Nota a Margine del Progetto 2016/1 "Dizionario Minimo della Guerra di Liberazione " Draft.
Agli
inizi del 1944 il gen. Eisenhower e il gen. Montgomery fino ad allora assoluti protagonisti delle
operazioni in Italia, vengono chiamati in Gran Bretagna per occuparsi
direttamente della operazione Overlord. E’ un momento strategico significativo.
Ormai il teatro mediterraneo deve lasciare il passo a quello occidentale, dove
ogni risorsa dovrà essere destinata alla apertura del secondo fronte. Gli
uomini che sostituiscono Eisenhower e Montgomery sono uomini di secondo piano,
come di secondo piano diviene il fronte italiano. Si assisterà ad un continuo
ritiro di forze alleate, destinate in Gran Bretagna, ed ad un costante
rimpiazzo di queste con forze provenienti dai quattro angoli dell’impero e dal
resto del mondo: oltre agli indiani, arriveranno i polacchi, i brasiliani, i
neozelandesi, mentre lasciano l’Italia, anche perché il loro comportamento non
è stato irreprensibile, anzi molto discutibile e biasimevole, le unità del
Corpo di spedizione francese, composto per la maggior parte da truppe
coloniali. Questa politica strategica, nella seconda metà del 1944 favorirà
proprio di Italiani, che, mentre nella prima metà dell’anno sono visti ancora
come nemici vinti e, soprattutto da parte britannica, da impiegare solo nel
settore logistico, con l’operazione Anvil - Dragoon e tenendo presente il
favorevole sviluppo delle operazioni in Francia, nella seconda metà dell’anno
saranno chiamati a dare consistenti forze combattenti per tenere il fronte
italiano. Sarà la trasformazione del Corpo Italiano di Liberazione, ritirato
dalla linea nel settembre del 1944, quando aveva raggiunto il Metauro, nei
Gruppi di Combattimento, ovvero unità combattenti a livello divisione che
porterà le forze combattenti italiane a 250.000 mila effettivi.
Gli
Alleati erano convinti che la risalita della penisola italiana fosse
relativamente agevole, ma la battaglia di Ortona nel dicembre 1943 dimostrò che
i tedeschi, con la tattica dell’arresto momentaneo su posizioni prestabilite, reazioni
dinamiche immediate e sganciamento preventivo dopo che l’attacco alleato era
stato montato su posizioni arretrate già organizzate a difesa, potevano
mantenere il loro potenziale di difesa, senza impiegare ulteriori forze. La
speranza alleata di alleggerire il fronte orientale si dimostrò vana, tanto che
il Maresciallo Stalin non considerò mai il fronte italiano come il secondo
fronte in Europa, anche se i tedeschi dovettero impegnare circa 30 divisioni
tra il fronte e le retrovie, che però nel bilancio generale della guerra ebbero
poco peso.
All’inizio
del 1944. Gli Alleati, nella loro progressione verso nord, il due gennaio
diedero inizio a quella che poi fu chiamata la battaglia di Cassino, che
sviluppatesi in quattro fasi, si concluderà il 24 maggio: Cassino era il perno
della difesa, sovrastata dalla maestosa ed imponente abbazia benedettina, che
però dal punto di vista militare non aveva alcun valore e praticamente
insignificante. Il suo valore, più che altro deterrente, era di caratteri
piscologico e morale. Il terreno era quanto mai difficile ed adatta più alla
difesa che all’attaco; non era possibile impegare le forze corazzate a massa,
mentre la artiglieria aveva buon gioco più nella difesa che nell’attacco.
L’aviazione tattica era limitata sia dalle postazioni in caverna o al riparo
della difesa che dalla identificazione degli obiettivi difficilmente
individuabili e perseguibili. Gli alvei
dei fiumi Liri, Rapido e Garignano rappresentavano punti critici per
l’attaccante, e appigli tattici abbastanza buoni per il difensore; i sistemi
montuosi degli Aurunci e di monte Trocchio erano altrettanti pilastri di difesa
che, a posteriori, permettono di dire che la loro difesa bloccò l’avanzata
alleata, data da tutti certa e sicura, fu bloccata per cinque mesi.
Le
forze contrapposte vedevano da una parte i tedeschi, al saldo e preciso comando
del gen. Kesserling, che disponeva di 10 divisioni, non tutte al massimo della
efficienza, ma con personale deciso, di sicuro affidamento e di grande
esperienza. Gran parte di queste forze erano ordinate nella X Armata al comando
del gen. Wietingoff, che aveva la diretta responsabilità del fronte tirrenico.
Di fronte gli alleati schieravano il II C.d.A. del gen. Keyes, inquadrato nella
V Armata al comando del gen. Clark.
Nel
momento in cui furono investite le posizioni tedesche, le zone di protezione e
di frenaggio funo facilmente superate. Il 15 gennaio fu investita la posizione
di resistenza e l’azione, protattasi per giorni, con attacchi sul Garigliano e
sul Rapido, con la protezione sul fianco del Corpo di Spedizione Francese,
doveva essere aiutata dalla azione concorrente della operazione “Schingle”. Il
22 gennaio 1944 il VI C.D.A. che comprendeva anche forze britanniche, sbarcava
a sud di Roma, nel litorale laziale con l’obiettivo di tagliare ogni
alimentazione e quindi accerchiare le forze tedesche schierate sulla linea
Gustav. Cassino quindi doveva cadere dalle azioni combinate di attacco da sud e
aggiramento mediante lo sbarco ad Anzio. Entro in azione anche il X C.d.A.
britannico al comando del generale Mc Creery, che superò il Garigliano, e
conquistò la località di Minturno.
Nella
prima metà di febbraio il Comando alleato constatò che lo sbarco ad Anzio era
stato bloccato e le offensive contro la linea Gustav non avevano dato i
risultati sperati. Kesserling, peraltro, fu costretto a chiamare in Italia tre
divisioni, per sostenere il fronte di Cassino, ed altre due, poi tre per
bloccare e cercare di eliminare o bloccare la testa di ponte di Anzio.
Convinti
che l’Abazia di Monte Cassino fosse utilizzata dai tedeschi, in violazione agli
accordi internazionali di neutralità) era considerato territorio del Vaticano,
Stato neutrale) gli alleati decisero di bombardarla. Fu un grave errore tattico
e piscologico. I tedeschi si installarono subito fra le rovine, ed ebbero
ulteriori osservatori sul campo di battaglia. L’attaco lanciato in
contemporanea al bombardamento dai neozelandesi, il cui comandante gen. Freyberg
aveva insistentemente voluto il bombardamento della abbazia, fu respinto.
Un
lungo periodo di maltempo bloccò ogni operazione sul fronte di Cassino per
diverse settimane. Il 15 marzo l’attaco fu di nuovo tentato. Iniziò con un
potente bombardamento aereo (oltre 1000 tonnellate di bombe furono lanciate)
seguito da un fuoco di sbarramento di artiglieria, finito il quale la fanteria
iniziò ad avanzare, appoggiata dai mezzi corazzati. Le unità impiegate erano
sempre neozelandesi, affiancate dalle truppe indiane del generale Turker. Alla
fine della giornata metà della cittadina di Cassino era in mano alleata: il il
giorno successivo i paracadutisti tedeschi della 1° Divisione passarono al
contrattacco e ristabilirono le posizioni. Ancona una volta gli alleati erano
stati fermati.
All’inizio di maggio venne messo allo studio
un nuovo piano di attacco per superare le difese tedesche di Cassino. Attacco
frontale che doveva essere sostenuto da
azioni concorrenti, come quella di puntare al di là del Garigliano ed avere
come obiettivo Valmontone. Gli alleati schierarono se divisioni, di cui 12 ( inglesi, 4 francesi, 2
americane, e 2 polacche per l’attaco frontale) e le altre 4 per che dovevano
bloccare le divisioni tedesche per
aggiramento ed impedire loro di raggiungere le posizioni arretrate) contro le
sette divisioni tedesche, che comprendevano oltre a quelle della X Armata anche
quelle della XIV Armata. L’11 maggio inizio il fuoco dell’artiglieria con oltre
2000 pezzi, a cui si sovrappose i bombardamenti della aviazione tattica. Le
sorti della battaglia rimasero incerte per oltre tre giorni. Il 14 maggio le
divisioni francesi conquistarono il monte Faito ed il Monte Maio, raggiungendo
Ausonia. Il 15 gli attacchi americani lungo il litorale tirreno ebbero esito
favorevole, ed il XIII C.d.A. prese Pignataro, che con la sua ala destra potè
dare un valido contributo alla azione del Corpo Polacco, la cui progressione
verso l’area della Abazia si sviluppo nei giorni successivi. Ormai le difese
tedesche erano ovunque attaccate e si cominciarono a sgretolarsi. Dopo un
ulteriore sforzo, il 18 maggio i Polacchi piantarono la loro bandiera sulle
rovine dell’Abazia, e la situazione si sbloccò sull’intero fronte.. La
battaglia per Cassino era termina
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