di
Giovanni Cecini
L’uomo, in quanto “animale sociale”, ha connaturato l’istinto ed il desiderio di comunicare e quindi di allargare il suo spazio circostante. Nei secoli le invenzioni si sono succedute a ritmi sempre più incalzanti accrescendo, anche nel contesto relazionale e di mobilità, le occasioni per rendere l’essere umano più vicino o più lontano - a seconda dei casi - dai suoi simili.
Il “viaggio”, con i suoi connotati di scoperta, profitto economico, svago, ha ricoperto costantemente una centralità non da poco negli interessi e negli stimoli antropologici tanto che ancora oggi, benché tutto l’esplorabile sembra già noto, ci si spinge ancora oltre alla ricerca del perenne inesplorato.
Il treno, in epoca di satelliti e jet supersonici, potrebbe sembrare un po’ attempato, apparire lento e goffo ma proprio questa “anzianità di servizio” lo rende ancora più familiare a tutti, giovani ed adulti e oggetto per questo di spensieratezza e di gioia come di rispetto e di terrore, capace ancora di suscitare forti emozioni. La carrellata di episodi può spaziare a dismisura dal cinema alla letteratura fino a toccare le corde dei nostri ricordi personali: dalla paura degli ingenui spettatori del cinematografo che si rintanarono dietro le poltrone della sala alla prima dei fratelli Lumiére, alle risa provocate dal duo Troisi-Benigni alle prese con un Leonardo da Vinci macchinista di un improbabile locomotiva del “quasi 1500”, dal mistero di Agatha Christie sul lussuoso Orient Express fino ad un qualsiasi addio all’amata magari con fazzoletto bianco in una nebbiosa stazioncina di provincia. Tutti tasselli di un grande mosaico chiamato più semplicemente: treno, ferrovia, binario. Ecco quindi che in questa ottica ormai forse nessuno fa più caso alla prima metà dell’800 in cui “il cavallo di ferro” faceva i primi passi e rappresentava qualcosa di innovativo e per questo incerto, perché ancora in embrione tra gli “alambicchi” dei vari Seguin, Stephenson, Bayard.
Ovviamente anche le istituzioni militari in tutto il mondo, compresero ben presto l’utilità della nuova macchina e la fecero loro, rendendo gli spostamenti di truppe e materiali - e di conseguenza le guerre - più dinamici e veloci. In Italia, il Corpo militare del Genio Ferrovieri ebbe origine ufficialmente come “Brigata” nel 1873, in stretto contatto con lo sviluppo stesso dell’invenzione “treno”, ma esercitò la sua maturazione nel periodo della Prima Guerra Mondiale, quando la mobilitazione di massa per lo sforzo bellico imponeva parallelamente un adeguato impiego dei trasporti per uso militare. In questo frangente, per le sue peculiarità, la ferrovia si rivelò subito la regina delle comunicazioni anche per scopi bellici, dopo che da decenni aveva guadagnato la scena mondiale non solo surclassando il cavallo, la carrozza e la nave, ma creando intorno a sé una sorta di mito formatosi negli anni alimentato dal fascino delle locomotive sbuffanti o dei panorami sfuggenti dei finestrini.
Il Corpo partecipò a tutte le campagne e operando nei vari i teatri operativi occupandosi non solo del trasporto di truppe e merci militari, ma anche della progettazione e costruzione di intere linee ferroviarie, ponti e quant’ altro fosse necessario per il regolare traffico su ferro, fornendo quell’apporto logistico indispensabile per la normale ed eccezionale sopravvivenza dei rifornimenti militari in pace ed in guerra. Il suo particolare contributo, per esempio nell’ultimo conflitto mondiale, è stato assiduo ed efficace al seguito dei nostri soldati impiegati in Africa orientale e settentrionale, in Albania, in Provenza, in Grecia, in Jugoslavia ed in Russia. Ovunque questo corpo “tecnico” - per certi aspetti nascosto agli occhi dei più - si è distinto, ricoprendo quella indispensabile funzione spartiacque tra il ferroviere ed il combattente, autentica spina dorsale dello stesso Regio Esercito.
Dal 1975 l’unità è costituita come Reggimento atipico, che dipende per l'impiego ferroviario nazionale dall'Ispettorato Logistico dell'Esercito e dal Comando delle Forze Terrestri - COMFOTER Genio per quello "Fuori Area" (attività internazionale). Retto da un colonnello il personale è volontario; risulta ordinato suo su un Battaglione Armamento e Ponti (impegnato nella costruzione e nella manutenzione di strade ferrate) con sede a Castel Maggiore in provincia di Bologna ed un Battaglione Esercizio (impegnato appunto nella conduzione stessa dei treni) con sede ad Ozzano dell’Emilia, sempre in provincia di Bologna, trasferitosi dal 2001 dalla precedente sede di Torino presso la Caserma “Cavour”.
Ovviamente in tempo di pace, a maggior ragione nel secondo dopoguerra, i militari del Reggimento, si sono occupati della costruzione e manutenzione del sistema ferroviario italiano per scopi civili, fornendo all’intero Paese un contributo rilevante di slancio “unificante” e ricchezza economica dopo i tristi anni di miseria e distruzioni provocati dalla guerra.
In questa ottica nazionale, il Reggimento Genio Ferrovieri continua a mantenere uno stretto rapporto di collaborazione con le Ferrovie dello Stato (attualmente RFI, Trenitalia e Italferr) anche per fronteggiare i danni alla rete ferroviaria italiana provocati da possibili eventi calamitosi. Acquisita anche in questo ambito una elevata esperienza, ormai la sinergia tra organi militari e civili dello Stato rappresenta la vera carta vincente per fronteggiare al meglio i disastri naturali, quali terremoti e inondazioni, che tanto sconvolgono non solo il territorio in quanto tale, ma soprattutto la quotidianità delle popolazioni coinvolte. Ecco quindi uno dei più importanti contribuiti alla Nazione, quel valore sociale che si espleta sia nell’ordinario che nelle situazioni straordinarie, dove solo l’alta qualificazione professionale può velocemente normalizzare lo stato di crisi.
Il Reggimento addestra i militari volontari - e fino alla riforma delle Forze Armate anche i militari di leva - ed è incaricato di eseguire la manutenzione ordinaria e straordinaria dei raccordi ferroviari militari; provvede al montaggio di piani caricatori militari scomponibili per incrementare le capacità di carico e scarico delle stazioni ferroviarie; costruisce ponti metallici stradali e ferroviari; e per decenni ha fornito, in rinforzo alle Ferrovie, volontari capistazione, macchinisti, deviatori-manovratori ed operai all’armamento.
A ciò si aggiunge l’ attività all’estero che il corpo svolge a seguito delle missioni umanitarie degli organismi internazionali. Ecco quindi la presenza dei suoi uomini e delle sue strutture in Bosnia, in Kosovo, in Eritrea ed in Albania. Questi interventi hanno trovato il plauso dell’opinione pubblica e dato enorme credito al soldato come portatore e costruttore di pace. Proprio la funzione di “costruire” vie di comunicazione e quindi di creare velocemente ciò che è andato distrutto o che era mancante, umanizza ancora di più gli appartenenti al Corpo, percepiti dal cittadino come armati solo di solidarietà e di professionalità. Questo ultimo requisito – e non va dimenticato – è sempre stato un elemento distintivo del corpo, proprio perché anche nel periodo della leva non si limitava a addestrare superficialmente per pochi mesi giovani obbligati al servizio militare, ma creava, assolvendo una vera e propria scuola professionale di elevato livello, quello spirito giusto di alto valore sociale che poteva permettere, attraverso rafferme, uno sbocco lavorativo altamente qualificato da spendere sia in ambito militare che civile.
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