4. LA SITUAZIONE PARTICOLARE
a. Operazioni precedenti
L’idea di sbarcare in Sicilia non era del tutto nuova
per la parte britannica. Infatti già nel dicembre del 40 e nell’ottobre del 41,
le informazioni avute sul morale delle truppe italiane, fortemente scosso
dall’andamento sfavorevole della guerra, avevano fatto pensare ad una conquista
dell’isola. I due piani, denominati rispettivamente “Influx” e “Whipcord”,
furono comunque ben presto messi da parte poiché considerata ancora bassa ed
immatura la possibilità di successo di una operazione così complessa come
quella dell’invasione dal mare della Sicilia.
Nel 1943, i tempi sembrarono maturi e le condizioni
morali del popolo siciliano, ormai allo stremo, suggerirono un ripensamento di
quei piani, reputando fattibile l’invasione dell’ Isola. Il vertice di
Casablanca svoltosi tra il 14 e il 26 gennaio 1943, diede infatti luogo ad un piano denominato “Husky”, che rappresentava un po’ la
riedizione del piano “Whipcord”, con
la suddivisione dell’isola in due settori operativi: gli inglesi ad oriente e
gli americani ad occidente. L’idea era quella di impegnare il nemico su più
fronti anche se questo comportava una forte dispersione delle forze; situazione
che mal si adatta ad uno sbarco anfibio, per il quale, la concentrazione delle
forze in un unico settore è un elemento fondamentale.
Proprio a tal proposito, le osservazioni del
Maresciallo Montgomery, comandante dell’8^ armata britannica, fecero optare per
l’annullamento degli sbarchi previsti dall’originario piano Husky a Sciacca,
Palermo e Catania, a favore di una concentrazione su soli due settori: il golfo
di Noto per l’8^ armata britannica e quello di Gela per la 7^ armata americana
al comando del Gen. Patton. L’obiettivo iniziale era di risalire il versante
orientale siculo per raggiungere da subito Siracusa e Catania, dove far
affluire successivamente i rincalzi e i rifornimenti per proseguire l’avanzata
su Messina, in modo da imbottigliare le forze dell’Asse e costringerle ad
arrendersi[i]. Per
la missione affidata alla 8^, pertanto, erano fondamentali le tre statali
presenti nel settore: la N.115 e la N.114 nel tratto Siracusa-Catania e la
N.193, diramazione della N.114 a servizio di Augusta. Tre ponti risultavano
dunque indispensabili per il buon esito della risalita: quello sul Mulinello
sulla 193, a 4 km. a Nord di Augusta, il Ponte Grande sull’Anapo ubicato a 3
km. ad ovest di Siracusa e quello sul fiume Simeto il Ponte di Primosole a 10
km. a sud di Catania sulla 114. Malgrado la larghezza dei fiumi non fosse
eccessiva ed il periodo di magra estivo ne riducesse i corsi, la possibilità di
superali senza difficoltà e quindi di mantenerli intatti, evitando quindi di
far ricorso a gittaponti, era fondamentale sin dall’inizio, per non essere
oggetto del fuoco nemico.
La notte tra il 9-10 luglio, l’8^armata, durante il
trasporto sui convogli della Royal Navy
della Task Force orientale, subì
perdite minime e solo la 1^ divisione canadese perse parte dei proprio veicoli
e attrezzature di comunicazione.
Gli sbarchi degli alleati furono per la maggior parte
abbastanza semplici in quanto le difese costiere italiane si limitarono a
inscenare una superficiale difesa prima di arrendersi o di disperdersi nella
notte. D’altra parte il Gen. Guzzoni considerava un’irreparabile perdita di
tempo tentare di reagire ai numerosi sbarchi alleati, ma comunque ordinò al Gen.
Rossi, comandante del XVI Corpo d’Armata, di rinforzare le basi navali di
Augusta e Siracusa. Pur ritenendo Siracusa il punto debole più grave, Guzzoni
sperava che unendo le sue forze a quelle del Gruppo Schmalz e della Divisione
Napoli, avrebbe potuto impedire che gli Alleati effettuassero un attacco
vittorioso nella piana di Catania.
Nella parte centrale della Sicilia, intanto, il
quartiere generale della Divisione Hermann Goering, a Caltagirone, aveva
ufficialmente ricevuto la notizia degli sbarchi alleati solo attraverso la rete
di comunicazioni tedesca dal quartier generale di Kesserling a Roma e tale
circostanza metteva in evidenza quanto le comunicazioni tra tedeschi e italiani
fossero inefficienti.
In previsione del primo scontro Conrath organizzò la Hermann Goering in due Kampfgruppen, ciascuno dei quali era un
reggimento rinforzato: uno di fanteria pesante, l’altro di carri armati.
L’intento era di scatenare entrambe le forze contemporaneamente contro la 1^ e
la 45^ Divisione. A questo primo stadio della campagna di Sicilia la divisione
era mediocre, godeva di una fama immeritata ed esagerata e disponeva di un
gruppo di comando nel complesso inetto, cosa che spinse von Senger a lamentarsi
del fatto che fosse stato affidato l’intervento nella Sicilia alla Goering
invece che alla 15^ Divisione Panzer Grenadier, meglio addestrata e guidata.
Carri armati e fanteria non erano abituati ad agire
congiuntamente e i capi della Hermann Goering sembravano non capire quanto
fosse necessaria quella cooperazione su un terreno che, per la maggior parte,
era del tutto inadatto a una guerra corazzata.
I tedeschi presto scoprirono che la Sicilia era poco adatta
agli ingombranti carri armati Tiger del
peso di sessanta tonnellate, che avevano difficoltà a muoversi.
All’insaputa dei comandanti tedeschi, una forza
italiana proveniente dal XVI Corpo d’Armata, chiamata Gruppo Mobile E, era già
più avanti della Hermann Goering, pronta a lanciare un contrattacco dalla
direzione di Niscemi. Anche il comandante italiano aveva diviso le sue forze in
due elementi. Uno doveva partire da Niscemi diretto alla volta del campo di
aviazione di Ponte Olivo e poi continuare verso sud lungo la strada 117 che
conduceva direttamente all’estremità nord-est di Gela. L’altro aveva l’ordine
di trasferirsi a sud lungo la stessa via secondaria che portava al raccordo con
il Piano Lupo che Conrath aveva scelto per la sua forza di carri armati. Non
solo il Gruppo Mobile E e la Hermann Goering
non erano l’uno al corrente della presenza dell’altro, ma alcuni degli uomini
della 82^ Aerotrasportata erano certi di essere attaccati dai tedeschi. La
prima forza nemica a lanciarsi all’assalto sulla strada di Niscemi intorno alle
nove fu l’elemento sinistro del contrattacco a tenaglia del Gruppo Mobile E
contro Gela.
Il tenente di vascello C.G. Lewis, che stava volando
su un aereo leggero da osservazione partito dall’incrociatore Boise , scorse per primo il Gruppo
Mobile E intorno alle nove a circa 5
Km dal nodo stradale di Piano Lupo. Alle 9.10 il tenente
di vascello Lewis chiamò in aiuto il cannoneggiamento navale del Boise. Questo è confermato dal rapporto
compilato nel dopoguerra dall’Ufficio Storico dell’esercito italiano che
afferma che il comandante del gruppo Mobile E divise a metà il suo contingente
di carri armati leggeri (circa trentadue Renault da dieci tonnellate, sedici
carri armati da tre tonnellate e parecchi carri armati più piccoli risalenti
alla Prima guerra mondiale). Un altro cannoneggiamento navale fu richiesto per
appoggiare il 16° di fanteria che si era lasciato le spiagge alle spalle e
stava avanzando nell’interno per congiungersi con i parà sulla strada per Niscemi
e alla “Y”.
Quando il Gruppo Mobile E scatenò il suo attacco a
ovest, un battaglione della Divisione Livorno incominciò ad avanzare verso
Gela. L’attacco italiano contro Gela fu duramente respinto dalla X Force di
Darby. La parte destra dalla tenaglia del Gruppo Mobile E penetrò a Gela da
Ponte Olivo e, per quanto disgregato dai cannoni navali, il grosso dei suoi
carri armati leggeri riuscì ad entrare intatto nella città.
Nell’ambiente urbano, il battaglione della Divisione
Livorno, che era considerata la migliore unità italiana in Sicilia, fu fatto a
pezzi mentre avanzava in una formazione da sfilata secondo i canoni del
combattimento del XIX secolo. Le pattuglie più tardi ispezionarono il luogo
della carneficina e trovarono i corpi e l’equipaggiamento disseminati per una
larga area del campo di battaglia.
Con un ritardo di cinque ore sul momento stabilito, la Divisione Hermann
Goering lanciò infine il suo contrattacco verso le spiagge e verso Gela. La
task force di carri armati pesanti che si dirigeva verso sud lungo la strada di
Niscemi si scontrò con le truppe della 1^ Divisione e della 82^ Aerotrasportata
a Piano Lupo, mentre la Task
force orientale di fanteria pesante abbandonava il suo punto di raduno a ovest
di Biscari con l’ordine di attraversare il fiume Acate e di attaccare Piano
Lupo da est. Nonostante le truppe della Hermann Goering fossero in numero
superiore, non avevano nulla da contrapporre alla cortina d’acciaio fornita
dagli incrociatori e dai cacciatorpediniere statunitensi alla fonda del golfo
di Gela.
A est la task force della Hermann Goering ebbe uno
scontro frontale con il 1° Battaglione del 180° reggimento di fanteria del
tenente colonnello William H. Schaefer, appoggiato da alcuni parà dispersi che
si erano uniti al suo battaglione. La task force tedesca aveva da tempo perduto
il contatto con Conrath e non sapeva quale fosse la situazione a ovest. Nella
battaglia che seguì, una forza americana di gran lunga inferiore arrestò
l’avanzata tedesca, in notevole misura grazie al fatto che i Tiger d’appoggio
non erano in condizione di manovrare sul terreno a terrazze su cui sorgevano
intricati gruppi di ulivi.
Dopo la terribile batosta che le forze tedesche
avevano rimediato dagli uomini di Schaefer, Conrath mandò il suo capo di Stato
maggiore a indagare sulle truppe della task force tedesca, e l’ufficiale scoprì
che non solo uno dei due battaglioni di fanteria era stato tenuto
inspiegabilmente di riserva ma che i carri armati e la fanteria non aveva
collaborato fra loro. Sotto il suo pungolo, la forza si raggruppò e incominciò un nuovo attacco che ebbe la
meglio sugli americani. Schaefer e la maggior parte dei suoi uomini furono
catturati e quelli che riuscirono a
fuggire furono costretti alla ritirata verso le alture costiere.
Se le forze combinate tedesca e italiana fossero state
capaci di coordinare i loro attacchi e di colpire la 1^ Divisione intorno alle
nove, i risultati sarebbero stati molto diversi.
Sul fronte orientale, la mattina del 12 luglio Guzzoni
con costernazione scoprì che le difese dell’area delle fortificazioni di
Siracusa erano ignominiosamente crollate e che lo sfacelo si era rapidamente
allargato in direzione di Augusta. Rossi non era stato in grado di allestire
qualcosa che assomigliasse a un’efficace reazione contro la rapida avanzata
inglese. La 5^ Divisione si era scontrata con una parte del Gruppo Schmalz
vicino a Priolo sulla provinciale Siracusa-Augusta, ma i tedeschi non erano
stati capaci di fare qualcosa di più consistente che ritardare l’avanzata
inglese. In tre giorni l’VIII Armata aveva catturato tutta la Sicilia sudorientale ,
dando credito all’aspettativa che la campagna potesse costituire solo una
passeggiata. Il XXX Corpo d’Armata aveva
liberato la penisola di Pachino dalla scarsa resistenza rimasta. La 23^ Brigata
corazzata sotto il controllo della 51^ Divisione al crepuscolo del 12 luglio si
trovava già alle porte di Vizzini. Montgomery, dopo i successi riportati nelle
giornate precedenti, decise di
sviluppare lo sforzo dei due corpi d’armata su due direttrici
divergenti; in particolare il XXX corpo, avanzando verso Enna, avrebbe dovuto
chiudere l’accerchiamento delle forze dell’Asse impegnate a contrastare
l’avanzata della 7^ Armata del Gen. Patton. Il XIII corpo, dal canto suo
avrebbe velocemente continuato la propria avanzata verso Catania e Messina per
bloccare l’unica via di scampo dall’isola.
Dopo il fallimento del contrattacco sulla città di
Gela, il Gen. Guzzoni ordinò alla
Divisione Hermann Goering di prendere contatto con la Divisione Napoli, pesantemente
provata dallo scontro con le truppe Alleate. Tuttavia, l’unità tedesca,
impegnata intensamente dalle truppe statunitensi, non poté effettuare tale
ricongiunzione e nella giornata del 13 luglio, le forze inglesi, che ormai
avevano superato l’allineamento Siracusa-Palazzolo Acreide, catturarono il Gen.
Gotti-Porcinari, comandante della Div. Napoli, con tutto il suo comando.
Dopo quest’ennesimo successo, tuttavia, la marcia
trionfale degli inglesi subì una momentanea battuta di arresto. Infatti, la
città di Vizzini, che doveva essere conquistata il 13 luglio dalla 51^ Div.,
grazie alla resistenza del Battaglione esplorante della Hermann Goering, fu
presa solo nella notte fra il 14 e 15 luglio, quando le forze tedesche erano
ormai arretrate. Nel frattempo,
Montgomery, decise di dare maggiore spinta alla sua manovra, utilizzando
la combinazione dell’attacco dall’aria,
mare e terra e attuando il piano FUSTIAN.
[i]Col
senno di poi alcuni rimproverarono a Montgomery di non aver sbarcato da subito
a Messina, evitando che vi si arrivasse faticosamente solo dopo 38 giorni e
consentendo all’Asse di ripiegare in forze sulla costa calabra. Tuttavia
Montgomery si aspettava una resistenza accanita delle forze dell’Asse, come
aveva già sperimentato in Tunisia, favorita per di più in questo caso dalla
situazione orografica. Un'altra remora
per lo sbarco in Sicilia era il ricordo dell’insuccesso subito a Gallipoli nel
1915, ed il conseguente timore che o stretto di Messina replicasse quello dei
Dardanelli.
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