Giovanni Pascoli, Patria
Sogno d'un dí d'estate.
Quanto scampanellare
tremulo di cicale!
Stridule pel filare
moveva il maestrale
le foglie accartocciate.
Scendea tra gli olmi il sole
in fascie polverose:
erano in ciel due sole
nuvole, tenui, róse[1]:
due bianche spennellate
in tutto il ciel turchino.
Siepi di melograno,
fratte di tamerice[2],
il palpito lontano
d'una trebbïatrice,
l'angelus argentino[3]...
dov'ero? Le campane
mi dissero dov'ero,
piangendo, mentre un cane
latrava al forestiero,
che andava a capo chino.
Il titolo di questo
componimento di Giovanni Pascoli era originariamente Estate e solo nell'edizione di Myricae
del 1897 diventa Patria, con
riferimento al paese natio, San Mauro di Romagna, luogo sempre rimpianto dal
poeta.
[1]
corrose
[2]
cespugli di tamerici (il singolare è motivato dalla rima con trebbiatrice)
[3] il
suono delle campane che in varie ore del giorno richiama alla preghiera (angelus) è nitido, come se venisse
prodotto dalla percussione di una superficie d'argento (argentino).
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