Il
Battaglione non ebbe anche nella primavera del 1944 ufficiali in posizione di
comando ma scelse liberamente i suoi capi e nel febbraio-marzo si ricostituì
come unità combattente. Al suo fianco si ricostruirono anche la 6a batteria
Vito Menegazzi e la 9a batteria Filippo Cotta, entrambe della Divisione
“Firenze”. Queste unità furono le sole unità di artiglieria dell’Esercito di
Liberazione Nazionale Albanese. Erano al comando di due ufficiali certamente
non di sentimenti comunisti, ma che furono accettate in virtù del fatto che
rappresentavano un elemento di forza di notevole spessore. Ancora una volta si
dimostra che anche nella guerriglia l’elemento ideologico deve cedere il passo
all’elemento tecnico non ideologizzato se si vuole raggiungere un superiore
capacità operativa. La ricostruzione del Battaglione “Gramsci” è parallela a
quella delle formazioni ribellistiche albanesi che iniziano con la buona
stagione una crescente azione prima di disturbo poi di vere e proprie azioni di
guerriglia contro le formazioni del Bali Komintar e contro i reparti tedeschi.
In queste azioni si distinguono i soldati italiani perfettamente integrati
nelle formazioni albanesi. In una azione di queste azioni cade, l’8 luglio
1944, Terzilio Cardinali, decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare. [1]
Il
Comando Italiano truppe alla Montagna, che non aveva avuto la possibilità di
prendere contatto con le autorità italiane in Patria, all’inizio della
primavera constata che le sue possibilità operative sono scarse. Tutte le armi
e le munizioni, molto scarse, affluiscono all’Esercito di Liberazione Nazionale
Albanese e le formazioni dipendenti, in gran parte distrutte o disperse, via
via nei loro elementi superstiti confluiscono nelle fila albanesi, ovvero nel
Battaglione “Gramsci” e quindi si dissolvono. Nel mese di marzo ed aprile si
constata che le uniche richieste che arrivano sono quelle di sostentamento in
termini di viveri e vestiario; la situazione si accentua nel mese di maggio e
giugno. Il gen Azzi ed il gen Piccini non possono far altro che constatare che
ormai il Comando Italiano truppe alla Montagna ha esaurito la sua funzione.
Anche per volontà dei responsabili albanesi questo comando non può continuare
ad operare rappresentando, agli occhi degli stessi albanesi, una anomalia nel
quadro della guerra di liberazione albanese. Il mito che poi si creerà del
soldato italiano, da oppressore a combattente per la libertà, sarà solo creato
per il Battaglione “Gramsci”. I soldati italiani fuori da questa formazioni non
trovano spazio. La conseguenza immediata è che nel mese di giugno su un mezzo da
sbarco per carri armati, il gen. Azzi e tutti i componenti del Comando Italiano
Truppe alla Montagna rientrano in Italia, precisamente a Brindisi. Sono in
uniforme italiana ed armati, testimonianza del fatto che l’8 settembre al
momento dell’armistizio non sono scesi a patti con nessuno. Rimane in Albania,
sempre in uniforme ed armato, il gen. Gino Piccini, già comandante della
Divisione “Firenze” l’unica autorità italiana in Albania riconosciuta dai
responsabili albanesi.
Chi
sostituirà il Comando Italiano truppe alla Montagna nella sua funzione anche di
tutela ed assistenza ai soldati ed ai cittadini italiani in Albania sarà il
Circolo “Giuseppe Garibaldi” che si costituirà a Tirana e poi avrà sedi nelle
principali città albanesi e che sarà veramente operativo all’indomani della
liberazione.
La
situazione generale sul finire dell’estate del 1944 nei Balcani per i tedeschi
non è particolarmente rosea. È iniziato, per via della avanzata dell’Armata
Rossa da oriente, il lento ripiegamento dalla Grecia. Infatti nell’agosto 1944
i Sovietici erano sulla Vistola, e la Romania era caduta. Se non si voleva
rimanere tagliati fuori dalla madrepatria per i tedeschi era necessario
iniziare a ritirarsi verso nord per poter mantenere aperti tutti i
collegamenti. Le operazioni in Albania erano fortemente condizionate dall’andamento
delle operazioni sul fronte orientale.
Alla fine di ottobre i tedeschi diedero
attuazione al piano di ripiegamento verso nord. Tirana diventava un obiettivo
sempre più possibile alle forze portigiane. Ai primi di novembre 1944 a Tirana
non vi erano più forze operative tedesche, ma solo addetti ai rifornimenti,
alla logistica e circa 500 feriti nei vari ospedali. Nella prima decade di
novembre tutti i tedeschi si ritirano nel quartiere “Nuova Tirana” (Tirana Ere)
lasciando il resto della città nelle mani delle forze partigiane. Pr circa tre
settimane si combattè per le strade di Tirana e forze operative tedesche
organizzarono colonne mobili da Elbassan e da Durazzo per liberare i Tedeschi
di Tirana. Nella terza settimana di novembre una colonna tedesca lasciò,
protetta dalle forze operative, Tirana e si mise in marcia verso nord. La città
subì per questi combattimenti notevoli danni. La battaglia per Tirana fu
veramente violentissima e durante il suo svolgimento entrò in azione anche il
Comitato Clandestino Italiano che fu protagonista della fase finale, svoltasi
dal 14 al 17 novembre 1944, durante la quale elementi italiani organizzarono la
popolazione a erigere barricare, ad organizzare posti di blocco, ad orientare i
vari gruppi partigiani verso le posizioni di resistenza tedesche. Il 16
novembre 1944 i tedeschi, ormai sulla via della ritirata, compirono un ennesimo
eccidio a danno degli italiani. Furono fucilati 45 ex militari italiani
trattenuti inizialemnte come ostaggi. I nominativi dei Martiri furono
pubblicati sul giornale “L’Unione” del Circolo Giuseppe Garibaldi di Tirana il
25 marzo 1945 e ricordati durante una solenne cerimonia. Fu l’ultimo eccidio
tedesco in terra albanese in danno degli italiani. Alla battaglia finale per
Tirana partecipò il Battaglione “Gramsci” con tutti i suoi effettivi e
partecipò a tutti i combattimenti sia quelli iniziali che quelli finali dal 31
ottobre al 17 novembre ed ebbe la grossa soddisfazione di incontrarsi verso le
cinque del pomeriggio del 17 novembre con quasi tutti gli effettivi a Piazza
Skanderberg con le altre formazioni dell’Esercito Nazionale di Liberazione
Albanese. Tirana è avvolta dagli incendi e le mine a scoppio ritardato poste
dai tedeschi iniziano a brillare, ma ormai Tirana è conquistata anche con la
partecipazione dei soldati italiani.
Il 29 novembre si tiene a Tirana una parata,
che fu definita della vittoria, in cui il Battaglione Gramsci al completo,
comprese le batterie Cotta e Menegazzi, sfilano tra il consenso e gli applausi
generali.
Il
giorno successivo tutto il Battaglione e le artiglierie si incamminano verso
nord ad incalzare i tedeschi, che sono in piena ritirata. Il gen Piccini con i
suoi uomini si trasferisce a Tirana, ove il Comando Partigiano Albanese si
trasforma in Governo provvisorio. Inizia in Albania il dopoguerra, in cui la
situazione degli italiani era alquanto confusa, se non torbida. Coloro che
avevano interesse a mantenere le proprie posizioni di privilegio presso la
nascente dirigenza albanese erano gli stessi italiani che ben poco avevano
fatto per aiutare i soldati italiani in difficoltà e senza appoggio alcuno. La
necessità più urgente in quell’ultimo mese del 1944 è avere un quadro generale
della situazione dei soldati italiani in Albania, le loro condizioni ed
iniziare ad avviare le iniziative per un rimpatrio, che era desiderato da
tutti, anche se in Italia la guerra era ancora in corso.[2]
[1] Una ampia descrizione delle
operazioni in Albania a cui parteciparono i soldati italiani è stata
ricostruita nei dettagli in Coltrinari M.,, La
Resistenza dei Militari Italiani all’Estero, Albania., Roma, Ministero
della Difesa, Commissione per lo studio della Resistenza dei Militari Italiani
all’estero, Rivista Militare, 1999 pag.679-917. Anche in questa occasione si
ribadisce l’approccio da noi adottato della Guerra di Liberazione, una guerra
su cinque fronti, evidenziando che le gesta e l’azione di Terzilio Cardinali e
di tutti i soldati italiani combattenti in Albania contro i tedeschi
difficilmente si potrebbero inquadrare
nel riduttivo concetto che la guerra di liberazione intesa come lo scontro tra
ribelli e repubblichini nel nord d’Italia
[2]
Una ricostruzione in dettaglio delle operazioni finali e per la Battaglia di
Tirana si trova in Coltrinari
M.,, La Resistenza dei Militari Italiani
all’Estero, Albania., cit, pag. 920-930