Master di 1° Livello in Storia Militare Contemporanea 1796 -1960

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Il Corpo Italiano di Liberazione ed Ancona. Il tempo delle oche verdi e del lardo rosso. 1944

Il Corpo Italiano di Liberazione ed Ancona. Il tempo delle oche verdi e del lardo rosso. 1944
Società Editrice Nuova Cultura, Roma 2014, 350 pagine euro 25. Per ordini: ordini@nuovacultora.it. Per informazioni:cervinocause@libero.it oppure cliccare sulla foto

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mercoledì 29 gennaio 2020

La Campagna di Sicilia. La battaglia del Ponte di Primo Sole. Avvenimenti 2


(1)    Economico-finanziari
Prima della campagna di Sicilia, sia in Italia che negli USA e Gran Bretagna l’adozione di misure economiche interne ( restrizioni annonarie, inasprimenti fiscali, riduzione di spese e consumi, ricorso a prestiti forzosi ) erano già le stesse  in vigore dall’inizio delle ostilità.
Trattati economici e richieste di aiuti economici a Potenze estere erano quelli esistenti all’interno delle alleanze contrapposte. La trasformazione dell’industria di pace in quella di guerra era stata iniziata già da anni prima dell’entrata in Sicilia in tutte le nazioni interessate.
(2)    Di carattere militare
(a)    Alleati
Secondo gli ordini del Gen. Eisenhower, il complesso dell’operazione per l’invasione della Sicilia doveva svilupparsi in cinque fasi:
-        azioni preparatorie della Marina e dell’Aeronautica per neutralizzare l’azione navale dell’avversario ed acquistare la supremazia aerea;
-        attacco dal mare, appoggiato da aviosbarchi, allo scopo di impadronirsi degli aeroporti e dei porti di Siracusa e Licata;
-        costituzione di una salda base dalla quale condurre le operazioni per la conquista dei porti di Augusta e Catania e degli aeroporti della piana di Catania;
-        conquista dei porti ed aeroporti;
-        occupazione dell’intera isola.
Il piano operativo era quello di un attacco semplice e simultaneo. L’8^ Armata britannica sarebbe sbarcata fra Cassibile e la penisola di Pachino e la 7^ Armata americana tra il golfo di Gela e Licata[i]. L’attacco alla Sicilia doveva essere preceduto dalla conquista di Pantelleria, allo scopo di impadronirsi dell’aeroporto, ritenuto necessario per assicurare l’appoggio aereo durante lo sbarco stesso, malgrado la limitata autonomia degli aereoplani utilizzati: Spitfires. Poiché le coste di Pantelleria non erano favorevoli per uno sbarco, fu organizzato un “attacco esplosivo”[ii], cioè consistente nel concentramento di un volume di fuoco tale da consentire alle truppe alleate di scendere a terra anche non possedendo il vantaggio della sorpresa.
Dall’11 giugno al 10 luglio 1943, il target primario per le forze alleate era il sistema di basi aeree dell’Asse stanziate in Sicilia e in Sardegna. Nei precedenti tre mesi il numero di basi disponibili per le forze italo-tedesche era aumentato da 19 a oltre 30 nella sola Sicilia, e ciò aveva permesso di posizionare circa 600 aerei da combattimento. L’attacco aereo alleato a queste basi iniziò il 12 giugno. Le basi aeree siciliane furono sottoposte a ripetuti attacchi fino al 30 giugno. Gli alleati attaccarono anche le basi in Sardegna a partire dal 28 giugno. Questi attacchi non furono contrastati sufficientemente dal nemico, che perse un buon numero di velivoli al suolo, trasferendo i rimanenti assetti nelle basi a est della Sicilia. Durante l’ultima settimana prima dell’invasione l’attenzione delle forze aeree alleate si era spostata allo stesso modo anche su queste basi. Il risultato fu che per il 10 luglio, il nemico non aveva virtualmente basi aeree operative sull’isola, anzi la maggior parte di esse erano state rese completamente inutilizzabili.
Nel frattempo, le forze aeree alleate avevano iniziato ad attaccare anche i centri di comunicazione a Napoli, Messina e nei porti della Sardegna di Olbia e Golfo Aranci. Gli alleati colpirono Napoli e le sue vicine linee ferroviarie quattro volte nel mese di giugno. I porti di Sardegna vennero sottoposti a un gran numero di attacchi aerei durante lo stesso periodo. Messina fu particolarmente colpita. Durante le settimane immediatamente precedenti l’invasione, gli alleati la bombardarono sette volte, includendo tre attacchi in tre notti consecutive durante i quali le strutture dei traghetti di entrambe le sponde dello stretto furono ampiamente distrutte. Alla fine, durante la notte tra il 9 e il 10 luglio, le forze aeree alleate lanciarono attacchi su larga scala diretti a ciò che era rimasto delle basi aeree nemiche in Sicilia nonché alle stesse zone dello sbarco finale sull’isola.
(b)    Asse
Fino all’inverno 1942-43 la minaccia di un’invasione della Sicilia era stata considerata non preoccupante, pertanto non fu messo in atto nessun potenziamento delle difese. Anche quando la situazione nel Mediterraneo era peggiorata giustificando la previsione che l’Africa sarebbe andata totalmente perduta, era stata data la precedenza alla Sardegna, considerata più minacciata. Perciò, fino al febbraio 1943, l’organizzazione della difesa dell’isola era stata portata avanti con criteri e ritmo assai simili a quelli adottati per altre coste della penisola, senza reagire alle limitazioni causate dalla deficienza sempre crescente di truppe, armi e materiali. Il Generale Roatta, allora comandante della 6^ Armata, affrontò la dura realtà di un pericolo d’invasione che si sarebbe potuto concentrare nel volgere di poche settimane in uno sbarco di ingenti, forze anfibie, sostenute da forze navali ed aeree preponderanti. Il Generale Roatta tentò di rimediare al tempo perduto con chiarezza di idee, realismo e volontà anche se la situazione non poteva essere recuperata in pochi mesi.
Quando il Generale Guizzoni assunse il comando, il 30 maggio del 1943, trovò impostato un concreto programma ed un chiaro orientamento operativo negli Stati maggiori, ma dovette anche constatare che le circostanze avevano consentito qualche realizzazione di poco conto e che la situazione generale rimaneva gravissima per la mancanza di mezzi necessari per migliorarla. Il problema delle difesa dell’isola si presentava in questi termini: era escluso l’intervento delle forze navali contro i convogli, perché le grandi navi sarebbero andate incontro a sicura distruzione; l’organizzazione della difesa costiera era in grado di segnalare uno sbarco di grandi forze, ostacolarlo, ritardare in qualche punto la progressione dell’invasione verso il retroterra, ma non aveva la possibilità di impedire al nemico di sbarcare o di ributtarlo in mare. Il compito delle unità costiere era chiaro e doveva essere assolto con la resistenza ad oltranza e quindi la sorte di quelle unità era fatalmente segnata sin dall’inizio.
Soltanto le forze aeree italo-tedesche erano in grado di migliorare la situazione attaccando e infliggendo perdite ai convogli alleati.  Le divisioni mobili,  inferiori per numero e qualità alle forze d’invasione, erano in grado, di ritardare l’avanzata alleata con azioni di contrattacco ma non erano in grado di sostenere tale compito senza il rinforzo di divisioni provenienti dal continente.
Per quanto attiene l’impiego di dette forze fu deciso di riunire nel centro dell’isola la maggior parte delle due divisioni tedesche per aver a disposizione una riserva d’armata efficiente e facilmente manovrabile, da impiegare a seconda delle circostanze.
Il Generale Guizzoni era preoccupato di avere la maggior parte delle forze in condizione di intervenire tempestivamente nel settore sud orientale della Sicilia, che appariv ra l’obiettivo più probabile per lo sbarco principale. Inoltre cercò di conciliare l’esigenza di un pronto intervento di unità mobili nella fascia costiera con uno schieramento in profondità, che evitasse il prematuro impiego di tutte le forze.
Prevedendo la tendenza dei comandanti tedeschi di contrattaccare a testa bassa, il Generale Guizzoni aveva messo ai suoi diretti ordini la Divisione Livorno e il 10^ Raggruppamento semoventi per disporre di una riserva capacitiva fedele. Il criterio dominante era quello di impiegare quelle riserve per la controffensiva, da svilupparsi con la maggiore possibile prontezza e potenza.


[i]Eisenhower W.R., Crociata in Europa,1955
[ii]Faldella E.,Lo sbarco e la difesa della Sicilia,, L’Aniene editrice,1956.

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