prima di cassino, Mursia, Milano 2003, Capitolo Secondo pag 25-26.




[ii] Fonte web in http://www.dalvolturnoacassino.it/asp/n_biog_default.asp?url=/doc/biog_Vietinghoff.asp

venerdì 13 settembre 2019

Battaglia di San Pietro infine 7 -21 dicembre 1944


Le forze e i mezzi
Prima di approfondire più analiticamente la composizione delle unità coinvolte è utile evidenziare alcune caratteristiche generali[i] delle Forze e dei mezzi dell’epoca, sia degli alleati sia della controparte.
Le divisioni americane di fanteria erano articolate su tre reggimenti che, a loro volta, erano composti di tre battaglioni includendo una compagnia armi pesanti dotata di pezzi anticarro e mitragliatrici pesanti, idonei per il fuoco contraereo. Una divisione di allora contava circa 14.000 uomini e 2.100 veicoli, dotate di tre batterie di medi calibri (12 obici da 155 mm.) e di tre Reggimenti di artiglieria leggera (54 obici da 105 mm.). Il supporto era garantito normalmente da un’unità di ricognizione, un battaglione del genio e una compagnia comunicazioni. Inoltre, una caratteristica di rilievo era che la divisione non aveva  distaccamenti di sussistenza in organico. Infine, all’interno dei comandi di reggimento vi erano unità dell’artiglieria.
Gli americani assegnavano singoli battaglioni carri alle proprie divisioni di fanteria e in base alle richieste che quest’ultime avanzavano. Fra le diverse tipologie vi era la divisione aviotrasportata che, tuttavia, non fu impiegata nell’evento esaminato per ragioni di “copertura” del cielo (ceiling).
In linea generale, le divisioni tedesche potevano essere di tre categorie:
-       di fanteria (denominate Grenadieren),
-       mobili (dette Panzer Grenadieren);
-       corazzate (dette Panzer).
All’interno di ciascuna divisione vi erano, normalmente, degli appartenenti alle SS selezionati per “purezza” politica e di razza.
Sulla Winter Line vi erano divisioni di fanteria e di granatieri corazzati e sulla Gustav Line paracadutisti e truppe alpine. La divisione di fanteria era l’unità principale ed era formata da tre reggimenti granatieri. Ogni reggimento, a sua volta, era costituito con tre battaglioni e diverse unità ausiliarie (ricognizione, pionieri, trasmissioni, controcarro). Alcuni reggimenti erano dotati di reparti Cacciatori che agivano come fanteria leggera. La grande Unità poteva disporre anche di un reggimento artiglieria ippotrainata (con pezzi da 105 e 150 mm.). Da rilevare che con i reparti ausiliari, complessivamente, le divisioni annoveravano circa 12.500 uomini, contando tra le loro fila anche reduci ex-prigionieri dei paesi dell’est europeo[ii].
Le divisioni Panzer Grenadieren erano costituite da due reggimenti motorizzati da un’unità di ricognizione corazzata (battaglione carri), da cannoni d’assalto, da un reggimento di artiglieria e da un reggimento anticarro. Complessivamente (con le unità di comunicazione e genio) la divisione assommava a circa 14.000 uomini e 3.500 veicoli (4.000 per le divisioni Panzer che avevano il carro armato come arma principale). Le divisioni paracadutisti, infine, erano considerate l’élite dell’esercito tedesco e non disponevano normalmente di carri propri.
Quindi, sia le divisioni tedesche che quelle alleate, erano formate da tre reggimenti, ciascuno dei quali comprendeva tre battaglioni di fanteria. Il discrimine era il modo in cui era dato il supporto da parte delle unità corazzate e il relativo grado di meccanizzazione. Le divisioni tedesche di fanteria (ad eccezione di quelle Panzer Grenadieren e Panzer) trainavano con i cavalli (che in tutto, tra ruolini e da sella, erano circa 4.000) sia i cannoni sia i veicoli, mentre, i reparti americani erano poco someggiati e quindi inferiori su terreni montuosi. In particolare, tra le divisioni di fanteria tedesche e quelle alleate una diversità risiedeva nei pezzi di artiglieria aggiuntivi di cui i primi potevano disporre: sei pezzi di accompagnamento da 75 mm. e due da 150 mm, più tre cannoni anticarro mobili da 75 mm.. Inoltre, i tedeschi disponevano, all’interno del battaglione di fanteria, di una compagnia d’appoggio pesante dotata di mitragliatrici[iii] che conferiva una maggiore flessibilità alle proprie truppe (potendo contare, anche, sul trasporto a mezzo bicicletta, le quali assommavano, mediamente, a circa 700 per divisione). In sostanza, ad alcuni comandanti erano assegnati dei gruppi di combattimento che, modularmente e in funzione dello scenario, avevano  unità di fanteria, artiglieria e corazzate.
Le armi leggere utilizzate dalla fanteria erano simili in termini di calibro e di capacità tra tedeschi e alleati. Gli americani disponevano di mortai con calibri leggermente superiori rispetto ai tedeschi (60 mm. contro 50 mm.). Uno degli elementi distintivi, a vantaggio degli alleati, era il bazooka americano usato come arma anticarro, non posseduto da tedeschi che invece usavano un fucilone anticarro o un lanciagranate senza rinculo.
Occorre evidenziare che, sebbene vi fosse nella zona d’interesse uno sbilanciamento numerico a favore degli alleati, lo stesso Alexander avvertì che vi era anche una capacità superiore da parte dei tedeschi di saper meglio sfruttare la stagione invernale, di mettere a frutto la propria superiore capacità a operare in zone montagnose nonché di saper più adeguatamente realizzare il complesso della capacità difensiva.



[i] Estratte dall’Appendice B del .A. Shepperd, La Campagna d’Italia 1943-45, Edizione febbraio 1970, Garzanti.
[ii] Fabrizio Carloni, San Pietro Infine, 8-17 dicembre 1943: la battaglia prima di cassino, Mursia, Milano 2003, Capitolo 2.
[iii] G.A. Shepperd, La Campagna d’Italia 1943-45, Edizione febbraio 1970, Garzanti, Appendice B pag. 481.

martedì 10 settembre 2019

Battaglia di San Pietro infine 7 -21 dicembre 1944


Le Forze Alleate
(a)      La Quinta Armata (U.S.)[i]
Posta alle dipendenze del Ten. Gen. Mark W. Clark, approdò il 9 settembre 1943 a Salerno. A partire dal 18 novembre era costituita da tre Corpi:
­ il 10° Corpo Britannico comandato dal Gen. inglese R. Mc. Creery, con la 46^ e 56^ Divisione che controllava le alture ad est della valle del Garigliano per circa 15 miglia in profondità a partire dalla linea di costa e che, inoltre, toccava il bordo est di monte Camino;
­ il 11° Corpo U.S.A. appena a sud di Mignano;
­ il 6° Corpo U.S.A., del Gen John P. Lucas, che gestiva un settore su 24 km. di fronte montagnoso sino a Castel San Vincenzo e che aveva alle proprie dipendenze la 45^ Divisione e la 34^ Divisione (quest’ultima fino al 24 dicembre 1943). La 2^ divisione marocchina (unità francese del Gen. Juin) sostituì la 34^ tra il 9 e il 13 dicembre.

(b)     Il II Corpo U.S.A
Comandato dal Ten. Gen. Goffrey S. Keys, era composto dalla 3^ e dalla 36^ Divisione, manteneva un fronte di 5 miglia attraverso il “corridoio” tracciato dalla strada n. 6 in direzione di Cassino. A partire dai pendii più bassi di Monte Camino, le posizioni assunte dal Corpo lambivano le pendici di Monte Lungo nonché attraversavano la strada n. 6 fino a includere Monte Rotondo. Facevano parte del II Corpo anche la 1^ Divisione corazzata statunitense anche se in posizione di riserva d’armata, il 1° Special Service Force FSSF e la 34^ Divisione (quest’ultima a partire dal 24 dicembre 1943).

(c)     La 36^ Divisione “Texas” (U.S.A.)
Costituita nel 1917 con elementi della guardia nazionale dell’Oklahoma e del Texas e comandata dal Maj. Gen. Fred L. Walker era composta di tre reggimenti di fanteria (ciascuno costituito da 3 battaglioni) e dalle Unità di artiglieria media e leggera oltre che un Battaglione del genio e da Unità ausiliarie di comunicazione e ricognizione.
La struttura della Divisione[ii] era in linea con quella delle altre Divisioni statunitensi ovvero composta dai seguenti reggimenti:
­ 141° Reggimento;
­ 142° Reggimento;
­ 143° Reggimento.
Inoltre, organiche alla 36^ Divisione, erano le seguenti unità di supporto:
­ tre batterie (131^, 132^ e 133^) di artiglieria leggera;
­ il 155° btg. artiglieria media;
­ il 111° btg. genio;
­ due battaglioni carri e uno caccia carri.
Sbarcata a Salerno il 9 settembre del 1943, sostenne i primi scontri con i tedeschi ottenendo risultati positivi, se si eccettua un battaglione che fu catturato senza quasi combattere. A gennaio del 1944 subì una sconfitta pesante sul fiume Rapido a cavallo della linea Gustav, motivo per cui dovette sostenere in patria pesanti accuse, mai placate, dopo la fine della guerra.



[i] Si veda in proposito la struttura ordinativa dell’Armata in Allegato.
[ii] G.A. Shepperd, La Campagna d’Italia 1943-45, Edizione febbraio 1970, Garzanti, Appendice B pag. 479.