Il 1
ottobre 1943 gli Alleati entrarono a Napoli, e il gen Clark ebbe il suo momento
di gloria, anche grazie all’eco che la stampa diede all’avvenimento. Napoli era
una città distrutta. Aveva subito oltre 100 bombardamenti aerei di una certa
entità, la popolazione alla fame ed in preda ad una situazione
igienico-sanitaria preoccupante. Per stessa ammissione dei responsabili
alleati, le distruzioni che i tedeschi apportarono al porto ed alle
infrastrutture portuali non erano di entità tale da impedire un suo rapido
ripristino. Infatti il 24 ottobre, a sole tre settimane dall’inizio dei lavori
di ripristino, riuscì ad attaccare la prima nave Liberty con il suo carico. Da
quel momento Napoli ed il suo interland divennero una immensa base logistica
che sarà la base dell’operazione “Shingle”: tutto quello che sarebbe arrivato
ad Anzio veniva da Napoli e tutto quello che partiva da Anzio, anche la
popolazione civile che fu presto sgombrata, arrivò a Napoli. La città fu presto
attanagliata da due fenomeni, che ancora oggi stanno incidendo nel suo tessuto
sociale: il cosidetto “mercato nero” ed il fenomeno della prostituzione
volontaria di massa. Il mercato nero, in parte tollerato dalle stesse autorità
alleate, servì ad alleviare i bisogni immediati della popolazione, ma favorì il
costituirsi di fenomeni di delinquenza organizzata che piantarono solide
radici, mentre il dilagare della prostituzione, il cosidetto fenomeno delle
“signorine”, ben presto si affiancò al contrabbando di sigarette e di ogni
genere di beni economici che nella evoluzione del tardo dopoguerra si trasformò
nel fiorente traffico di stupefacenti.
Avendo
Napoli alle spalle, con una logistica di tutto rispetto, sostenuta da linee di
rifornimento marittime praticamente al
sicuro da ogni attacco nemico, gli Alleati iniziarono a risalire la penisola.
“Verso la
fine dell'ottobre del 1943, nella loro avanzata lungo la Penisola italiana, gli
alleati (5a Armata americana sbarcata a Salerno e operante sul versante tirrenico
e 8a Armata britannica, sbarcata in Calabria e nelle Puglie, procedente lungo
il versante adriatico) trovarono la via sbarrata da una forte linea di difesa
predisposta dai tedeschi e poggiata su notevoli gruppi montani.
Era la
cosiddetta “linea invernale” (Garigliano-Sangro) sulla quale i tedeschi avevano
schierato la loro 10a Armata, mentre altre forze, costituenti la 14a Armata,
erano tenute, di presidio e per la difesa delle coste, nell'Italia
settentrionale e in parte dell'Italia centrale.
Poiché,
fin dai primi contatti, la resistenza tedesca si dimostrò più forte del
previsto, gli alleati pensarono di facilitare il loro piano d’attacco, che
aveva per obiettivo Roma, con uno sbarco sul tergo della linea invernale.
L'efficacia
di questi sbarchi, di carattere tattico, sulla costa a tergo della linea nemica
aveva già destato l'interesse di Comandi alleati fin dalle operazioni finali
della battaglia in Sicilia. E, nella loro mente, l'interesse per questa
efficacia, andò rafforzandosi dopo lo sbarco di Salerno, quando cominciò ad
essere chiaro che i tedeschi miravano a costringere gli alleati ad una lunga e
costosa battaglia frontale lungo tutta la Penisola.
Cosicché,
poco più di un mese dopo questo sbarco, il Comando del XV Gruppo d'Armate non
esitò a proporre al Comandante in Capo delle forze alleate del Mediterraneo una
azione anfibia, aggirante, a tergo dell'ala destra dello schieramento tedesco
sulla linea invernale, e, fin dai primi di novembre, presso gli Stati Maggiori
alleati furono impostati e discussi piani, basandosi sull'impiego di una
divisione di fanteria rinforzata da mezzi corazzati.
Si era
però ancora nel campo delle discussioni, quando cominciarono a sorgere i primi
contrasti circa la G. U. che doveva essere destinata all'operazione. Escluso
l'impiego di una delle divisioni
che già erano nella Penisola, i pareri si divisero tra coloro che volevano
agire con una divisione britannica rinforzata da reparti marocchini, che dal
Nord Africa erano in procinto di partire per rinforzare le armate alleate
operanti in Italia, e coloro che volevano impiegare la 9a divisione americana
che era ancora in Sicilia, in attesa d'imbarco per l'Inghilterra, e che sarebbe
potuta essere rinforzata da un reggimento dell'82a divisione aviotrasportata.
Quest’ultima soluzione sembrò raccogliere le maggiori preferenze, perché,
essendo il contingente dello stesso esercito, semplificava il problema
logistico, ma fu poi ugualmente abbandonata per ragioni di equipaggiamento.
La
questione essenziale, non facilmente superabile, in questo periodo fu comunque
la insufficiente disponibilità di mezzi navali per il trasporto e per lo sbarco del Corpo di spedizione, a
causa del trasferimento , ancora in corso, delle forze destinate ad operare
contro le forze tedesche schierate sulla fronte Sangro-Garigliano e del loro
rifornimento, nonché del progettato spostamento della base dell'aviazione strategica
del Nord Africa in Italia, che si intendeva condurre a termine per la fine
dell'anno, e dell'ordine di avviamento in Inghilterra di tutti i mezzi navali,
comunque disponibili, adatti per trasportare carri armati.
Per avere
mezzi da sbarco (di appoggio, anfibi, di assalto, di approdo, speciali, ecc.)
furono pertanto necessarie laboriose trattative che si conclusero alfine con la
proroga della partenza dal Mediterraneo di una forte aliquota di tali mezzi.
Cosicché,
nel piano operativo esposto nella conferenza di Bari dell'8 novembre il
Comandante del XV Gruppo d’Armate poté considerare anche un’azione anfibia a
sud di Roma, diretta verso i Colli Albani o Laziali, in unione ad uno sbarco
aereo ad opera di un reggimento paracadutisti, cioè in complesso un’operazione
combinata.”[1]
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