”.
Nel momento in
cui il gen. Anders, il 17 giugno 1944, si recò al Quartier Generale del Corpo
Italiano di Liberazione, messo alle sue dipendenze proprio a far data da tale
giorno, oltre a portare i suoi saluti, spiegò ai Comandanti Italiani i suoi
intendimenti operativi.
Le forze al
suo comando dovevano avanzare in direzione nord, verso Ascoli Piceno ed Ancona
ed il loro compito era quello di inseguire il nemico e raggiungere Ancona. Per
assolvere a ciò si dovevano muovere su due direttrici: la prima, costituita
dalla strada statale 16 Adriatica, la quale sarebbe stata seguita dalle truppe
polacche con l’incarico di puntare su Ancona; l’altra direttrice, sulla
sinistra del fronte di avanzata, costituita dalle rotabili
Chieti-Teramo-Ascoli-Macerata, sarebbe stata seguita dal Corpo Italiano di
Liberazione, con l’incarico di proteggere il fianco sinistro del Corpo Polacco
ed occupare le varie località via via incontrate.
Si trattava
sostanzialmente di un grande inseguimento in cui il nemico avrebbe alternato
battute d’arresto, eventuali reazioni dinamiche e ripiegamenti subitanei, onde
evitare l’annientamento delle forze impegnate.
In questo incontro
i Comandanti Italiani dedussero che non vi era un piano preciso e dettagliato
per ogni singolo aspetto tattico. Erano stati determinati orientamenti di
massima, via via da integrarsi con ordini appositi, in relazione alla
situazione del momento.
Questo si
attuò tra il 17 giugno e la fine del mese, quando l’avanzata sulla dorsale
adriatica si svolse come era stato previsto: il nemico non riteneva di opporre
resistenza prolungata in un dato luogo e si comportava come ipotizzato.
Questa
situazione durò fino al ripiegamento dal Chienti ed all’arretramento sulle
posizioni del Musone da parte dei Tedeschi, linea scelta dal di loro Comando
per iniziare a cambiare atteggiamento tattico, ovvero resistere con più forze e
più a lungo sulle posizioni. La ragione di ciò era facilmente intuibile:
occorreva difendere Ancona ed il suo polo (aeroporto, nodo stradale con Roma,
raffineria e porto) il più a lungo possibile.
Giunti sul
Musone, i Polacchi impiegarono nuovamente la strategia già precedentemente
adottata: andare avanti, attaccare i tedeschi lunga la via di facilitazione più
breve e raggiungere l’obiettivo. Sono i giorni che vanno dal 1 al 6 luglio,
quando investono successivamente prima Loreto e poi Castelfidardo e giungono in
Osimo, in cui ancora viene attuato il concetto d’azione elaborato qualche
settimana prima. Anders e il suo Stato Maggiore comprendono a questo punto che
in tale modo Ancona non sarà conquistata senza un dispendio di forze eccessivo.
Non risulta possibile, infatti, impiegare in linea di fila le tre divisioni
disponibili, con una addirittura scaglionata in profondità per oltre
Inizia,
quindi, quella che poi, sempre secondo i Polacchi, fu una seconda fase ,
caratterizzata da un concetto d’azione totalmente diverso.
Il piano
predisposto dal gen. Anders per quella che poi venne chiamata
Facendo leva
su questa convinzione del nemico e mettendo in essere azioni tali da confermare
questa convinzione, il gen. Anders decise che l’attacco principale avrebbe
dovuto essere portato dall’ala sinistra dello schieramento del II Corpo d’Armata,
e che la 3a Divisione Carpatica avrebbe dovuto contestualmente
svolgere azione di fissaggio ed inganno delle forze tedesche contrapposte,
svolgendo una manovra diversiva rispetto a quella principale.
Osservato il
terreno ed i movimenti del nemico si riconobbe nel Monte della Crescia, ad
ovest di Osimo, il perno della difesa tedesca. A questo punto il piano
elaborato prevedeva che lo sforzo principale del II Corpo d’Armata Polacco
fosse esercitato proprio in direzione del Monte della Crescia, sulla direttrice
Monte della Crescia-Polverigi-Agugliano con due attacchi pressoché simultanei:
uno affidato alla fanteria appoggiata da carri armati che doveva partire da
Villa Simonetti verso il Monte della Crescia ed uno condotto da carri armati
che doveva partire da Santa Margherita-Regione Montoro e dirigersi verso
Casenuove-Croce San Vincenzo.
Dopo la
conquista del Monte della Crescia, che dominava tutto il terreno della
battaglia e operato lo sfondamento dei mezzi corazzati, il Corpo d’Armata
Polacco avrebbe dovuto proseguire sulle direttrice,
Offagna-Cassero-Castelferretti, per raggiungere Torrette, arrivando al mare e
Castelferreti-Falconara-Chiaravalle, chiudendo ogni via di fuga la guarnigione
tedesca di Ancona.
Al tempo stesso, parallelamente alle operazioni
in corso di svolgimento, doveva essere messa in atto la manovra diversiva ed
ingannatrice da parte della 3a divisione Carpatica,
volta a far credere ai Tedeschi che l’attacco principale sarebbe avvenuto lungo
la strada statale 16 Adriatica a sud di Ancona e lungo le strade costiere, con
azioni anche di vasta portata.
Alla 3a
Divisione Carpatica era altresì
affidato il compito accessorio di constatare l’inizio del movimento di ritirata
da parte dei Tedeschi, per successivamente procedere a pressarli da vicino
d’iniziativa, inseguendoli fino a conseguirne l’annientamento.
Il concetto di
azione per conquistare Ancona era dunque quello di impegnare i Tedeschi sulla
destra dello schieramento con una diversione, manovrandoli a fondo sulla
sinistra in una ristretta area dal terreno collinoso, caratterizzata da una
viabilità non eccellente, in modo da sorprenderli e, tagliando loro le linee di
ripiegamento, intrappolarli in una sacca. Per i
Il Corpo
Italiano di Liberazione aveva il compito di assicurare la protezione del fianco
sinistro dello schieramento e quindi permettere di sviluppare lo sforzo
principale, assecondare l’azione delle formazioni polacche e svolgere azione
attiva, forzando il fiume Musone e conquistando prima Rustico e poi con
convergenza verso ovest Santa Maria Nuova e, nel prosieguo delle operazioni,
raggiungere l’Esino e conquistare Jesi.
I compiti
assegnati alle unità dipendenti sulla base di questo piano risultarono i
seguenti.
Il II Corpo
d’Armata Polacco doveva conquistare il Porto di Ancona, l’aeroporto e la
raffineria di Falconara, inteso questo polo come “città di Ancona”, il cui
possesso era indispensabile per rifornire le truppe alleate da impegnarsi
nell’offensiva contro i Tedeschi che si stavano attestando su quella che poi
sarà definita la linea gotica. E’ importante sottolineare che il compito del
Corpo d’Armata Polacco non si limitava solo alla conquista di Ancona, ma anche
alla conquista della raffineria di Falconara e dell’aeroporto di Jesi.
Dalla sopra
delineata strategia si evince come il compito del Corpo Italiano di Liberazione
non sia stato affatto secondario: la conquista di Jesi, infatti, mette in
sicurezza sia la raffineria che l’aeroporto di Falconara, conquistati dai
Polacchi. Palese risultava l’estrema necessità di procedere alla presa del polo
di Ancona, al fine di affiancare - se non finanche sostituire - la capacità
logistica dei porti di Bari e di Taranto, ormai troppo distanti.
Questo compito
è fissato in modo lapidario e chiaro nel piano d’operazione n. 5.
Il II Corpo
d’Armata Polacco deve conquistare la città di Ancona ed annientare la 278a
Divisione tedesca.[1]
Compiti dei
reparti del II Corpo erano:
. La 5a
divisione Kresowa e
. La 3a
divisione Carpatica, rinforzata da
alcuni battaglioni delle altre divisioni, avrebbe dovuto condurre lo sforzo
secondario eseguendo una manovra diversiva e dimostrativa sul lato destro dello
schieramento.
.
L’artiglieria dell’intero Corpo d’Armata Polacco e del Corpo Italiano di
Liberazione doveva inizialmente concentrare la maggior parte del fuoco sulla
direttrice di avanzata della 5a Divisione fino alla conquista del Monte della Crescia
e successivamente in appoggio all’avanzata della II brigata Corazzata.
. Il Corpo
Italiano di Liberazione doveva forzare il Musone, conquistare la posizione di
Rustico, coprire il fianco sinistro delle formazioni polacche impegnate nella
manovra di aggiramento e, al raggiungimento dell’obiettivo, compiere forti
puntate nella direzione di Santa Maria Nuova e Casa Cappanera.
[1]
Come vedremo, il II Corpo d’Armata Polacco riesce
a conquistare il Polo di Ancona, ma non riesce a distruggere la 278a divisione
tedesca, che riesce a salvare gran parte del personale e del materiale. Questo
parziale insuccesso i Polacchi, con parole molto dure lo addebitano al Corpo
Italiano di Liberazione ed al suo Comandante.
Nessun commento:
Posta un commento