a.
Considerazioni finali riferite all’epoca del conflitto
Le operazioni sulla Winter
Line, condotte dal 15 novembre 1943 al 15 gennaio 1944, terminarono con la
conquista da parte degli alleati delle posizioni su entrambi i lati degli
Appennini. L’8^ Armata britannica a est aveva attraversato i fiumi Sangro e
Moro avanzando lungo la costa adriatica. Sul versante tirrenico la 5^ Armata di
Clark respinse i tedeschi fino alla linea Gustav raggiungendo la valle del Liri
e ponendo pertanto le premesse per aprire agli alleati la strada per Roma da
sud est. Per entrambi la possibilità di successo fu contrastata
dall’inaspettata e abile difesa tedesca che non si disintegrò mai sotto
l’attacco, dando l’opportunità agli alleati di sferrare un colpo decisivo per
aprire la strada lungo la Valle
del Liri o una manovra dal fianco nord est attraverso Ortona e quindi Roma.
Il successo della 5^ Armata non
è evidente se misurato in terreno effettivamente conquistato, considerato il
tempo impiegato di quasi due mesi per conseguire l’end state desiderato, la conquista di S. Pietro Infine. Tuttavia va
tenuto presente che i tedeschi difesero con le forze principali il più forte
sistema di fortificazioni finora incontrato nel corso della campagna,
mantenendo il vantaggio della scelta del campo. La stagione invernale, il
terreno difensivo ideale e la determinazione dei tedeschi resero l’avanzata
degli alleati un’operazione lenta e costosa, raggiunta attraverso successi
parziali, non sfruttati appieno per un’azione decisiva e ottenuti a caro prezzo.
Le perdite della 5^ Armata ammontarono a circa 16.000 uomini[i].
D’altra parte anche le forze tedesche subirono un logoramento al punto di non essere
in grado di lanciare una controffensiva decisiva. Gli effetti della guerra di
attrito si ripercossero sugli intendimenti dei belligeranti nel corso del 1944.
Ogni singolo successo degli alleati e la crescente pressione sul fronte
difensivo rese impossibile per il Comando Tedesco ritirare le ventidue divisioni
di Kesselring per contrastare gli alleati sul continente europeo.
Dalla ricostruzione degli
eventi, in particolare, emergono almeno due fattori chiave che ebbero peso
nella pianificazione e condotta delle operazioni offensive terrestri da parte 36^ Divisione del
II Corpo d’Armata: le condizioni del terreno e l’abilità dei tedeschi a
sfruttarlo a proprio favore in combattimenti d’arresto di fanteria, dove ebbero
un ruolo importante, oltre all’organizzazione difensiva, lo spirito combattivo
e il morale saldo. Tali fattori decisivi saranno di seguito analizzati per
trarre poi alcune considerazioni sull’attacco alla stretta di Mignano e sulle
conseguenze che ebbe sul successivo sviluppo della Campagna d’Italia.
(1) Il terreno difensivo
In corrispondenza della
stretta di Mignano, il terreno si era rivelato estremamente sfavorevole per gli
attaccanti. La Casilina
percorreva una valle larga poco più di un chilometro tra le quote dominanti dei
monti circostanti, con numerose pendici e alture e con l’abitato di S. Pietro
Infine posto a nord in posizione dominante. Le strade, molto strette, erano
minate e circondate da terrazzamenti coltivati o coperti da cespugli. Le
operazioni fuori strada erano ostacolate da torrenti, valloncelli e altre
irregolarità e dal fondo reso cedevole dalla pioggia. La scarsità di
comunicazioni stradali e ferroviarie aveva consentito al Genio tedesco di
procedere a demolizioni concentrate con economia di sforzi e imponendo, con
l’impiego delle mine, notevoli ritardi all’avanzata degli alleati.
Tali condizioni limitarono
la capacità di dispiegamento e di movimento delle forze alleate che, pur
disponendo di maggiore meccanizzazione e di mezzi corazzati in numero
superiore, dovettero portare quasi tutto il peso dei combattimenti sulla
fanteria. Per avere successo e conquistare terreno, ogni montagna doveva essere presa separatamente e ogni
valle rastrellata da ostinati attacchi di fanteria, per poi trovarsi di fronte
una nuova serie di ostacoli In particolare, l’utilizzo di carri per la
presa di S. Pietro Infine, secondo la concezione alleata di appoggiare i
combattimenti di fanteria, fu disastroso per la conformazione dell’abitato
arrampicato sulle pendici del Sammucro con strette vie di accesso e strade
interne difficilmente percorribili ai soldati per le macerie provocate dagli
stessi attaccanti con i bombardamenti. Anche l’accerchiamento del paese con
mezzi corazzati fu impossibile per la conformazione delle pendici circostanti.
Le condizioni del terreno sfavorevoli agli
attaccanti erano state peggiorate dalle condizioni atmosferiche. La pioggia
caduta ininterrottamente aveva reso impraticabili i sentieri utilizzati per i
rifornimenti sulle pendici dei rilievi. Per percorrere i pochi chilometri che
separavano le alture occorreva spesso un’intera giornata. Il lancio di
rifornimenti dall’aria non ebbe successo sia per la scarsa visibilità sia per
la difficoltà di ritrovare i materiali sul terreno accidentato e vicino alle
posizioni nemiche. Le condizioni meteorologiche
sfavorevoli non permisero tra l’altro di sfruttare l’appoggio diretto delle
operazioni aeree.
(2) La superiorità difensiva dei tedeschi
Le forze alleate attaccarono
il nemico su un fronte ampio con una superiorità di tre a uno nelle forze di
fanteria, per conseguire lo sfondamento e continuare la pressione sul fronte,
senza poter sfruttare la superiorità di aerei, mezzi corazzati, e di
artiglieria di cui disponevano. I tedeschi, viceversa, sfruttarono al massimo e
con abilità le caratteristiche fisiche lungo la linea di resistenza con una
campagna puramente terrestre fatta da azioni ritardatrici e ritirate parziali,
sfruttando le barriere naturali montuose e fluviali e fortificando i punti
critici non protetti. Le perdite conseguenti ad attacchi frontali contro le
zone fortificate e le posizioni sulle montagne circostanti indussero a cercare
linee di attacco meno evidenti. Emerse l’importanza di disporre in questi
teatri di operazioni di unità da montagna addestrate ed equipaggiate appoggiate
da truppe e da colonne di rifornimento. Già durante l’autunno del 1943 gli
alleati decisero di costituire reggimenti di artiglieria da montagna, che però
raggiunsero il teatro di operazioni nel luglio del 1943 per essere impiegati
sugli Appennini. La battaglia combattuta essenzialmente dalla fanteria fu
decisa da innumerevoli scontri combattuti su uno dei terreni europei più
difficili che favoriva pesantemente i difensori. Solo la conquista del Monte Lungo e del Monte Sammucro costrinse i
tedeschi a ritirarsi da S. Pietro Infine per prevenire l’aggiramento e lo
sbarramento della strada di collegamento con S. Vittore, nonostante la
posizione fosse stata difesa con successo e gli attaccanti respinti in
combattimenti al limite delle risorse fisiche e morali. La 36^ Divisione prese
S. Pietro Infine, ma per lo sforzo sostenuto oltre le aspettative fu ritirata
dal fronte per un periodo di riposo.
(3) I riflessi sulla Campagna d’Italia
Gli errori sul campo, poi ripetuti nelle successive azioni nel gennaio 1944 con il tentativo della stessa 36^ Divisione di attraversare il Fiume Rapido sotto
Montecassino per aprire la strada nella
Valle del Liri e nei tre assalti a Monte Cassino, così come il quasi fallito
sbarco ad Anzio, suggerirebbero una scarsa abilità da parte dei comandanti
alleati, anche se a loro discolpa vanno considerati i fattori limitanti di tipo
politico, logistico, e geografico presenti nella campagna d’Italia. In generale,
le battaglie per la Winter Line
evidenziano come la Campagna
d’Italia, concepita dagli alleati come uno sforzo sussidiario fatto di
“offensive minori” di “successo sicuro” in previsione dell’avvio delle
operazioni sul continente europeo di primaria importanza nella strategia
alleata (Overlord in Normandia e Anvil nel sud della Francia) era destinata a diventare
per i belligeranti una costante fonte di usura di uomini, mezzi e materiali. Dal
punto di vista del Comando tedesco, l’obiettivo di ritardare il più possibile
l’avanzata degli anglo-americani impegnando con il minore numero di reparti una grande quantità
di truppe nemiche, nell’ambito di un progetto generale di difesa del territorio
del Reich, ebbe sostanziale successo. Il Generale Kesselring aveva insistito
sulla possibilità di tenere una linea di difesa a sud di Roma per un lungo
tempo, e i fatti sembrano avergli dato ragione. Dopo avere bloccato gli
attacchi della 5^ Armata nel mese di novembre, egli poté difendere la Winter Line fino a
gennaio, oltre ogni previsione, non concedendo agli alleati di sferrare un
colpo decisivo che ne determinasse il crollo. Anche dopo l’apertura della strada verso Roma e la sua liberazione, la guerra
di attrito della Campagna d’Italia continuò per molti mesi in condizioni
analoghe.
[i] www.history.army.mil/books/wwii/winterline/winter-fm.htm
“Fifth
Army battle losses from 15 November to 15 January were 15,930 men. Over half
this number—8,844—came from American divisions and represented a casualty rate
of ten percent. Non-battle casualties were much higher, numbering nearly fifty
thousand for all the American elements of Fifth Army”.
- I
-
(
(info:centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org)