di Mario NASATTI
La prigionia nei Lager nazisti
I momenti belli durano
poco, infatti, 3 mesi dopo, l’8 settembre 1943, l’annuncio
dell’Armistizio coglie mio padre e il Ten. Giuseppe Lazzati a Merano nella
Caserma del 5° Alpini con le reclute del 2° scaglione, classe 1924, provenienti
da Lecco. La maggioranza dei militari, compresi i Comandanti, rifiuta di
continuare a combattere al fianco dei tedeschi: saranno catturati e deportati
nei Lager nazisti in territorio germanico, dando inizio alla Resistenza disarmata.
Il sergente Nasatti, veterano decorato al Valor Militare, è scelto come capo
baracca, rispetto agli altri internati se accettasse avrebbe dei vantaggi: rinuncia
per non servire i nazisti e stare accanto ai suoi Alpini. Stimato dai
prigionieri, costretto al lavoro coatto, subirà maltrattamenti inumani dai
Kapò, patirà umiliazioni, fame e freddo ma troverà la forza e il coraggio di
resistere, al pensiero dei suoi cari che anelano il suo ritorno.
Lo scorso 2 maggio il Gen. di C.A. Salvatore Farina, attuale
Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano, in occasione del 75°
anniversario della fine della 2°Guerra Mondiale ha ricordato il contributo dei
militari italiani combattenti la Battaglia di Montelungo (7-16 dicembre 1943) a
fianco degli Alleati e quello dei 700.000 Militari Italiani Internati (IMI)
di cui ben 50.000 persero la vita nei famigerati Lager nazisti.
Papà sarà liberato a guerra finita dai russi. Tornerà a casa dopo
un viaggio allucinante di 4 mesi in massima parte a piedi, dall’alta Polonia al
Brennero, attraverso città e territori devastati dalla follia della guerra. Dimagrito
e provato, finalmente, la mattina del 26 agosto abbraccia sua moglie e il suo bimbo
che aveva lasciato in fasce. La famiglia è riunita e, la vita, degna
d’essere vissuta, ricomincia.
Fine della guerra, nascita della
Repubblica Italiana
2 giugno 1946, l’Italia, dalle macerie della guerra, rinasce
come Repubblica libera e democratica fondata sul lavoro. Fra i padri costituenti il dott. Giuseppe
Lazzati, ufficiale degli Alpini, reduce dai Lager nazisti.
Giacomo, congedato dopo 90 mesi passati al servizio della Patria,
viene assunto come operaio falegname presso la Società elettrica Orobia,
in seguito diverrà ENEL. Luglio 1946 nasce mia sorella Ada. Nel 1950 insieme al fratello Galdino, (anch’egli
reduce di guerra e prigionia) acquista una porzione terreno a Valmadrera. Lo
zio muratore e papà falegname si rimboccano le maniche e, con l’aiuto di amici
e parenti, costruiscono due casette ognuna col suo orticello. Ricordo la gioia di
mamma e l’orgoglio di papà per la nostra casa. In quegli anni riceve visite dai
suoi ex commilitoni. Il sindaco, nelle ricorrenze patriottiche, invita papà
accanto a sé. Nel 1957 nasce mio fratello Fabrizio e il Gruppo Alpini
Valmadrera di cui Giacomo è cofondatore e capogruppo.
Due anni dopo, nel 1959, partecipa alla consacrazione della Chiesetta
votiva del Battaglione “Morbegno” al Pian delle Betulle in Valsassina. Quella
domenica ero presente anch’io, sedicenne, col gagliardetto del Gruppo Alpini
Valmadrera. Ricordo la moltitudine di Alpini e persone sul prato antistante la
nuova Chiesetta e il toccante incontro di mio padre con alcuni suoi Alpini i
quali in segno di stima e sincera amicizia formarono un gruppetto vicino a Giacomo,
“il loro sergente”, che nei Lager nazisti aveva rifiutato i vantaggi di
capo baracca per non lasciarli soli, sull’esempio del Beato Teresio Olivelli
e del Venerabile Giuseppe Lazzati.
Negli anni a seguire, ogni prima domenica di settembre, Giacomo
salirà in pellegrinaggio al Pian Betulle presso la Chiesetta Votiva del
“Morbegno” per ritrovarsi con i suoi Alpini e ricordare i commilitoni Caduti e quelli
“andati avanti”.
(segue con post in data 12 luglio 2020: info:quaderni.cesvam@istitutonastroazzurro.org)
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