A partire dal 1945, a seguito del Decreto legislativo luogotenenziale del 21 agosto 1945, n.518, dal titolo Disposizioni concernenti il riconoscimento delle qualifiche dei partigiani e l'esame delle proposte di ricompense (d. lg. Lgt. 518/1945), furono istituite Commissioni regionali al fine di vagliare e definire la posizione dei partigiani. Le qualifiche individuate furono tre: partigiano, patriota e benemerito.
Si qualifica partigiano colui che è caduto o rimasto mutilato o invalido nella lotta di Liberazione; oppure per almeno tre mesi abbia militato in una formazione armata partigiana regolarmente inquadrata nelle forze riconosciute e dipendenti dal Corpo Volontari della Libertà; oppure per durata di servizio minore di tre mesi sia stato ferito in combattimento; oppure per almeno sei mesi abbia fatto parte di un Comando o di un servizio di Comando (informazioni, intendenza, ecc.) inquadrato nell'attività del Corpo Volontari della Libertà; oppure, in seguito a cattura da parte nazifascista per attività attinente al movimento militare, sia rimasto in carcere oltre tre mesi.
Si qualifica patriota colui che ha collaborato e contribuito attivamente alla lotta di Liberazione, sia militando nelle formazioni partigiane per un periodo minore di quello previsto, sia prestando costante e notevole aiuto alle formazioni partigiane.
Si qualifica benemerito colui che, pur non avendo i requisiti di patriota, ha svolto con proprio rischio rilevante attività nella lotta di Liberazione o collaborato con le bande attive. Corre l'obbligo di sottolineare come i criteri basati su dati oggettivi quasi esclusivamente militari, adottati per il riconoscimento delle qualifiche partigiane, abbiano di fatto fortemente penalizzato le donne e in genere chi svolse un'attività soprattutto di supporto logistico, assistenziale, informativo, solo in parte recuperata dalla qualifica di benemerito.
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