Master di 1° Livello in Storia Militare Contemporanea 1796 -1960

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Il Corpo Italiano di Liberazione ed Ancona. Il tempo delle oche verdi e del lardo rosso. 1944

Il Corpo Italiano di Liberazione ed Ancona. Il tempo delle oche verdi e del lardo rosso. 1944
Società Editrice Nuova Cultura, Roma 2014, 350 pagine euro 25. Per ordini: ordini@nuovacultora.it. Per informazioni:cervinocause@libero.it oppure cliccare sulla foto

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giovedì 25 settembre 2014

Patria Indipendente. Numero Speciale per il 25 Aprile 2014

Per tradizione Patria Indipendente, la rivista dei  Partigiani d'Italia dedica un numero speciale alla data del 25 Aprile. Una tradizione che si rinnova ogni anno e che è ancora più apprezzabile in un panorama pubblicistico delle associazioni combattentistiche sempre più scarso.
(vedi post  di questo blog in data 14 maggio 2014)
 
riportiamo l'articolo di Massim Coltrinari dedicato ad uno dei maggiori episodi della crisi armistiziale
 
Cefalonia

 
“Capire è impossibile, ricordare è un dovere”

Cefalonia e le altre Cefalonie dell’armistizio del 1943.

 

Oggi citare Cefalonia nella pubblica opinione italiana ha un preciso significato: il sacrifico  di migliaia di soldati italiani per mano tedesca trucidati senza alcun motivo come rappresaglia e punizione per l’uscita della guerra l’8 settembre 1943 da parte dell’Alleato Italiano. In più si può aggiungere che tanta ferocia era la reazione tedesca alla constatazione, nel settembre 1943, che la guerra era perduta. L’Italia l’aveva compreso e cercava di uscirne sena altre tragedie, la Germania perseverava..

 Cefalonia ha assunto un valore simbolico, segno di sacrifico e dedizione alla Patria. Questa presa di coscienza è dovuta principalmente all’azione del Presidente Ciampi che dal 2003 in poi ha voluto riportare al centro della attenzione questo immane sacrifico dei saldati italiani, lui che ha subito, come sottotenente autiere, il dramma armistiziale in Grecia.

Ma fino a Ciampi per molti italiani Cefalonia non voleva dire alcunché. Anzi era meglio non parlarne, per non andare fuori del “ politico corretto”, soprattutto nell’ambito della storiografia accademica e non. Gli stessi Reduci non preferivano parlare di questo segmento di storia della Guerra di Liberazione e l’intero mondo della Resistenza dei militari Italiani all’estero rimase confinato nella memorialistica e nei ricordi e testimonianze personali.

 

Come il processo Eichmann nel 1962 è servito per far entrare nella coscienza del mondo e soprattutto europea quello che è stata non solo la Scioah, ma anche lo sterminio del “ diverso” (gli ammalati di mente, i diversamente abili, gli omosessuali, gli oppositori politici, i Rom, i testimoni di Geova, gli esseri considerati inferiori  come lo erano i prigionieri russi e in genere gli slavi ecc.), così Cefalonia rappresenta per la coscienza italiana il sacrificio del soldato italiano che si innesta in quello rappresentato all’Internamento in Germania ( siglizzato nella formula I.M.I) frutto della tragedia armistiziale.

Che cosa era successo a Cefalonia?

Isola Greca , insieme a Corfù, era presidiata dalla Divisione di Fanteria da Montagna “Acqui”, al comando del gen. Gandin, , che aveva in organico 11.500 uomini per l’occupazione di queste importanti isole greche. A questi uomini si aggiunsero all’indomani dell’armistizio, oltre 4000 uomini provenienti dalla’Albania, che si attestarono a Corfù

L’annuncio  dell’armistizio colse di sorpresa, come del resto tutto l’Esercito in armi, anche il Comando della Divisione. Il gen. Gandin. Che aveva assunto il Comando della “Acqui” solo qualche settimana prima, sostituendo il gen. Chiminello che fu mandato a comandare la divisione “Perugia” il 1 settembre 1943. E’ importante questo in quanto le due divisioni si opposero ai tedeschi, la “Perugia” rimase in armi combattendo i tedeschi fino al 3 ottobre 1943: ma i Comandanti erano “freschi” d comando e non “conoscevano” i loro uomini, ma soprattutto non “conoscevano i loro collaboratori. Passate le prime ore di incertezza, avuto da Atene, da cui dipendeva indicazioni vaghe e contraddittorie (se i tedeschi non si muovo, non si deve fare nulla) che permise ai tedeschi di organizzarsi, il 10 settembre l’ex alleato dettò le sue condizioni: cedere le armi e darsi prigionieri: risposta entro le 7 di sera. Iniziarono due giorni di incertezze: furono convocate assemblee di ufficiali, prassi regolamentare nel regio Esercito che permetteva ai Comandanti di conoscere l’opinione dei subordinati. Furono convocate anche riunioni ristrette dei Comandanti di Corpo: pochi erano per la era resa ai tedeschi e pochissimi volevano aderire; la stragrande maggioranza per il mantenimento delle armi e opposizione anche violenta al tedesco. Gandin sapeva benissimo che questo avrebbe significato rappresaglie tedesche. Troppo inesperto delle cose della Divisione, per prende decisioni immediate. Intanto nell’isola incidenti tra italiani e tedeschi si susseguivano a ritmo serrato, con i tedeschi sempre più aggressivi, ed i soldati lasciati nell’incertezza. Il personale dipendente diveniva sempre più irrequieto e partecipante alle decisioni, cosa che in guerra è sempre foriera di tragedie. Furono ascoltati anche i Cappellani: ma quale consiglio potevano dare se non quello da uomini di Chiesa?.La decisione non era stata ancora presa sul cosa fare, quando il 15 settembre, zattere tedesche con armati si presentarono davanti alle batterie italiane: i comandanti in sottordine, in particolare il Cap. Renato Apollonio senza esitare ordinò di aprire il fuoco e respinse lo sbarco tedesco, provocando morti e feriti ( la stessa cosa accadde il 29 settembre davanti a Porto Edda, difesa dalla Divisione “Perugia”, con lo stesso risultato: i tedeschi vennero respinti). Era lo scontro aperto. Se questa decisione fosse stata presa alla sera dell’8 settembre, i tedeschi non avrebbero avuto tutte le possibilità concesse in sette giorni di indecisione, e gli esiti dei combattimenti sarebbero stati ben altri.

Iniziarono giorni di combattimenti e sulle prime gli Italiani ebbero il sopravvento ( vennero fatti 500 prigionieri tedeschi, che furono racchiusi in un campo di concentramento, debitamente marcato con i segni germanici per evitare il cosiddetto fuoco amico; tali prigionieri dagli Italiani furono rispettati secondo la convenzione di Ginevra del 1929, anche se l’Italia non era in guerra con la Germania; a parti invertite, gli Italiani furono trucidati. Si rifletta in Germania su questo aspetto, prima di emettere giudizi sugli Italiani, su come si fa la guerra tra nazioni civili.). Cefalonia è anche questo.

Ricevuti debiti rinforzi, i Tedeschi, soprattutto con l’appoggio dell’aviazione tattica, ebbero modo di eliminare via via tutte le posizioni Italiane. Peraltro gli uomini della 2Acqui” non avevano scampo, senza l’appoggio della aviazione era impossibile resistere. E qui si apre il più grande punto interrogativo degli eventi della “Acqui”, prima, e della “Perugia”, poi: perche non furono soccorse? Perché non vennero aiutate e sostenute nella loro azione contro i Tedeschi. Cefalonia, Corfù, la costa albanese con il porto di Serrande era presidiata e tenuta da 20.000 italiani in armi. I tedeschi compresero subito questo pericolo e furono spietati.

Il Comando Italiano era a Brindisi, ad un ora di volo scarso, una notte di navigazione via mare, 55 kilometri di distanza. Convogli in partenza da Porto Edda, toccando anche Corfù, raggiungevano Brindisi ed Otranto. Il 19 settembre il ten. col Gigante della “Perugia” era partito da Porto Edda e si recò a Brindisi. Ritornò, novello Attilio Regolo, a Porto Edda con viveri, munizioni, un cifrario ed una Radio. Brindisi sapeva tutto, della “Acqui” e della “Perugia”  Cefalonia è anche questo: mancate risposte e domande omesse.

Le giornate fino al 23 settembre furono drammatiche: senza soccorsi, gli Italiani cedevano posizioni su posizioni fino a che a sera del 23 anche l’ultima cadde. Da Brindisi nulla. Dagli Alleati, nulla. La tragedia di Cefalonia inizia qui con la domanda: perche prima Gandin, e poi Chiminello,con i loro soldati combattenti contro i Tedeschi sono stati abbandonati a loro stessi?. Che significato poteva avere ribellarsi in un isola al tedesco e non sperare nei soccorsi?

Prima di portare l’attenzione a quello che seguirà è necessario riflettere su questo punto. Cefalonia merita una risposta.

Quello che seguì fu solo crimine di guerra, ferocia, rabbia che si sfoga dopo il pericolo corso, rancore, ovvero i più bassi istinti dell’uomo liberati senza alcun controllo.

Il 24 settembre viene fucilato il gen. Gandin, via via tutti gli altri ufficiali, per poi passare ai soldati. Il calcolo delle perdite a Cefalonia ancora non è stato fatto. Si deve partire da una situazione chiara: La divisione Acqui contava: 11525 di cui, 4000 a Corfù a cui si devono aggiungere3500/4000 uomini giunti dall’Albania, a Cefalonia vi erano, quindi 7525  uomini circa.

I calcoli delle perdite sono varie a seconda dei dati di partenza. In totale si parte da una cifra che va da 1647 Caduti in combattimento e fucilati dopo la resa, alle ipotesi dei dati disponibili negli anni novanta, secondo Giorgio Ro chat, che davano 6500 Caduti in combattimento e fucilati dopo la resa più 3500 Caduti in mare durante il trasporto. Dopo gli studi di Schreiber del 2001, Rochat parla di 3800 uomini Caduti in combattimento e fucilati dopo la resa e 1360 morti in mare. Secondo i Comandi tedeschi i Caduti in combattimento e fucilati dopo la resa sono 4000 e danno la stessa cifra per i Caduti in mare. Dodici le ipotesi formulate dei dati finali, tutte diverse tra loro a seconda dei dati di partenza.

Nella sostanza le cose mutano poco. I tedeschi invocano il diritto “statario”, gli ordini ricevuti, le disposizioni superiori.

C’è, nel solco negazionista, chi sostiene che, in base alla reazione italiana, i tedeschi erano nel loro diritto di sterminare gli Italiani. Ma se gli ordini erano gli stessi, agli stessi Comandi, perché a Cefalonia furono sterminati ufficiali, sottufficiali e truppa, mentre, per le stesse azioni, in Albania contro la “Perugia” furono fucilati solo gli Ufficiali? (198 Caduti ed il resto inviato ai campi di concentramento.) Gli ordini non vanno ristoppati ovunque, oppure si applicano a discrezione? Altro interrogativo di Cefalonia

I tedeschi esercitarono una rappresaglia massiccia sugli Italiani, senza motivo e giustificazione alcuna  se non quella belluina di dare “un esempio” e terrorizzare i loro nemici, che  altro non era che il segno della loro debolezza, quale era la loro situazione nei Balcani ed in Albania nel settembre 1943, con una guerra che dopo Stalingrado, era perduta.

Cefalonia è questo.

 Ricordare Cefalonia, il simbolo di tutte le Cefalonie che hanno punteggiato la nostra crisi armistiziale; ed anche qui, come per gli altri crimini tedeschi, Primo Levy va citato “capire è impossibile, ricordare è un dovere”.

 

 

 

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