(1)
Le cause reali,
remote e prossime
Le cause dell’invasione della Sicilia sono
da ricondurre a considerazioni di carattere essenzialmente politico-strategico:
l’Isola sarebbe stato l’obiettivo principale delle
armate americane e inglesi per colpire immediatamente il “ventre molle
dell’Asse”[i], duramente provata da tre
anni di guerra e prostrata dai continui bombardamenti aerei.
Tale assunto trova fondamento nella
ricostruzione del periodo di intensa preparazione che precedette l’invasione,
caratterizzato da dispute e indecisione.
Tra il 14 ed il 23 gennaio 1943 Roosvelt,
Churchill e i Capi di Stato Maggiore congiunti si riunirono nella conferenza di
Casablanca, dopo che Stalin aveva declinato l’invito per non assentarsi da
Mosca durante lo svolgimento della controffensiva di Stalingrado[ii].
Nell’ambito della conferenza si formarono
immediatamente due correnti dottrinarie: quella americana, soprattutto
rappresentata dal Gen. Marshall, desiderosa di conservare intatte le risorse
alleate per un prossimo attacco verso la Manica, e quella inglese che riteneva
preferibile proseguire nella cosiddetta “strategia periferica” volta a
sottrarre dalla difesa della “Fortezza Europa” almeno 55 divisioni tedesche, di
stanza in Francia e sul fronte orientale, per proteggere il fronte sud ed i
Balcani.
La decisione alleata non fu facile: il 18
gennaio 1943 l’invasione della Sicilia venne accettata dai partecipanti alla
conferenza e fissata poi per la fase di luna favorevole del 25 luglio o del 22
agosto.
Gli obiettivi generali erano così
identificati:
-
rendere
più sicura la linea di comunicazione marittima che attraversava il Mediterraneo;
-
allentare
la pressione tedesca sul fronte russo;
-
intensificare
la pressione sull’Italia;
-
agevolare
le trattative per indurre la Turchia ad entrare in guerra a fianco degli
Alleati.
A livello politico-militare, la successiva
Conferenza Trident tenuta dal Comando
alleato a Washington a metà maggio, non riuscì a raggiungere un accordo sulle
questioni strategiche lasciate irrisolte a Casablanca[iii]. «Il pomo della discordia era sempre lo
stesso: la richiesta americana che si ponesse un limite alle operazioni nel
Mediterraneo mirante a favorire l’invasione mediante l’attraversamento della
Manica, e l’affermazione inglese che la strada per la Francia passava
attraverso la Sicilia e l’Italia, perché ciò avrebbe costretto la Germania a
impiegare le sue sempre più scarse forze militari per difendere l’Europa
meridionale. Ancora una volta il Generale George C. Marshall guidò
l’opposizione americana dicendo bruscamente a Sir Alan Brooke[iv] di non
avere modificato la sua avversione per le operazioni nel Mediterraneo, le
quali, a suo parere, avrebbero creato un effetto di “pompa aspirante” a spese
di Overlord».
Churchill sperava che la campagna di
Sicilia avrebbe avuto una rapida fine e premeva per ottenere un impegno a
continuare le operazioni per mettere fuori combattimento l’Italia. Gli storici
ufficiali inglesi sostengono che la propensione inglese per il Mediterraneo era
dettata da «uno spirito di caccia e non
da qualche dedizione ad una “strategia periferica” – ancor meno da un calcolo
dei vantaggi politici ottenibili nel dopoguerra – ed era quello spirito che in
quel momento portava gli Inglesi a premere con impazienza perché le loro
recenti vittorie in Nordafrica venissero sfruttate fino in fondo[v]».
Quando Marshall si oppose e l’Ammiraglio
Ernest J. King[vi]
chiese un maggior impegno nel Pacifico, Brooke cominciò a disperare di riuscire
a trovare un terreno comune per uscire da quella situazione di stallo. Ma
grazie all’abile diplomazia di Sir John Dill[vii], una
serie di incontri “non ufficiali” raggiunsero un compromesso ingegnosamente
concepito che salvava la faccia placando le due parti contendenti, senza
riuscire però, neppure questa volta, a risolvere la questione ancora in sospeso
di un’invasione dell’Italia dopo la Sicilia (anche se il compromesso implicava
tale azione).
In esito ad un incontro ad Algeri tra una
delegazione inglese guidata da Sir Winston Churchill, George Marshall e il
generale Eisenhower, si pervenne ad un accordo informale che, dopo l’auspicato
successo dell’Operazione “Husky”,
“Ike” avrebbe proposto di sfruttare l’abbrivio continuando ad avanzare
attraverso lo stretto di Messina nell’Italia meridionale.
[i]Come, non senza ironia,
Winston Churchill aveva definito l’Italia di Mussolini.
[ii]Santoni
A., Le operazioni in Sicilia e in
Calabria, Stato Maggiore dell’esercito – Ufficio Storico, Roma, 1983,
pagina 26 e segg. – op. cit. -
[iv]Brillante e riservato
portavoce dei Capi di Stato Maggiore britannici.
[v] Bryant A., The turn of the Tide,
Londra, 1957, pag. 620.
[vi]Ammiraglio, capo delle
operazioni navali USA
[vii]Maresciallo di campo, già
Capo di Stato Maggiore imperiale UK, a quel tempo ufficiale superiore che
rappresentava i Capi di SM inglesi a Washington (sostituito da Brooke ed
esiliato a Washington con la qualifica di capo della missione dello SM inglese.
Nessun commento:
Posta un commento