Capire, quando si interviene in un conflitto, se si porta veramente la pace o si curano gli interessi degli Stati partecipanti
Che cosa intendiamo per “Missioni fuori area”. E’ un approccio sostanzialmente erede del conflitto bipolare e della guerra fredda, quando i due blocchi, che si estendevano per tutta l’Eurasia e la parte settentrionale del continente americano, controllavano le rispettive aree di influenza, attraverso le proprie organizzazioni sovranazionali di difesa, la Nato ed il Patto di Varsavia. In queste aree ogni sovvertimento dell’ordine e della legge era contrastato e controllato “in primis” dalla Nazione egemone (la Superpotenza) nel caso in specie USA o URSS, e poi dalla coalizione di Stati a loro referenti. Così per l’area sovietica i conflitti sorti come la rivolta nella Germania Orientale del 1953, quella in Ungheria nel 1956, in Cecoslovacchia nel 1968 furono tutti repressi dalla potenza egemone. In occidente la contestazione giovanile del ’68 fu assorbita dalle classi al potere.
Ogni intervento era “in area” e, pena lo scoppio di un conflitto generale, mai “fuori dell’area di influenza”. Se un conflitto scoppiava in aree fuori dalla sfera di influenza, le due Superpotenze si combattevano per “interposta persona”, ovvero sostenevano le due parti in conflitto in modo o diretto o indiretto con aiuti e mezzi.
Nel momento in cui, nel 1989 la URSS porta a termine il suo processo di implosione, viene meno una delle due Superpotenze che controlla la propria area di influenza e si creano aree in cui si può intervenire senza che si scateni un conflitto generale. Si hanno, quindi, interventi volti al ristabilimento della pace e della sicurezza che introducono il concetto di “Fuori Area”, ovvero interventi fuori da quella che fino ad allora era considerata la sfera di influenza di una Superpotenza; essendone rimasta in essere una sola, questa non può essere che l’Alleanza Atlantica e la sua organizzazione di difesa, ovvero la Nato. Da organizzazione difensiva che si contrapponeva al Patto di Varsavia, la Nato si trasforma sia concettualmente che territorialmente.
Alla fine degli anni novanta in ambito Nato è stato superato il concetto di “Area” e di “Fuori Area”, in quanto oramai ogni intervento è possibile senza che vi sia un equilibrio da rispettare come al tempo della guerra fredda. Al concetto di “missioni fuori area” si sostituisce quello di Crisis Response, (risposta alle Crisi) concetto che tende ad includere tutte le iniziative possibili in risposta alle crisi, compreso l’intervento militare. Questo concetto, che poi non è altro che la dottrina strategica Nato, a metà degli anni novanta, viene sostituito dal concetto ancora in essere, ovvero quello che e le forze Nato sono chiamate ad operare lì dove richiesto.
Se la Nato si è data una propria dottrina, e quindi per i Paesi Nato può non sussistere il concetto di “area” o di “fuori area” in quanto la Nato è sostanzialmente una organizzazione di Stati “regionale” e non globale, occorre introdurre un concetto per le Organizzazioni di Stati a carattere Globale, ovvero occorre dare una dottrina agli interventi in aree di conflitto all’ONU. La ragione di questa esigenza è da ricercarsi nel fatto che le operazioni sono divenute così complesse che è difficile poter definire come in passato in modo non equivoco che tipo di missione si sta compiendo, ovvero se effettivamente si interveniva per ristabilire la pace o per altri scopi. Di fronte alla sovrapposizione delle esigenze e dei compiti, all’affiancarsi di vari soggetti giuridici, si è giunti ad una definizione onnicomprensiva della missione, non caratterizzandola in modo specifico, ma inquadrandola in un ampio spettro.
E’ stato introdotto, quindi, il concetto di Peace Support Operations, ovvero quelle operazioni che non riguardano la difesa del territorio e dello spazio aereo nazionale e non sono di carattere bellico dichiarato. Il principio di Peace Support Operations ( P.S.O.), discende dall’approccio strategico in essere negli anni ottanta che va sotto il nome di Military Operation Other Than War (MOOTW), ovvero con questo approccio si raccoglie un ampio spettro di attività nel quale le capacità di una forza militare vengono utilizzate per scopi diversi da quello che si può definire “fisiologico”, cioè a dire l’impiego di una forza contro un avversario nel corso di un conflitto o di una guerra, con l’accordo o meno delle parti in conflitto. Quindi una definizione di Peace Support Operations può essere quella in cui si ha l’invio di personale militare, di polizia e civile, sotto comando di una entità giuridica sopranazionale o nazionale per mantenere fuori da scontri e/o conflitti, Stati e/o Comunità mentre sono in corso attività di mediazione per condurre le parti verso una soluzione negoziale e lo schieramento del personale internazionale viene comunque svolto con il consenso delle parti coinvolte, o meno, e per un periodo limitato.
Le caratteristiche delle Peace Support Operations devono rispettare alcuni criteri minimi, che sono in rapida sintesi: a) il rispetto reciproco cioè lo stabilimento di una mutua relazionalità positiva tra la forza e la pace quale che sia la sua natura/dipendenza e le/a parti/e in causa; b) imparzialità nell’assolvimento del compito; c) l’unicità di comando dei contingenti di truppa impiegati; d) credibilità dell’azione con le modalità di applicazione del mandato; e) uso limitato e ragionato della forza con il concetto di “minima proporzionalità”; f) relazionalità chiare, come lo stabilimento di punti di informazione e comunicazione con la/e parte/i, per evitare malintesi soprattutto a danno del/i contingente/i.
Il concetto di “Fuori Area”, peraltro rimane di attualità se si considerano, i soggetti, Organizzazioni sovranazionali o di Stati o altri soggetti, che prendono iniziative di supporto alla pace e di risposta alle crisi in essere “fuori” dai propri limiti istituzionali o in aree “esterne” alla propria zona di influenza e di interesse.[1] E’ necessario quindi vedere chi può organizzare come soggetto le Peace Support Operations e chi, mascherandosi dietro di esse, perseguire propri interessi.
Da un punto di vista strettamente giuridico le Peace Support Operations sono e possono essere organizzate, condotta e gestiste sotto l’egida:
a) Della Comunità Internazionale nella sua globalità
b) Da Organizzazioni di Stati a carattere “Regionale”
c) Da Organizzazioni Sub Regionali (o panregionali o transregionali)
d) Da una Coalizione di Stati costituita ad hoc (Multinazionale) ( La Pace di Alcuni)
e) Da uno Stato singolo ( La Pace di uno solo)
Vediamo in breve e nel pratico chi sono questi soggetti.
Primo Caso: Le P.S.O. gestite e volute della Comunità Internazionale nella sua globalità:
Dall’indomani dell sconfitta Napoleonica i sistemi di controllo e mantenimento della pace dell’ordine furono La Santa Alleanza (1815 –1848), sostituita nel 1856 e fino al 1914 dal Concerto delle Nazioni ( o degli Ambasciatori). All’indomani del Primo Conflitto Mondiale vi su “La Pace dei Vincitori” che durò poco (1919-1925) sostituita dalla “Società delle Nazioni (1925-1945). Dopo il Secondo Conflitto Mondiale si ha l’ Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) (1945 –2006 ed oltre) con tre periodi distinti: il periodo d’oro 1945-1961; il periodo dei veti incrociati (1962-1989) il periodo del caos e delle sconfitte (1989 – 2006 ed oltre)
Secondo Caso: Le P.S.O. gestite e volute della Comunità Internazionale con Organizzazioni di Stati a carattere “Regionale”.
In questo caso i soggetti sono, ad esempio, Il Commonwealth, L’OAU ( Organization of Africa Unity), La Lega degli Stati Arabi (LAS – Leaugue of Arab States), OSCE – Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, La Comunità Europea – l’Unione Europea, La Comunità degli Stati Indipendenti, L’OAS (Organization of American States), L’OIC ( Organization of Islamic States) ecc. Ovvero da Organizzazioni di Stati che si prefiggono di prevenire, gestire e risolvere conflitti in determinate parti del globo con proprie e distinte peculiarità.
Terzo Caso: Le P.S.O. gestite e volute della Comunità Internazionale con Organizzazioni di Stati a carattere “Sub Regionali ( o panregionali o transregionali)
Queste Organizzazioni raccolgono gruppi di Stati all’interno di una specifica area geografica e che operano per il mantenimento della pace all’interno dell’area geografica stessa.
Ma il mantenimento dell’equilibrio o della pace acquisita possono essere anche parte integrante della politica di uno Stato Sovrano che agisce nel proprio e nell’interesse proprio di alcuni Stati, al di fuori delle Organizzazioni Sopranazionali, siano esse globali, regionali o subregionali. La potenza di uno Stato è tale che le missioni per il mantenimento della pace sono organizzate e gestiste nell’ambito della politica di quello Stato, che può scegliere se agire da solo, oppure coinvolgendo altri Stati in una coalizione, di cui però lo Stato proponente rimane il leader indiscusso. In questo caso le operazioni per il sostegno della pace non dispongono del mandato giuridico di una organizzazione internazionale non essendo promosse da un soggetto giuridico internazionale. Giuridicamente, anche se agiscono sulla falsariga di quelle messe in atto su mandato o sotto l’egida di organismi internazionali, hanno un profilo minore e molti le considerano delle sottocategorie delle operazioni per il sostegno della pace, essendo evidente che l’interesse che sottendono ad esse promana da uno o più Stati.
In questo caso si possono avere:
Quarto Caso: Le P.S.O. gestite e volute da Una Coalizioni di Stati, fuori dalla Comunità Internazionale.
Per fare degli esempi, partendo dal passato, Cina 1904, la nota rivolta dei Boxers, con l’assedio dei quartieri delle ambasciate occidentali a Pechino che si protrasse per oltre due mesi, Honduras 1923, Spagna 1936-1939, Alessandretta 1937, Tangeri 1923, Ecuador /Perù I 1941, Ecuador/Perù II 1955, Ecuador/Perù III 1981, Ecuador/Perù IV, MOMEP I 1995, Ecuador/Perù IV MOMEP II 1997, Corea NNSC – (Neutral Nations Supervision Commission), Corea NNRC/NCF ( Neutral Nations Repatriation Commission) (Neutral Custodial Force), Birmania, ICSC/Indovina – 1954, ICCS/Vietnam – 1973, ICCS/ICSC II - 1989, IOTN/Nigeria 1967, SSM/SFM – Sinai 1976, MF&0 (Multinational Force & Observer), MNF I e II Libano,Yemen 1994, Sri Lanka 1995, Ulster, Filippine, Repubblica Centroafricana/MISAB-Cosab, Congo, Albania /FMP Forza Multinazionale di protezione, Grenada, Angola, Moldova/Transnistra, Mozambico, TIPH1 – Hebron Temporary International Presence in Hebron 1994, TIPH II - Hebron Temporary. ed altre. Un elenco di sigle[2] che può continuare, ma che serve a capire la complessità del problema in cui è facile, pescando in questa difficoltà, presentare una missione di pace per quello che non è o viceversa.
Quinto Caso: Le P.S.O. gestite e volute da un singolo Stato, fuori dalla Comunità Internazionale
L’esempio che si può fare è l’intervento della Svizzera all’indomani del primo conflitto mondiale. Neutrale nel conflitto, la Svizzera varò un programma di aiuti umanitari e di stabilimento di regolari traffici commerciali alle neonate Repubbliche dell’Europa Centro Orientale. In quanto i convogli ferroviari attraversarono zone sconvolte da disordini e conflitti, si decise di farli scortare dall’Esercito. Altro esempio, l’intervento della Gran Bretagna a Cipro nel 1954-1955, l’intervento Belga nella crisi del Ruanda-Urundi del 1955
Negli interventi in aree di crisi, quanto si avviano delle Peace Support Operations è essenziale individuare il soggetto giuridico internazionale che le gestiscono; il concetto di “fuori area” può essere utile per comprendere l’entità e la fenomologia del conflitto; il tutto è finalizzato per capire quali siano i reali interessi che si stanno difendendo se quelli enunciati per prevenire, ripristinare e ricostruire la pace oppure per perseguire interessi che con la pace non hanno nulla a che fare.
[1] Durante il periodo della crisi (1992-1995) nella ex-Jugoslavia, ad esempio, L’ONU ricevette a più riprese, date le difficoltà esistenti, l’offerta di invio di contingenti di truppa da parte della OIC (Organization of Islanic Conference) e della LAS (League of Arab States). Per ragioni di opportunità queste offerte furono lasciate cadere. Se fossero state accettate questi contingenti di Organizzazioni Regionali, avrebbero operato “fuori area”.
[2] Una ampia descrizione delle missioni del passato e del presente è in Magnani E., Il mantenimento della pace dal XIX al XXI secolo, in Supplemento alla Rivista Marittima, a. CXXXI n. 4 ( aprile 1988).
Ogni intervento era “in area” e, pena lo scoppio di un conflitto generale, mai “fuori dell’area di influenza”. Se un conflitto scoppiava in aree fuori dalla sfera di influenza, le due Superpotenze si combattevano per “interposta persona”, ovvero sostenevano le due parti in conflitto in modo o diretto o indiretto con aiuti e mezzi.
Nel momento in cui, nel 1989 la URSS porta a termine il suo processo di implosione, viene meno una delle due Superpotenze che controlla la propria area di influenza e si creano aree in cui si può intervenire senza che si scateni un conflitto generale. Si hanno, quindi, interventi volti al ristabilimento della pace e della sicurezza che introducono il concetto di “Fuori Area”, ovvero interventi fuori da quella che fino ad allora era considerata la sfera di influenza di una Superpotenza; essendone rimasta in essere una sola, questa non può essere che l’Alleanza Atlantica e la sua organizzazione di difesa, ovvero la Nato. Da organizzazione difensiva che si contrapponeva al Patto di Varsavia, la Nato si trasforma sia concettualmente che territorialmente.
Alla fine degli anni novanta in ambito Nato è stato superato il concetto di “Area” e di “Fuori Area”, in quanto oramai ogni intervento è possibile senza che vi sia un equilibrio da rispettare come al tempo della guerra fredda. Al concetto di “missioni fuori area” si sostituisce quello di Crisis Response, (risposta alle Crisi) concetto che tende ad includere tutte le iniziative possibili in risposta alle crisi, compreso l’intervento militare. Questo concetto, che poi non è altro che la dottrina strategica Nato, a metà degli anni novanta, viene sostituito dal concetto ancora in essere, ovvero quello che e le forze Nato sono chiamate ad operare lì dove richiesto.
Se la Nato si è data una propria dottrina, e quindi per i Paesi Nato può non sussistere il concetto di “area” o di “fuori area” in quanto la Nato è sostanzialmente una organizzazione di Stati “regionale” e non globale, occorre introdurre un concetto per le Organizzazioni di Stati a carattere Globale, ovvero occorre dare una dottrina agli interventi in aree di conflitto all’ONU. La ragione di questa esigenza è da ricercarsi nel fatto che le operazioni sono divenute così complesse che è difficile poter definire come in passato in modo non equivoco che tipo di missione si sta compiendo, ovvero se effettivamente si interveniva per ristabilire la pace o per altri scopi. Di fronte alla sovrapposizione delle esigenze e dei compiti, all’affiancarsi di vari soggetti giuridici, si è giunti ad una definizione onnicomprensiva della missione, non caratterizzandola in modo specifico, ma inquadrandola in un ampio spettro.
E’ stato introdotto, quindi, il concetto di Peace Support Operations, ovvero quelle operazioni che non riguardano la difesa del territorio e dello spazio aereo nazionale e non sono di carattere bellico dichiarato. Il principio di Peace Support Operations ( P.S.O.), discende dall’approccio strategico in essere negli anni ottanta che va sotto il nome di Military Operation Other Than War (MOOTW), ovvero con questo approccio si raccoglie un ampio spettro di attività nel quale le capacità di una forza militare vengono utilizzate per scopi diversi da quello che si può definire “fisiologico”, cioè a dire l’impiego di una forza contro un avversario nel corso di un conflitto o di una guerra, con l’accordo o meno delle parti in conflitto. Quindi una definizione di Peace Support Operations può essere quella in cui si ha l’invio di personale militare, di polizia e civile, sotto comando di una entità giuridica sopranazionale o nazionale per mantenere fuori da scontri e/o conflitti, Stati e/o Comunità mentre sono in corso attività di mediazione per condurre le parti verso una soluzione negoziale e lo schieramento del personale internazionale viene comunque svolto con il consenso delle parti coinvolte, o meno, e per un periodo limitato.
Le caratteristiche delle Peace Support Operations devono rispettare alcuni criteri minimi, che sono in rapida sintesi: a) il rispetto reciproco cioè lo stabilimento di una mutua relazionalità positiva tra la forza e la pace quale che sia la sua natura/dipendenza e le/a parti/e in causa; b) imparzialità nell’assolvimento del compito; c) l’unicità di comando dei contingenti di truppa impiegati; d) credibilità dell’azione con le modalità di applicazione del mandato; e) uso limitato e ragionato della forza con il concetto di “minima proporzionalità”; f) relazionalità chiare, come lo stabilimento di punti di informazione e comunicazione con la/e parte/i, per evitare malintesi soprattutto a danno del/i contingente/i.
Il concetto di “Fuori Area”, peraltro rimane di attualità se si considerano, i soggetti, Organizzazioni sovranazionali o di Stati o altri soggetti, che prendono iniziative di supporto alla pace e di risposta alle crisi in essere “fuori” dai propri limiti istituzionali o in aree “esterne” alla propria zona di influenza e di interesse.[1] E’ necessario quindi vedere chi può organizzare come soggetto le Peace Support Operations e chi, mascherandosi dietro di esse, perseguire propri interessi.
Da un punto di vista strettamente giuridico le Peace Support Operations sono e possono essere organizzate, condotta e gestiste sotto l’egida:
a) Della Comunità Internazionale nella sua globalità
b) Da Organizzazioni di Stati a carattere “Regionale”
c) Da Organizzazioni Sub Regionali (o panregionali o transregionali)
d) Da una Coalizione di Stati costituita ad hoc (Multinazionale) ( La Pace di Alcuni)
e) Da uno Stato singolo ( La Pace di uno solo)
Vediamo in breve e nel pratico chi sono questi soggetti.
Primo Caso: Le P.S.O. gestite e volute della Comunità Internazionale nella sua globalità:
Dall’indomani dell sconfitta Napoleonica i sistemi di controllo e mantenimento della pace dell’ordine furono La Santa Alleanza (1815 –1848), sostituita nel 1856 e fino al 1914 dal Concerto delle Nazioni ( o degli Ambasciatori). All’indomani del Primo Conflitto Mondiale vi su “La Pace dei Vincitori” che durò poco (1919-1925) sostituita dalla “Società delle Nazioni (1925-1945). Dopo il Secondo Conflitto Mondiale si ha l’ Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) (1945 –2006 ed oltre) con tre periodi distinti: il periodo d’oro 1945-1961; il periodo dei veti incrociati (1962-1989) il periodo del caos e delle sconfitte (1989 – 2006 ed oltre)
Secondo Caso: Le P.S.O. gestite e volute della Comunità Internazionale con Organizzazioni di Stati a carattere “Regionale”.
In questo caso i soggetti sono, ad esempio, Il Commonwealth, L’OAU ( Organization of Africa Unity), La Lega degli Stati Arabi (LAS – Leaugue of Arab States), OSCE – Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, La Comunità Europea – l’Unione Europea, La Comunità degli Stati Indipendenti, L’OAS (Organization of American States), L’OIC ( Organization of Islamic States) ecc. Ovvero da Organizzazioni di Stati che si prefiggono di prevenire, gestire e risolvere conflitti in determinate parti del globo con proprie e distinte peculiarità.
Terzo Caso: Le P.S.O. gestite e volute della Comunità Internazionale con Organizzazioni di Stati a carattere “Sub Regionali ( o panregionali o transregionali)
Queste Organizzazioni raccolgono gruppi di Stati all’interno di una specifica area geografica e che operano per il mantenimento della pace all’interno dell’area geografica stessa.
Ma il mantenimento dell’equilibrio o della pace acquisita possono essere anche parte integrante della politica di uno Stato Sovrano che agisce nel proprio e nell’interesse proprio di alcuni Stati, al di fuori delle Organizzazioni Sopranazionali, siano esse globali, regionali o subregionali. La potenza di uno Stato è tale che le missioni per il mantenimento della pace sono organizzate e gestiste nell’ambito della politica di quello Stato, che può scegliere se agire da solo, oppure coinvolgendo altri Stati in una coalizione, di cui però lo Stato proponente rimane il leader indiscusso. In questo caso le operazioni per il sostegno della pace non dispongono del mandato giuridico di una organizzazione internazionale non essendo promosse da un soggetto giuridico internazionale. Giuridicamente, anche se agiscono sulla falsariga di quelle messe in atto su mandato o sotto l’egida di organismi internazionali, hanno un profilo minore e molti le considerano delle sottocategorie delle operazioni per il sostegno della pace, essendo evidente che l’interesse che sottendono ad esse promana da uno o più Stati.
In questo caso si possono avere:
Quarto Caso: Le P.S.O. gestite e volute da Una Coalizioni di Stati, fuori dalla Comunità Internazionale.
Per fare degli esempi, partendo dal passato, Cina 1904, la nota rivolta dei Boxers, con l’assedio dei quartieri delle ambasciate occidentali a Pechino che si protrasse per oltre due mesi, Honduras 1923, Spagna 1936-1939, Alessandretta 1937, Tangeri 1923, Ecuador /Perù I 1941, Ecuador/Perù II 1955, Ecuador/Perù III 1981, Ecuador/Perù IV, MOMEP I 1995, Ecuador/Perù IV MOMEP II 1997, Corea NNSC – (Neutral Nations Supervision Commission), Corea NNRC/NCF ( Neutral Nations Repatriation Commission) (Neutral Custodial Force), Birmania, ICSC/Indovina – 1954, ICCS/Vietnam – 1973, ICCS/ICSC II - 1989, IOTN/Nigeria 1967, SSM/SFM – Sinai 1976, MF&0 (Multinational Force & Observer), MNF I e II Libano,Yemen 1994, Sri Lanka 1995, Ulster, Filippine, Repubblica Centroafricana/MISAB-Cosab, Congo, Albania /FMP Forza Multinazionale di protezione, Grenada, Angola, Moldova/Transnistra, Mozambico, TIPH1 – Hebron Temporary International Presence in Hebron 1994, TIPH II - Hebron Temporary. ed altre. Un elenco di sigle[2] che può continuare, ma che serve a capire la complessità del problema in cui è facile, pescando in questa difficoltà, presentare una missione di pace per quello che non è o viceversa.
Quinto Caso: Le P.S.O. gestite e volute da un singolo Stato, fuori dalla Comunità Internazionale
L’esempio che si può fare è l’intervento della Svizzera all’indomani del primo conflitto mondiale. Neutrale nel conflitto, la Svizzera varò un programma di aiuti umanitari e di stabilimento di regolari traffici commerciali alle neonate Repubbliche dell’Europa Centro Orientale. In quanto i convogli ferroviari attraversarono zone sconvolte da disordini e conflitti, si decise di farli scortare dall’Esercito. Altro esempio, l’intervento della Gran Bretagna a Cipro nel 1954-1955, l’intervento Belga nella crisi del Ruanda-Urundi del 1955
Negli interventi in aree di crisi, quanto si avviano delle Peace Support Operations è essenziale individuare il soggetto giuridico internazionale che le gestiscono; il concetto di “fuori area” può essere utile per comprendere l’entità e la fenomologia del conflitto; il tutto è finalizzato per capire quali siano i reali interessi che si stanno difendendo se quelli enunciati per prevenire, ripristinare e ricostruire la pace oppure per perseguire interessi che con la pace non hanno nulla a che fare.
[1] Durante il periodo della crisi (1992-1995) nella ex-Jugoslavia, ad esempio, L’ONU ricevette a più riprese, date le difficoltà esistenti, l’offerta di invio di contingenti di truppa da parte della OIC (Organization of Islanic Conference) e della LAS (League of Arab States). Per ragioni di opportunità queste offerte furono lasciate cadere. Se fossero state accettate questi contingenti di Organizzazioni Regionali, avrebbero operato “fuori area”.
[2] Una ampia descrizione delle missioni del passato e del presente è in Magnani E., Il mantenimento della pace dal XIX al XXI secolo, in Supplemento alla Rivista Marittima, a. CXXXI n. 4 ( aprile 1988).
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