Il volume rappresenta una divulgativa sintesi della guerra di liberazione, riprendendo molto luoghi comuni e soffermandosi su aspetti spesso permeati dalla propaganda e dalla contrapposizione nord-sud, nel solco dell'approccio alla guerra di liberazione come una guerra civile, e non come il risultato di un fallimento ventennale di una classe dirigente approssimativa, impreparata e qualunquista, che, oltre che combattuta, andava sostituita.
Ovvero la guerra di liberazione una guerra rivoluzionaria e non una guerra sovversiva.
Un volume, quindi, di scarso valore, spesso fuorviante e lontano da una reale conoscenza delle motivazioni che spinsero degli sconfitti a reagire per una Italia diversa e migliore di quella per cui stavano combattendo e che rappresentavano.
Il quesito che viene posto ha una complessa ed interessante aggiunta di risposta: perchè coloro che dovrebbero essere i custodi della memoria, delle gesta e del ricordo di questi Caduti, negli anni immediatamente dopo la fine del conflitto si defilarono, poi iniziarono una blanda affermazione per sconfinare nel presente in cui la loro incidenza è pressochè nulla nel contesto della opinione pubblica italiana, seguiti su questa linea dai loro eredi materiali e spirituali?
Una ricerca interessante sarebbe quella di individuarne i motivi e le giustificazioni, ma questa ricerca riporterebbe a nudo una verità che sempre più si è fatta strada: la mancanza di etica, di morale e di cultura in una classe dirigente che anteponeva i propri personali interessi a quelli collettivi dell'Italia, substrato utile anche per capire l'Italia di oggi.
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