(3) La storia
Nella sua millenaria storia, la Sicilia è stato un vero crocevia di popoli diversi e conflitti, che ha visto il susseguirsi di numerose dominazioni, ciascuna delle quali ha lasciato il proprio segno nella cultura, tradizione e società.
Con specifico riguardo al contesto in argomento, risulta opportuno sottolineare che la Sicilia entrò nel Regno d'Italia animata da fervide speranze di rinnovamento.
I sistemi di governo dei nuovi funzionari piemontesi, però, non si rivelarono adatti alla situazione e divennero ben presto impopolari. Da qui il cosiddetto “antipiemontesismo", sfociato ben presto nel brigantaggio, nel banditismo (Salvatore Giuliano fu uno dei principali e più noti esponenti), nella diffidenza e nell'ostilità delle popolazioni che all'ingiustizia statale cominciarono a preferire la giustizia semplice (agli occhi di molti efficace) di organizzazioni settarie, come la mafia.
Il XX secolo trovò la Sicilia alle prese con quasi tutti i suoi problemi vecchi e nuovi che né i governi della Destra né quelli della Sinistra avevano saputo alleviare.
(4) Il potenziale economico
La situazione economica siciliana era gravemente deficitaria ancor prima dell’inizio delle operazioni militari anglo-americane: la penuria di mano d’opera, il razionamento alimentare ed energetico, il mercato nero, la crescita dell’inflazione ed il disagio sempre più diffuso tra le classi più povere, rappresentavano soltanto alcuni dei fattori di malessere economico e sociale, verso cui il governo italiano aveva dimostrato di essere palesemente in difficoltà.
La Sicilia aveva bisogno di importare dal continente non solo il carbone, il cemento, il ferro, gli attrezzi ed i macchinari necessari alla realizzazione delle fortificazioni difensive (realizzate poi in minima parte), ma anche i viveri ed i medicinali per le truppe dell’Asse e per gli stessi isolani.
In particolare, la situazione era precaria soprattutto nelle città a causa della carenza di grano (gli stessi carichi di frumento e di granturco provenienti dai Paesi danubiani[viii], non erano mai giunti nonostante le promesse del governo centrale). La Sicilia divenne, quindi, il principale focolaio del mercato nero, conseguenza delle difficoltà e delle restrizioni alimentari[ix].
Inoltre si ritiene necessario sottolineare come il razionamento dell’olio avesse indotto quale effetto una diminuzione della preparazione casalinga del sapone. Ciò contribuì alla propagazione della scabbia, che contagiò largamente anche le truppe[x].
Con riguardo poi alle vie di comunicazioni esistenti sull’Isola nel 1943, la rete ferroviaria aveva uno sviluppo di circa 2000 chilometri e collegava le principali città siciliane. Analoga lunghezza aveva la rete stradale statale, cui si aggiungevano altrettanti chilometri di vie secondarie. Dalle rotabili costiere, che univano le principali località litoranee, dipartivano numerose strade che, nell’insieme, costituivano quasi un reticolo con convergenza verso Palermo, più marcato nella Sicilia occidentale e meno in quella orientale[xi].
I trasporti erano tuttavia problematici e resi ancora più difficoltosi dai bombardamenti aerei delle linee ferroviarie dell’Italia meridionale, specie della Calabria, e dei porti siciliani divenuti ormai in parte inutilizzabili.[xii]
(5) Gli ordinamenti civili
La situazione morale, economica e politica della Sicilia aveva raggiunto un livello di gravità tale da indurre il Governo fascista a ricorrere ad un Commissario Straordinario civile per la Sicilia con il compito di coordinare l’amministrazione civile con quella militare[xiii]: la disorganizzazione e lo sfacelo erano però ormai giunti ad un livello irreversibile, al punto da rendere inefficace anche tale drastica misura.
Da una parte, quindi, il crescente malcontento, la crescente insofferenza di una popolazione già provata fisicamente e moralmente, dall’altra la retorica ufficiale della propaganda fascista che intendeva così celare i cedimenti ormai evidenti di un regime vacillante.
Per meglio comprendere l’esatta dimensione della confusione istituzionale che regnava nell’Isola nel periodo storico in esame, si deve prendere in considerazione l’ulteriore aggravarsi della disgregazione politico-economica siciliana allorquando subì anche l’urto di forze disgregatrici di tipo separatista e criminale[xiv].
Le illusioni del movimento separatista (facente capo ad Andrea Finocchiaro Aprile ed a Lucio Tasca Bordonaro), assai apprezzato dagli Anglo-Americani[xv], svanirono solo dopo il febbraio 1944 quando le autorità militari alleate riconsegnarono la Sicilia all’Amministrazione italiana.
Nel complesso quadro politico si inserisce, infine, il ruolo della mafia, fenomeno mai realmente abbattuto dal fascismo, ma solo addomesticato e inserito nel sistema e negli ingranaggi governativi[xvi].
Le occasionali azioni di resistenza antifascista ed antinazista furono invece determinate più da situazioni contingenti che da una effettiva volontà insurrezionale[xvii].
(6) Le istituzioni militari
Nel corso di tutta l’operazione, i soldati Alleati impegnati furono 478.000 (di cui 250.000 britannici e 228.000 americani), contro gli appena 175.000 italiani e 67.500 tedeschi che costituirono le forze dell’Asse a difesa dell’Isola, più un numero di 57.000 tra Italiani e Tedeschi addetti ai servizi[xviii].
Se l’esatta cifra sul numero effettivo dei militari impiegati non è univoco tra gli storici[xix], certo è che le forze da combattimento disponevano di un armamento del tutto inefficiente di fronte a quello nemico.
Lo sbarco in Sicilia fu la seconda più imponente operazione offensiva organizzata dagli Alleati nella seconda guerra mondiale; soltanto con l’invasione della Normandia (Operazione “Overlord”), undici mesi dopo, si impiegò un numero maggiore d’uomini. Nella fase iniziale dell’Operazione “Husky” furono sbarcate ben otto divisioni contro le cinque sbarcate nel corso della corrispondente fase in Normandia; la flotta navale riunita per “Husky” fu in realtà la più gigantesca della storia mondiale[xx].
Al di là della differente entità numerica dei due schieramenti, la difesa della Sicilia era in partenza un’impresa senza molte possibilità di successo, a causa dell’assoluto dominio del mare da parte delle forze alleata anglo-americana e della generale ed indiscussa superiorità aerea[xxi].
Questa percezione di inferiorità era comunque percepita da parte delle truppe italiane. Lo stesso Generale Rosi – nominato Comandante della VI Armata, preposta alla difesa dell’Isola, in sostituzione del Generale Ambrosio, passato allo Stato Maggiore Generale – scoprì nelle sue ispezioni che la Sicilia difettava di tutto, dal cemento per le fortificazioni ai cannoni, dai reticolati ai binocoli per le vedette. Spesso capitava che anche gli alloggi dei soldati mancavano di energia elettrica.
I nuclei, scriveva il Generale Rosi, mancavano “di motociclisti e soprattutto di idee chiare circa i compiti, dipendenze, collegamenti”[xxii].
Lo scarso numero delle difese fisse in cemento, l’insufficienza dei mezzi da trasporto, sia marittimi sia terrestri, incidevano notevolmente sull’intera organizzazione difensiva. I trasporti terrestri soffrivano per le distruzioni di materiale ferroviario e per i danneggiamenti alle stazioni, alle officine ed ai porti, nonché per la penuria di carbone e di gasolio e per la carenza di ricambi e di gomme[xxiii].
Tra le dotazioni era particolarmente carenti quelle di armi controcarro e mine; parimenti erano ben pochi i fossi anticarro realizzati prima dell’invasione.
Al di là delle evidenti disparità di carattere logistico, si sottolinea che la quasi totalità degli ufficiali presenti in Sicilia proveniva dalla riserva e mancavano di preparazione ed aggiornamento tecnico.
Quanto alle truppe, erano formate prevalentemente di classi anziane, appartenenti in maggioranza ai distretti siciliani: ciò, anziché costituire un incentivo a resistere accanitamente, rappresentò invece, talvolta, motivo di abbandono del proprio posto sin dai primi giorni dell’invasione per tornare dalle famiglie[xxiv].
A completare il quadro vi era poi la circostanza che la presenza sul suolo dell’Isola di corposi contingenti di truppe, sia italiane sia tedesche, sottraeva preziose risorse alimentari – già scarse – alla popolazione locale, facendo dei soldati una presenza mal sopportata. Inoltre, numerosi fonti assicuravano che incidenti tra siciliani e militari germanici erano frequenti[xxv].
Per la popolazione siciliana, l’idea che con l’arrivo degli Alleati tutto sarebbe mutato, rappresentò però solo un’illusione: con l’ordine generale n. 5 dell’08 ottobre 1943, a firma “Francis Baron Rennel of Rodd, Maggiore Generale, Capo degli affari civili”, venne ordinata la “denunzia dei prodotti essenziali” e la loro precettazione[xxvi]. Le truppe inglesi ed americane si lasciarono quindi andare a rapine e violenze e la loro presenza diede un ulteriore impulso al mercato nero.
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