Le
forze in campo
L’8^ armata britannica era organizzata su due corpi:
-
il XIII, costituito dalle
5^ e 50^ divisione di fanteria;
-
il XXX, costituito dalla
231^ brigata “Malta”, dalla 51^ divisione fanteria “Highland” e dalla 1^
divisione fanteria canadese
-
1^ divisione
aviotrasportata
-
4^ e 23^ brigata corazzata;
-
Reparti speciali
-
46^ e 78^ divisione in
riserva.
A differenza
dell’Esercito italiano dove ogni divisione di fanteria era su tre reggimenti,
di cui uno di artiglieria, l’esercito britannico prevedeva per ogni divisione
due o tre brigate di fanteria, ognuna di esse formata da tre battaglioni ed un
gruppo di artiglieria campale su 25 pezzi ed una compagnia genieri.
Completavano la divisione un battaglione esplorante da 78 carri, un battaglione
mitraglieri e un gruppo anticarro.
L’organico
complessivo di una divisione britannica, su tre brigate di 2.500 uomini, era
quindi di circa 13.700 unità mentre quella americana contava anche 15.500
uomini.
In
particolare, il XIII corpo comprendeva inizialmente tre brigate della 5^
divisione del Gen. Berney-Ficklin e due della 50^ comandata dal Gen. Kirkman.
Nell’ordine le brigate erano la 13^ del Gen. Campbell sui battaglioni 2°
Cameron, 2° Royal Inniskilling, 2° Wiltshire; la 15^ brigata del Gen.
Rawstorne; la 69° del Gen. Cooke-Collins; la 151^ del Gen. Senior.
I
battaglioni delle brigate erano per lo più formati da veterani d’Africa, tra
questo spiccavano gli scozzesi che comunque non avevano rinunciato ad indossare
i kilts e a lanciare l’attacco al suono delle cornamuse, tanto temibili da
intimorire gli avversari.
Il
settore da sbarco aveva il nome convenzionale “Acid” ed era suddiviso in
3 sottosettori: “North” comprendente la spiaggia “George”, “Center”
comprendente la spiaggia “How” tra la foce del fiume Cassibile e Capo
Negro, “South” suddiviso in “Jig North” e “Jig South” a
cavallo di marina d’Avola. Le spiagge “George” e “How” erano riservate alla 5^
divisione e le due “Jig” alla 50^.
Si
trattava di circa 25 km. di costa sabbiosa idonea per l’impiego di truppe da
sbarco, che erano stati oggetto di ricognizione da parte degli inglesi nei mesi
precedenti.
In
sintesi, l’8^ armata, sbarcando con 22 battaglioni su 39 disponibili, avrebbe
portato a scontrare 18.000 uomini contro i 4.800 posti a difesa, significando
un vantaggio per gli attaccanti di quasi quattro a uno.
L’assetto
difensivo dell’isola nel settore sud orientale era affidato al XVI corpo (Gen.
Rossi ) della 6^ armata comandata dal Gen. Guzzoni.
Il
XVI corpo si articolava in reparti della difesa fissa, scaglionata lungo la
costa ed organizzati in divisioni o brigate costiere, ed in forze mobili volte
a intervenire in loro supporto ed organizzate in divisioni di fanteria, truppe
di corpo d’armata e armate minori. A queste si aggiungevano inoltre i
dispositivi delle Piazze Militari Marittime e delle Difese Porto. Tra le forze
mobili andavano inclusi i reparti tedeschi dislocati nell’isola.
In
particolare, tra Capo Ognina e Vendicari era dislocata sulla costa la 206^
divisione costiera del Gen. d’Havetcon con il 146° reggimento nella zona dove
sarebbe dovuto sbarcare il XIII corpo britannico, il cui settore si saldava a
nord con il perimetro della Piazza Augusta-Siracusa che contava su 6 batterie
navali di grosso e medio calibro, 11 a doppio compito, 6 antiaeree, 2 pontoni
armati ed un treno blindato. Detto dispositivo era completato da un battaglione
di marinai ed uno di avieri per la difesa ravvicinata delle rispettive
istallazioni e poteva contribuire solo in misura irrilevante alla difesa di
terra.
Più
all’interno e parallelamente alla costa, a circa 3 km., vi erano poi tre gruppi
di artiglieria.
La
forza mobile, la divisione di fanteria “Napoli” del Gen. Gotti Porcinari, era
invece quella destinata a intervenire sia nell’ambito della Piana di Catania
sia nell’ambito della Piazza Augusta-Siracusa. La divisione mobile comprendeva
il 75°e il 76° reggimento di fanteria, il 54° reggimento artiglieria, la 173^
legione Camicie Nere, il 54° battaglione mortai, due batterie antiaeree da 20
mm., il battaglione genio ed i servizi.
Per
intervenire rapidamente la divisione era suddivisa in 6 gruppi tattici e con i
suoi 11.000 uomini risultava inferiore di circa 2.700 unità rispetto ad una
divisione tipo britannica, con 136 mitragliatrici contro 307, nessun carro a
fronte di 78, 48 pezzi da campagna contro 75, nessun pezzo antiaereo contro 72,
24 cannoni anticarro contro 48, 12 autocarri contro 234.
La
divisione “Napoli”, come le forze costiere, era costituita con reclutamento
prettamente regionale, ed era quindi inevitabile che il morale dei soldati
fosse condizionato dalle pessime condizioni in cui versava la popolazione siciliana,
vessata da tre anni di guerra e di fame che in Sicilia per la difficoltà dei
rifornimenti pesavano più che in altre regioni. Questo costituiva un chiaro
vantaggio per il nemico.
Per
quanto riguarda le truppe poste a difesa della zona della zona interessata
dagli scontri del Ponte di Primosole, a protezione dell’ultima ansa del Simeto
erano schierate due compagnie del XII battaglione mitraglieri, la 553a e
la 554a. Il battaglione era da poco passato, insieme alle batterie
poste a protezione del ponte, sotto le dipendenze della Divisione “Difesa Porto
E”, che aveva la responsabilità della difesa del tratto costiero tra Catania e
Avignone. Il fatto che per la protezione di circa venti chilometri di costa e
di un punto strategico come il Ponte di Primosole, non fossero state impiegate
risorse più ingenti da parte della VI armata, è testimonianza del fatto che il
Comando Italiano non si aspettava un attacco da quella parte della Sicilia.
L’appoggio
tedesco era costituito dal gruppo tattico “Schmalz” dislocato a Paternò.
Urgevano rinforzi e il comando tedesco iniziò a rastrellare unità in ogni
angolo d'Europa. La prima unità designata fu la 1ª Divisione Fallshirmjaeger
agli ordini del General der Fallschirmtruppe Richard Heidrich, di stanza ad
Avignone nella Francia meridionale: qui i reparti si stavano riposando dopo un
lungo periodo di duri combattimenti sul fronte orientale.
Formata nell'aprile del 1943 dalla 7^ Divisione aviotrasportata (7^
Flieger-Division) in Francia, dalla fine di maggio l'unità era dislocata a
Flers (vicino Avignone) in riserva, alle dipendenze
dell'XI.Flicgerkorps/Heeresgruppe D. Nella notte tra il 10 e l'11 luglio, i
paracadutisti della Divisione furono messi in stato di allerta. Dopo solo poche
ore, i primi reparti ricevettero l'ordine di trasferimento in Italia: il 3°
Reggimento paracadutisti, il 1° ed il 3° Battaglione del 4° Reggimento, il
battaglione mitraglieri paracadutisti insieme ad altri reparti vennero lanciati
o fatti atterrare nell'area intorno a Catania.
Il
1° Reggimento paracadutisti raggiunse Napoli via ferrovia, e qui attese il
trasferimento in Sicilia. Il 3° Reggimento all’arrivo in Sicilia, dispose i
suoi reparti in posizione difensiva: il 2° Battaglione del maggiore Rau si
attestò presso Francofonte, mentre il 1° ed il 3° Battaglione agli ordini dei
maggiori Boehmler e Kratzert furono dislocati più a nord nella zona di Lentini
e Carlentini. Il battaglione attestato a Lentini fu raggiunto il 13 luglio dal
Battaglione mitraglieri e da altri reparti. In poco tempo venne completata la
disposizione di tutti i reparti, comprese le compagnie anticarro e di
artiglieria. Il 4° Reggimento della divisione paracadutisti tedeschi, dal 17
luglio, divenne l’unità protagonista della difesa del ponte di Primosole nella
piana di Catania. Proprio intorno a questo ponte si svolsero i combattimenti
più cruenti della campagna siciliana. La strada più breve tra la spiaggia di
Augusta e Messina correva infatti lungo la costa orientale della Sicilia, ma si
snodava tra monti ed era ricca di numerosi corsi d'acqua. Il comando germanico
sapeva benissimo che se gli inglesi avessero superato questa barriera naturale
e raggiunto la piana di Catania, la strada verso Messina sarebbe stata aperta
ai corazzati alleati. Era dunque vitale tenere lontano gli inglesi dalla piana
di Catania ed il fulcro della difesa venne stabilito proprio nell'area intorno
al ponte sul Simeto, poco più di 10 km a sud di Catania. Sul ponte i
paracadutisti tedeschi dovevano fermare gli inglesi con la consapevolezza che alle
loro spalle non c'erano più reparti disponibili di rinforzo. I primi
fallschirmjaeger tedeschi che scesero nella zona dell'aeroporto di Catania e
nei suoi dintorni, nella notte tra il 12 ed il 13 luglio precedettero di
qualche ora l'arrivo dei paracadutisti inglesi.
Infine
il confronto tra attaccanti e difensori non può non considerare la situazione
aeronavale. Sul mare, essendosi deciso di non fare intervenire la squadra
italiana da battaglia a difesa della Sicilia, il contrasto consisteva solo in
una trentina di sommergibili e in una quarantina di motosiluranti.
Per
quanto attiene al potere aereo, invece, l’Asse disponeva nel suo complesso di
1862 velivoli di cui la metà tedeschi, ma più di un terzo (circa 800) erano
inefficienti. In Sicilia vi erano esclusivamente reparti di caccia e di assalto
per un totale di 389 velivoli di cui solo 207 efficienti. Il confronto con il
campo alleato che annovera circa 3.400 velivoli (di cui 2.500 efficienti e
impiegabili in ruoli offensivi, si commenta da solo. Di questi, gli alleati ne
avevano destinato 670 al supporto diretto delle attività di sbarco.
Tornando alle forze impiegate nelle operazioni legate
al ponte di Primosole, la 1a Brigata aviotrasportata era composta da
3 battaglioni paracadutisti, la 1a compagnia pathfinder, il 1°
Squadrone di genieri paracadutisti e la 16ª unità di sanità aviotrasportata
appartenente al Reale Corpo medico dell'esercito, per un totale di 1.856
uomini. Questi sarebbero stati appoggiati da un distaccamento di artiglieria,
77 uomini con 10 cannoni controcarro, 18 jeep per il trasporto caricati sugli
alianti. I para inglesi sarebbero stati trasportati sull'obiettivo da 116 C-47
(DAKOTA) del 51° Stormo trasporto truppe, e dagli alianti americani (WACO) e inglesi (HORSA).
Da questo punto di vista, tuttavia, c’erano delle
sostanziali differenze tra gli alianti statunitensi e quelli britannici: i
primi erano più grandi e potevano imbarcare un intero plotone di fucilieri,
mentre i secondi ne contenevano solamente metà. Ancora peggiore era la
situazione per quel che riguardava l’artiglieria anticarro: gli alianti inglesi
erano in grado di trasportare su un unico volo il cannone a sei canne e la jeep
per il trasporto, completi delle munizioni, mentre l’aliante americano poteva
trasportare solo una delle due parti. Quindi, per fare in modo che il sistema
fosse efficiente, era necessario che i due alianti che trasportavano le due
parti del sistema d’arma atterrassero vicini, per non vanificare le operazioni
di lancio.
Anche per quel che riguarda la capacità e l’esperienza
dei piloti, c’è da segnalare che i piloti americani, pur se molto esperti, non
avevano particolare dimestichezza con il volo notturno e questo causò molti
problemi, considerando che i lanci dei parà avvennero nella completa oscurità e
che l’orientamento della maggior parte dei piloti di Dakota era stato
compromesso dal fuoco antiaereo e dalla mancanza di riferimenti al suolo.
Durante le fasi di avvicinamento, infatti, molti dei
velivoli furono abbattuti o persero l’orientamento e i paracadutisti e gli
alianti non arrivarono sulle zone di lancio o di atterraggio previste; su più
di 1800 paracadutisti che costituivano la forza d’assalto, solo 295 arrivarono
ad assalire il ponte ed i pochi parà che si trovarono a difendere il ponte lo
fecero praticamente senza armi pesanti, che erano contenute negli alianti
dispersi.
L’esiguo numero di parà, che comunque prese il
controllo del ponte nella notte tra il 13 e 14 luglio, sminandolo e rendendolo
disponibile per il passaggio successivo delle truppe alleate, non consentì la
difesa dell’installazione il giorno seguente, quando le truppe inglesi vennero
attaccate con colpi di mortaio e di cannoni da 88 mm da parte dei “Diavoli
verdi”.