(1)
Economico-finanziari
Prima della campagna di Sicilia,
sia in Italia che negli USA e Gran Bretagna l’adozione di misure economiche
interne ( restrizioni annonarie, inasprimenti fiscali, riduzione di spese e
consumi, ricorso a prestiti forzosi ) erano già le stesse in vigore dall’inizio delle ostilità.
Trattati economici e richieste di
aiuti economici a Potenze estere erano quelli
esistenti all’interno delle alleanze contrapposte. La trasformazione
dell’industria di pace in quella di guerra era stata iniziata già da anni prima
dell’entrata in Sicilia in tutte le nazioni interessate.
(2)
Di carattere
militare
(a)
Alleati
Secondo gli ordini del Gen. Eisenhower, il complesso
dell’operazione per l’invasione della Sicilia doveva svilupparsi in cinque
fasi:
-
azioni
preparatorie della Marina e dell’Aeronautica per neutralizzare l’azione navale
dell’avversario ed acquistare la supremazia aerea;
-
attacco dal mare,
appoggiato da aviosbarchi, allo scopo di impadronirsi degli aeroporti e dei
porti di Siracusa e Licata;
-
costituzione di
una salda base dalla quale condurre le operazioni per la conquista dei porti di
Augusta e Catania e degli aeroporti della piana di Catania;
-
conquista dei
porti ed aeroporti;
-
occupazione dell’intera
isola.
Il piano operativo era quello di un attacco semplice e
simultaneo. L’8^ Armata britannica sarebbe sbarcata fra Cassibile e la penisola
di Pachino e la 7^ Armata americana tra il golfo di Gela e Licata[i].
L’attacco alla Sicilia doveva essere preceduto dalla conquista di Pantelleria,
allo scopo di impadronirsi dell’aeroporto, ritenuto necessario per assicurare
l’appoggio aereo durante lo sbarco stesso, malgrado la limitata autonomia degli
aereoplani utilizzati: Spitfires.
Poiché le coste di Pantelleria non erano favorevoli per uno sbarco, fu
organizzato un “attacco esplosivo”[ii],
cioè consistente nel concentramento di un volume di fuoco tale da consentire
alle truppe alleate di scendere a terra anche non possedendo il vantaggio della
sorpresa.
Dall’11 giugno al 10 luglio 1943, il target primario per le forze alleate era
il sistema di basi aeree dell’Asse stanziate in Sicilia e in Sardegna. Nei
precedenti tre mesi il numero di basi disponibili per le forze italo-tedesche
era aumentato da 19 a
oltre 30 nella sola Sicilia, e ciò aveva permesso di posizionare circa 600
aerei da combattimento. L’attacco aereo alleato a queste basi iniziò il 12
giugno. Le basi aeree siciliane furono sottoposte a ripetuti attacchi fino al
30 giugno. Gli alleati attaccarono anche le basi in Sardegna a partire dal 28
giugno. Questi attacchi non furono contrastati sufficientemente dal nemico, che
perse un buon numero di velivoli al suolo, trasferendo i rimanenti assetti
nelle basi a est della Sicilia. Durante l’ultima settimana prima dell’invasione
l’attenzione delle forze aeree alleate si era spostata allo stesso modo anche
su queste basi. Il risultato fu che per il 10 luglio, il nemico non aveva
virtualmente basi aeree operative sull’isola, anzi la maggior parte di esse erano
state rese completamente inutilizzabili.
Nel frattempo, le forze aeree alleate avevano iniziato
ad attaccare anche i centri di comunicazione a Napoli, Messina e nei porti
della Sardegna di Olbia e Golfo Aranci. Gli alleati colpirono Napoli e le sue
vicine linee ferroviarie quattro volte nel mese di giugno. I porti di Sardegna
vennero sottoposti a un gran numero di attacchi aerei durante lo stesso
periodo. Messina fu particolarmente colpita. Durante le settimane
immediatamente precedenti l’invasione, gli alleati la bombardarono sette volte,
includendo tre attacchi in tre notti consecutive durante i quali le strutture
dei traghetti di entrambe le sponde dello stretto furono ampiamente distrutte.
Alla fine, durante la notte tra il 9 e il 10 luglio, le forze aeree alleate
lanciarono attacchi su larga scala diretti a ciò che era rimasto delle basi
aeree nemiche in Sicilia nonché alle stesse zone dello sbarco finale
sull’isola.
(b)
Asse
Fino all’inverno 1942-43 la minaccia di un’invasione
della Sicilia era stata considerata non preoccupante, pertanto non fu messo in
atto nessun potenziamento delle difese. Anche quando la situazione nel
Mediterraneo era peggiorata giustificando la previsione che l’Africa sarebbe
andata totalmente perduta, era stata data la precedenza alla Sardegna,
considerata più minacciata. Perciò, fino al febbraio 1943, l’organizzazione
della difesa dell’isola era stata portata avanti con criteri e ritmo assai
simili a quelli adottati per altre coste della penisola, senza reagire alle
limitazioni causate dalla deficienza sempre crescente di truppe, armi e
materiali. Il Generale Roatta, allora comandante della 6^ Armata, affrontò la
dura realtà di un pericolo d’invasione che si sarebbe potuto concentrare nel
volgere di poche settimane in uno sbarco di ingenti, forze anfibie, sostenute
da forze navali ed aeree preponderanti. Il Generale Roatta tentò di rimediare
al tempo perduto con chiarezza di idee, realismo e volontà anche se la
situazione non poteva essere recuperata in pochi mesi.
Quando il Generale Guizzoni assunse il comando, il 30
maggio del 1943, trovò impostato un concreto programma ed un chiaro
orientamento operativo negli Stati maggiori, ma dovette anche constatare che le
circostanze avevano consentito qualche realizzazione di poco conto e che la
situazione generale rimaneva gravissima per la mancanza di mezzi necessari per
migliorarla. Il problema delle difesa dell’isola si presentava in questi
termini: era escluso l’intervento delle forze navali contro i convogli, perché
le grandi navi sarebbero andate incontro a sicura distruzione; l’organizzazione
della difesa costiera era in grado di segnalare uno sbarco di grandi forze,
ostacolarlo, ritardare in qualche punto la progressione dell’invasione verso il
retroterra, ma non aveva la possibilità di impedire al nemico di sbarcare o di
ributtarlo in mare. Il compito delle unità costiere era chiaro e doveva essere
assolto con la resistenza ad oltranza e quindi la sorte di quelle unità era
fatalmente segnata sin dall’inizio.
Soltanto le forze aeree italo-tedesche erano in grado
di migliorare la situazione attaccando e infliggendo perdite ai convogli
alleati. Le divisioni mobili, inferiori per numero e qualità alle forze d’invasione,
erano in grado, di ritardare l’avanzata alleata con azioni di contrattacco ma
non erano in grado di sostenere tale compito senza il rinforzo di divisioni
provenienti dal continente.
Per quanto attiene l’impiego di dette forze fu deciso
di riunire nel centro dell’isola la maggior parte delle due divisioni tedesche
per aver a disposizione una riserva d’armata efficiente e facilmente
manovrabile, da impiegare a seconda delle circostanze.
Il Generale Guizzoni era preoccupato di avere la
maggior parte delle forze in condizione di intervenire tempestivamente nel
settore sud orientale della Sicilia, che appariv ra l’obiettivo più probabile
per lo sbarco principale. Inoltre cercò di conciliare l’esigenza di un pronto
intervento di unità mobili nella fascia costiera con uno schieramento in
profondità, che evitasse il prematuro impiego di tutte le forze.
Prevedendo la tendenza dei comandanti tedeschi di
contrattaccare a testa bassa, il Generale Guizzoni aveva messo ai suoi diretti
ordini la Divisione Livorno e il 10^ Raggruppamento semoventi per disporre di
una riserva capacitiva fedele. Il criterio dominante era quello di impiegare
quelle riserve per la controffensiva, da svilupparsi con la maggiore possibile
prontezza e potenza.
[i]Eisenhower
W.R., Crociata in Europa,1955
[ii]Faldella
E.,Lo sbarco e la difesa della
Sicilia,, L’Aniene editrice,1956.
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