Master di 1° Livello in Storia Militare Contemporanea 1796 -1960

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Il Corpo Italiano di Liberazione ed Ancona. Il tempo delle oche verdi e del lardo rosso. 1944

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lunedì 10 marzo 2025

La Campagna d'Italia. La conquista di Napoli e la Winter Line

 


Il 1 ottobre 1943 gli Alleati entrarono a Napoli, e il gen Clark ebbe il suo momento di gloria, anche grazie all’eco che la stampa diede all’avvenimento. Napoli era una città distrutta. Aveva subito oltre 100 bombardamenti aerei di una certa entità, la popolazione alla fame ed in preda ad una situazione igienico-sanitaria preoccupante. Per stessa ammissione dei responsabili alleati, le distruzioni che i tedeschi apportarono al porto ed alle infrastrutture portuali non erano di entità tale da impedire un suo rapido ripristino. Infatti il 24 ottobre, a sole tre settimane dall’inizio dei lavori di ripristino, riuscì ad attaccare la prima nave Liberty con il suo carico. Da quel momento Napoli ed il suo interland divennero una immensa base logistica che sarà la base dell’operazione “Shingle”: tutto quello che sarebbe arrivato ad Anzio veniva da Napoli e tutto quello che partiva da Anzio, anche la popolazione civile che fu presto sgombrata, arrivò a Napoli. La città fu presto attanagliata da due fenomeni, che ancora oggi stanno incidendo nel suo tessuto sociale: il cosidetto “mercato nero” ed il fenomeno della prostituzione volontaria di massa. Il mercato nero, in parte tollerato dalle stesse autorità alleate, servì ad alleviare i bisogni immediati della popolazione, ma favorì il costituirsi di fenomeni di delinquenza organizzata che piantarono solide radici, mentre il dilagare della prostituzione, il cosidetto fenomeno delle “signorine”, ben presto si affiancò al contrabbando di sigarette e di ogni genere di beni economici che nella evoluzione del tardo dopoguerra si trasformò nel fiorente traffico di stupefacenti.

Avendo Napoli alle spalle, con una logistica di tutto rispetto, sostenuta da linee di rifornimento marittime praticamente  al sicuro da ogni attacco nemico, gli Alleati iniziarono  a risalire la penisola.

 

“Verso la fine dell'ottobre del 1943, nella loro avanzata lungo la Penisola italiana, gli alleati (5a Armata americana sbarcata a Salerno e operante sul versante tirrenico e 8a Armata britannica, sbarcata in Calabria e nelle Puglie, procedente lungo il versante adriatico) trovarono la via sbarrata da una forte linea di difesa predisposta dai tedeschi e poggiata su notevoli gruppi montani.

 

Era la cosiddetta “linea invernale” (Garigliano-Sangro) sulla quale i tedeschi avevano schierato la loro 10a Armata, mentre altre forze, costituenti la 14a Armata, erano tenute, di presidio e per la difesa delle coste, nell'Italia settentrionale e in parte dell'Italia centrale.

Poiché, fin dai primi contatti, la resistenza tedesca si dimostrò più forte del previsto, gli alleati pensarono di facilitare il loro piano d’attacco, che aveva per obiettivo Roma, con uno sbarco sul tergo della linea invernale.

L'efficacia di questi sbarchi, di carattere tattico, sulla costa a tergo della linea nemica aveva già destato l'interesse di Comandi alleati fin dalle operazioni finali della battaglia in Sicilia. E, nella loro mente, l'interesse per questa efficacia, andò rafforzandosi dopo lo sbarco di Salerno, quando cominciò ad essere chiaro che i tedeschi miravano a costringere gli alleati ad una lunga e costosa battaglia frontale lungo tutta la Penisola.

Cosicché, poco più di un mese dopo questo sbarco, il Comando del XV Gruppo d'Armate non esitò a proporre al Comandante in Capo delle forze alleate del Mediterraneo una azione anfibia, aggirante, a tergo dell'ala destra dello schieramento tedesco sulla linea invernale, e, fin dai primi di novembre, presso gli Stati Maggiori alleati furono impostati e discussi piani, basandosi sull'impiego di una divisione di fanteria rinforzata da mezzi corazzati.

Si era però ancora nel campo delle discussioni, quando cominciarono a sorgere i primi contrasti circa la G. U. che doveva essere destinata all'operazione.  Escluso  l'impiego  di una delle divisioni che già erano nella Penisola, i pareri si divisero tra coloro che volevano agire con una divisione britannica rinforzata da reparti marocchini, che dal Nord Africa erano in procinto di partire per rinforzare le armate alleate operanti in Italia, e coloro che volevano impiegare la 9a divisione americana che era ancora in Sicilia, in attesa d'imbarco per l'Inghilterra, e che sarebbe potuta  essere rinforzata  da un reggimento dell'82a divisione aviotrasportata. Quest’ultima soluzione sembrò raccogliere le maggiori preferenze, perché, essendo il contingente dello stesso esercito, semplificava il problema logistico, ma fu poi ugualmente abbandonata per ragioni di equipaggiamento.

La questione essenziale, non facilmente superabile, in questo periodo fu comunque la insufficiente disponibilità di mezzi navali per il trasporto  e per lo sbarco del Corpo di spedizione, a causa del trasferimento , ancora in corso, delle forze destinate ad operare contro le forze tedesche schierate sulla fronte Sangro-Garigliano e del loro rifornimento, nonché del progettato spostamento della base dell'aviazione strategica del Nord Africa in Italia, che si intendeva condurre a termine per la fine dell'anno, e dell'ordine di avviamento in Inghilterra di tutti i mezzi navali, comunque disponibili, adatti per trasportare carri armati.

Per avere mezzi da sbarco (di appoggio, anfibi, di assalto, di approdo, speciali, ecc.) furono pertanto necessarie laboriose trattative che si conclusero alfine con la proroga della partenza dal Mediterraneo di una forte aliquota di tali mezzi.

Cosicché, nel piano operativo esposto nella conferenza di Bari dell'8 novembre il Comandante del XV Gruppo d’Armate poté considerare anche un’azione anfibia a sud di Roma, diretta verso i Colli Albani o Laziali, in unione ad uno sbarco aereo ad opera di un reggimento paracadutisti, cioè in complesso un’operazione combinata.”[1]

 



[1] Cfr. Puddu M., Lo sbarco e la battaglia di Anzio”, Roma, Tipografia Artistica A. Nardini, 1956. Pag. 9 e segg.

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