Monte Marrone (31 marzo 1944): l’affermazione del Corpo Italiano di
Liberazione come unità combattente.
In questo contesto si inserisce
l’impresa di Monte Marrone. (31 marzo
1944).
Un aspetto favorevole al
mantenimento del I° Raggruppamento
Motorizzato come unità combattente, costituisce il fatto notorio che gli
Statunitensi non avevano dimestichezza ed esperienza nella guerra in montagna.
Il più moderno e meccanizzato esercito del mondo si trovava in difficoltà sul
terreno appenninico dell’Italia meridionale, soprattutto in termini di
alimentazione logistica: i soldati statunitensi dovettero imparare a “condurre”
i muli e tutto quello che significava in termini di salmerie ed altro ed il cap. Silvestrini istituì apprezzatissimi
corsi di alpinismo, di scii e di sopravvivenza in montagna per le truppe
statunitensi. Successivamente, l’impresa del battaglione “Alpini” Piemonte fece definitivamente propendere
l’ago della bilancia verso il mantenimento di forze italiane di combattimento.
In realtà non si trattò di un’azione di guerra, ma di una difficile occupazione
a sorpresa del massiccio di Monte
Marrone, sperone avanzato del Parco d’Abruzzo che con i suoi
Il 6 febbraio 1944 le truppe del
I Raggruppamento Motorizzato muove da S. Agata dei Goti, con tutte le altre
truppe per raggiungere il fronte, in zona alto Volturno.
Arrivati in zona il 22 marzo 1944
e riconosciuta la posizione, venne elaborato il piano per la conquista della
vetta di Monte Marrone, che i Tedeschi non presidiavano d’inverno a causa
della copertura nevosa. Pur essendo tale circostanza
confermata dalle informazioni raccolte, non era del tutto escludibile la
possibilità che alcuni elementi Tedeschi fossero presenti, con conseguente
rischio di un combattimento ravvicinato. L’intera preparazione per l’impresa di
Monte Marrone fu, pertanto, estremamente accurata. Il colonnello Ettore Fucci,
vice comandate del I Raggruppamento
Motorizzato e Comandante della fanteria, fu l’estensore dell’ordine di
operazione per l’occupazione di Monte Marrone, che diresse dal suo Posto
Comando in Val Petrara.
Il capitano degli Alpini in
sevizio di Stato Maggiore, Augusto de Cobelli si recò di persona a riconoscere
le posizioni di Monte Marrone, mentre a Montelungo nessuno aveva avuto la
possibilità di provvedere alle necessarie ricognizioni, di modo che gli
itinerari seguiti dal battaglione “Piemonte” fossero ben conosciuti.
Se l’occupazione fu un’impresa
degna di nota, il valore delle operazioni di Monte Marrone dal punto di vista
militare fu dato dalla sua difesa. La relazione del Comandante di battaglione,
magg. Briatore, è una sintesi estrema benchè efficace della difesa di questa
posizione.
“Alle 3,25 del 1 aprile 1944 le vedette avanzate della 1a compagnia
alpini, schierate tra la q. 1770 di Monte Marrone e la selletta a nord della
quota, udivano rumori sospetti provenienti dal bosco antisante. La visibilità
era nulla a causa dell’oscurità notturna e della fitta nebbia. Poco dopo, lo
scoppio di una mina confermava il sospetto che si trattasse di un attacco
nemico. Dato l’allarme, le truppe si schieravano prontamente nelle loro
posizioni. Alle 4,30 cadevano sulle nostre posizioni numerosi copi di mortaio e
di artiglieria e di bombe lanciate con fucili lancia bombe e subito dopo
avveniva l’assalto nemico, accompagnato da fuoco d armi nemiche. I Tedeschi si
lanciarono contro le nostre posizioni al grido di assalto e nonostante la
grande reazione di fuoco delle nostre armi, un aliquota di essi riusciva a
superare la cintura del reticolato ed infiltrarsi nella nostra organizzazione
difensiva ove si accendeva una mischia violenta a colpi di bombe a mano con
tiri di moschetti automatici. Il pronto intervento dei pochi elementi di manovra
ed in special modo degli esploratori e di una squadra di fucilieri della 3a
compagnia, riusciva a respingere gli attaccanti che, approfittando
dell’oscurità e del fitto bosco, ripiegarono precipitosamente sulle posizioni
di partenza. Il combattimento durato circa due ore. Le forze attaccanti sono da
valutarsi, anche per le dichiarazioni di un tedesco prigioniero, superiori al
centinaio. I Tedeschi che hanno partecipato all’azione appartengono a reparti
Alpinjager ed indossavano tute bianche. Perdite nostre: 1 sottufficiale morto,
5 alpini feriti da schegge di mortai e da bombe a mano. Perdite nemiche 2
soldati morti accertati, 1 soldato prigioniero.
Presumibilmente le perdite del nemico sono state molto gravi essendo
state notate nella neve numerose macchie di sangue e tracce di corpi
trascinati. E’ stato rastrellato il seguente materiale: n. 2 mitragliatrici, 3
pistole mitra (parabellum), 4 fucili Mauser con lanciabombe, 1 pistola
lanciarazzi, canne di ricambio per mitragliatrici, 5 cassette porta munizioni,
1 barella porta feriti, 30 caricatori mitra, 20 bombe per Mauser lanciabombe, 9
bombe a mano. Il comportamento degli alpini è stato, ancora in questa
occasione, degno della massima ammirazione. Mi riservo di trasmettere alcune
proposte di ricompensa al Valor Militare. Sono da segnalare: a) il ritardo
nell’intervento dell’artiglieria nel tiro di sbarramento; b) numerosi colpi
dell’artiglieria caduti sulle nostre posizioni; c) l’imperfetto funzionamento
dei collegamenti telefonici per guasti alle linee causati da tiri di
artiglieria (il telefono della 1a compagnia ha quasi subito cessato di
funzionare per la linea colpita da un colpo di mortaio avversario) e per
l’ingombro delle linee determinato dalle continue premature richieste di
notizie da parte dei Comandi superiori. Firmato. Il magg. Comandante del
battaglione A. Briatore”[1]
L’occupazione e la mantenuta
posizione di Monte Marrone, nonostante il ritorno offensivo dei Tedeschi, ebbe
una vasta eco positiva in tutti i Comandi alleati e servì a dare maggiore
prestigio alle armi italiane: era ormai indubbio che gli Italiani sapessero
fare la guerra, almeno in montagna. Montelungo col suo strascico negativo era
ormai superato e le prospettive apparivano più rosee.
Nell’aprile-maggio 1944 le
operazioni si svolsero nell’area delle Mainarde.
Il Comando del X Corpo d’Armata
Britannico espresse l’intendimento di affidare al Corpo Italiano di Liberazione
operazioni offensive nella zona di Monte Mare e Monte Cavallo. Scartata l’idea
di attaccare con una azione frontale Monte Cavallo, che cala a picco su Valle
Venafrana, Utili progettò un piano che aveva come idea-base l’aggiramento da
nord dello stesso Monte Cavallo. All’operazione fu dato il nome di Monte
Cavallo. Ebbe inizio la mattina del 27 maggio e cominciò con una avanzata
generale su tutta
Quando, infatti, il Corpo di Liberazione Italiano iniziò ad
operare nelle Mainarde, soprattutto dopo l’occupazione e la difesa di Monte
Marrone e nelle operazioni dell’aprile-maggio successivo, rappresentò una forza
consistente che non poteva essere sotto valutata dal nemico. Evidente risultato
operativo costituisce la circostanza per la quale i Tedeschi, a difesa delle
loro posizioni nelle Mainarde e nella
zona del Parco Nazionale d’Abruzzo, dovettero tenere il LI Corpo d’Armata
Alpino, il quale per tale motivo è stato impossibilitato a partecipare alla
quarta battaglia di Cassino nel maggio 1944, che si concluse con la conquista
da parte dei Polacchi delle posizioni difese strenuamente dai Tedeschi di Monte
Sant’Angelo e delle rovine della abazia benedettina. Alle 10:45 a.m. del 18
maggio la bandiera polacca bianco-rossa sventolava su quelle rovine.
Dopo la presa di Cassino ed in
pieno sviluppo della offensiva per la conquista di Roma, il Corpo Italiano di
Liberazione, su richiesta Britannica, come visto svolgeva operazioni offensive,
quali la complessa operazione su Picinisco
(27-28 maggio 1944) e la puntata in Val del Canneto, il giorno 29 maggio
(operazione Chianti); proprio in questo giorno giungeva l’ordine del cambio di
dipendenza operativa, con il trasferimento del Corpo Italiano di Liberazione
nel settore adriatico.
[1] Campanella E., Monte Marrone: Cerniera tra il Primo Raggruppamento Motorizzato ed
il Corpo di Liberazione, cit., pag. 57-58
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