Avvenimenti
e provvedimenti in vista dello sbarco
Dopo la caduta del fronte tunisino era ormai naturale
aspettarsi che la prossima mossa degli alleati sarebbe stato l'attacco
all'Europa meridionale. Dopo aver pensato alla Corsica, alla Sardegna, ai
Balcani, la Sicilia alla fine parve l'obiettivo più adatto, data la sua
vicinanza alle coste africane e alle basi aeree alleate.
Per gli Americani la conquista dell’isola,
rappresentava la “leva strategica” utile alla caduta del governo di Mussolini e
al termine dell’alleanza nazi-fascista,
per gli Inglesi, l'inizio dell'attacco alla fortezza Europa.
L'invasione della Sicilia, come prospettato nella
Conferenza di Casablanca, aveva anche un altro obiettivo, quello di distogliere
truppe tedesche dal fronte orientale al fine di dare ai Sovietici un pò di
respiro. Era prossima l'offensiva d'estate tedesca sul fronte di Kursk, ed il
trasferimento di importanti unità nemiche dalla linea del fronte avrebbe
sicuramente giovato ai Sovietici. Le operazioni contro la Sicilia iniziarono
con una serie di massicci bombardamenti da parte dell'aviazione alleata a
partire dalla fine di maggio, interessando anche le piccole isole a sud di
essa.
(1)
Politici e
diplomatici
Dal punto di vista diplomatico, con riferimento al
periodo in esame, non vi sono eventi di particolare rilievo che lasciassero
presagire l’imminenza dello sbarco in Sicilia da parte degli alleati.
Dal punto di vista politico le certezze su cui si
basavano i due regimi dell’Asse iniziano a incrinarsi irrimediabilmente.
Nel novembre del 1942 i Sovietici, a Stalingrado,
costringono alla resa un’intera armata tedesca e nel gennaio dell’anno
seguente, le truppe italiane subiscono gravi sconfitte in Africa.
In Italia, nel mese di marzo, i lavoratori del
Centro-Nord proclamano uno sciopero, il primo verificatosi sotto il regime
fascista, rivendicando “pane, pace e libertà”. Contestualmente, alcuni tra i
più importanti industriali, tra cui Agnelli, Donegani, Pirelli, Cíni e Volpi,
iniziano a confidare nella formazione di un Governo privo della presenza e
guida di Mussolini.
Il 15 maggio 1943, dopo le notizie degli eventi di cui
sopra, il Re Vittorio Emanuele III ha già maturato l'idea di sganciarsi dal suo
alleato, decisione ancora sconosciuta all’Italia intera, tanto che le gerarchie
fasciste continuano a giurareall’alleato tedesco di “marciare con loro fino in
fondo”.
Il Re percepisce che il Reich potrebbe avere un crollo
improvviso; prevede le prossime mosse degli anglo-americani (esse sbarcheranno
forse in Sicilia, ma non certo per invadere la Germania partendo dalla lontana
isola; bombarderanno invece le città italiane, forse faranno contemporaneamente
qualche sbarco, mentre apriranno un altro fronte nella parte nord-occidentale);
intuisce che l'Italia non può contare sulle sue misere residue forze; capisce
che sull'arrivo di forze tedesche (impegnate seriamente in Russia) poco si può
contare e prevede che questo stato di cose sia certamente noto agli
anglo-americani. Pertanto, medita di fare possibili cortesie ai governi inglesi
e americani, e termina che "la situazione per noi non è davvero lieta e dà
molto da pensare”.
L’espressione del Re appena riportata è la conferma
della ormai ritenuta imminente prossimità del crollo di Mussolini.
Cionondimeno, non si poteva promuovere la sua caduta con mezzi aperti e
diretti, in un momento in cui il Duce ancora appariva circondato dal plauso del
mondo anticomunista, e in periodo in cui la situazione economica non presentava
aspetti veramente disastrosi. Bisognava cioè evitare che la caduta determinasse
un incremento delle forze socialcomuniste e così gravi conseguenze
economico-sociali, da formare un quadro peggiore di quello fascista: la
responsabilità di questo peggioramento sarebbe ricaduta sulla corona.
In Germania tra il settembre del '42 e il febbraio del
'43, Stalingrado decretò la fine dei trionfi Hitleriani e l’inizio della fine
per il III reich. Dopo i primi tremendi attacchi della Wehrmacht, la città
sembrava sul punto di capitolare e di cadere in mano nemica ma i russi si
aggrapparono alla forza della disperazione combattendo, strenuamente, casa per
casa, cantina per cantina, rovina su rovina.
I Sovietici, pur se schiacciati sulle rive del fiume
Volga, riuscirono comunque a resistere contro i ripetuti attacchi del nemico e
a difendere i pochi quartieri ancora in loro mano, fino a quando, con l’inizio
dell’inverno, cominciò la devastante controffensiva.
Stalingrado fu il punto di svolta del conflitto per i
tedeschi: la città simbolo del regime sovietico, che Hitler voleva rasa al
suolo, determinò la prima e fatale sconfitta degli eserciti della grande
Germania, che non riuscirono più a riprendere l’iniziativa sul fronte
orientale; al contrario, da Stalingrado, prese il via l’incontenibile
controffensiva russa che i nazisti non riuscirono più a frenare; senza contare
che, nel dicembre 1941, dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor, anche gli
Stati Uniti erano ormai scesi in campo contro il III Reich.
Iniziò a questo punto anche in Germania il declino di
Hitler che sarebbe stato oggetto di diversi attentati dai suoi stessi uomini
che ormai vedevano un irreversibile declino nelle sorti della guerra ma che
egli stesso non voleva accettare in nessun modo.
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