Considerazioni sulla Campagna di Russia
La carenza logsitica era tae che il Maresciallo d'Italia Giovanni Messe , comandante del C.I.S.R. aveva non qualche dubbio se continuare oppure arrestarsi nell'estate del 1941. Il porblema era serio Così lo espne nella sua relazione sugli avvenimenti del C.I.S.R. in quei primi mesi di campagna:
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Ma in realtà se le divisioni si erano attestate al fiume con la parte
combattente in tempo per partecipare attivamente alla battaglia di sfondamento,
la maggior parte delle truppe di corpo d’armata e soprattutto gli organi dei
servizi erano ancora disseminati su una profondità di circa 800 km. Ospedali,
forni, depositi di munizioni, materiali del genio, magazzini vestiario ed
equipaggiamento, delegazioni d'Intendenza, parchi, officine sostavano lungo la
interminabile linea di comunicazione, privi di ogni possibilità di spostamento
per insufficienza di mezzi.
La
stazione di testa ferroviaria era Belzy, a 378 km. dalla delegazione
d'Intendenza più prossima alle truppe operanti e soltanto per i primi di
settembre si prevedeva di rimettere in esercizio qualche tronco ferroviario più
avanzato.
Gli
automezzi incominciavano ad accusare lo sforzo eccessivo cui necessariamente
dovevano essere sottoposti; il servizio delle riparazioni procedeva con ritmo
inadeguato per insufficiente numero di autofficine e, soprattutto, per mancanza
di parti di ricambio (deficienza, quest’ultima che ha fortemente inciso
dovunque sul rendimento della nostra motorizzazione, già tanto scarsa
quantitativamente e qualitativamente tanto inadeguata). La conseguenza era la
progressiva diminuzione di portata dei nostri autotrasporti, materialmente espressa
dal sorgere dei primi “campi autoguasti”, veri cimiteri di macchine, destinati
a moltiplicarsi col procedere dell’avanzata.
Situazione
nel suo complesso preoccupante, suscettibile di miglioramento soltanto
attraverso un periodo di raccoglimento che, consentendo al corpo d’armata di
riunire le sue sparse membra, avrebbe potuto conferire alle unità maggior
vitalità operativa. Viceversa occorreva riprendere senza indugio il movimento
verso oriente, per affermarsi nel bacino industriale del Donetz e nella zona di
Rostov: un nuovo sbalzo di 300 km. alle cui incognite operative venivano
pertanto a sovrapporsi quelle, già tragiche, dei rifornimenti.
Avrebbe
potuto il Corpo di Spedizione superare la prova? o non si sarebbe corso il
pericolo di vedere le nostre truppe disperse su fronti e profondità smisurate,
senza viveri, senza munizioni, senza carburante, paralizzate ed inerti alla
mercè della reazione nemica?
Prudenza
avrebbe voluto che noi avessimo denunciato, fino da quel momento, la necessità
di una sosta, prima di riprendere a seguire gli alleati, tanto meglio
attrezzati per quel genere di operazioni e, soprattutto, assai meglio
alimentati dai loro organi di rifornimento. Ma ciò avrebbe significato la fine
del C.S.I.R. come unità combattente e la sua definitiva condanna alle retrovie
per servizi territoriali.
Suprema
responsabilità di comando di cui ricordo ancora oggi l’angoscia del travaglio!
Nel tormento delle decisione io “sentii” che il soldato era pronto ad
affrontare qualunque sacrificio pur di difendere la sua dignità e il suo buon
nome d’italiano.
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