CONVEGNO*
GALLIPOLI HOTEL COSTA BRAVA
17 MARZO 2012 –
COL. Vittorio SCARLINO
L’Esercito Italiano nasce con la nota n° 76 del 4 maggio 1861 con cui il ministro della Guerra Manfredo Fanti “partecipa ufficialmente” che «Vista la Legge in data 17 marzo 1861, colla quale Sua Maestà ha assunto il titolo di Re d’Italia, il sottoscritto rende noto a tutte le Autorità, Corpi ed Uffici militari che d’ora in poi il Regio Esercito dovrà prendere il nome di Esercito Italiano, rimanendo abolita l’antica denominazione di Armata Sarda”.
Con questo atto ufficiale si concludevano con il cambio di denominazione le operazioni di riunione, di tutte le forze militari disponibili nel paese, iniziate negli ultimi mesi del 1859 e conclusesi con una prima fase organizzativa portata a termine nel marzo del 1861
Quindi, ancor prima che la componente borbonica e quella garibaldina venissero ad aggiungersi ad esso, 1'Esercito della nascente Italia era costituito con una sua struttura organica basata su cinque Corpi d'Armata dei quali quattro erano formati ognuno da tre divisioni, ciascuna con due brigate di Fanteria, due battaglioni Bersaglieri e tre batterie d'Artiglieria, più una brigata di Cavalleria su 3 reggimenti.
Fuori dai Corpi d'Armata c'era un'altra divisione di Cavalleria. I reggimenti di Fanteria e Cavalleria avevano rispettivamente ordinati su quattro battaglioni/squadroni.
L'Artiglieria comprendeva un totale di otto reggimenti.
Il Genio venne ordinato su due reggimenti di 16 compagnie ciascuno.
L’unità militare nazionale era costituita, ma quella politica e sociale non era stata compiuta. I primi anni postunitari si caratterizzarono per la cosiddetta lotta al brigantaggio, fenomeno particolarmente rilevante nel Meridione e nelle stesse Puglie, sintomo di un malessere di popolazione che erano state conquistate e rimanevano deluse del nuovo condizione che aveva acceso tante speranze.
In questo periodo di transizione, nell’ancora Regio Esercito prende corpo, riproponendo una soluzione per la prima volta applicata in Italia nel 1786, un reparto di soldati specializzati nei combattimenti in alta montagna, con la costituzione, fattivamente sostenuta dal Cavour, nel 1859 di un consistente gruppo di volontari al comando di Giuseppe Garibaldi denominati "Cacciatori delle Alpi". Questa nuova unità specializzata conquistò Varese, Como e Brescia. Ed ancora i Cacciatori delle Alpi ottennero a Bezzecca il 21 luglio 1866 l'unica vittoria italiana nella Terza Guerra d'Indipendenza. Sarà poi nel 1872 che verrà formato il nuovo corpo specializzato degli Alpini, come oggi noi li conosciamo Come noto, nascono da una iniziativa del capitano Giuseppe Perrucchetti, elaborata dal ministro della guerra Francesco Ricotti Magnani.
Altra tappa fondamentale, ancora oggi viva nel ricordo dell’immaginario collettivo, è stata la presa di Roma del 20 settembre 1870, quando i bersaglieri al comando del generale Raffaele Cadorna irruppero attraverso la breccia di Porta Pia per coronare il sogno unitario con Roma Capitale.
Segui un’opera di ristrutturazione condotta dal già citato ministro della Guerra Cesare Francesco Ricotti Magnani, L’Italia si affaccia allora sullo scenario internazionale con ambizioni, alle quale non sempre arrise il successo, di potenza coloniale. Queste le tappe fondamentali.
Il 5 febbraio 1885 il colonnello Tancredi Saletta sbarca con un migliaio di uomini a Massaua, in Eritrea, dando inizio al periodo coloniale italiano che subirà una battuta d'arresto nel 1896 con la disastrosa battaglia di Adua avvenuta nell'ambito della guerra di Abissinia.
In quest’ottica prendono corpo le truppe coloniali, costituite in Eritrea, Somalia e Libia per coadiuvare i nazionali nel controllo del territorio, ma con l’intenzione di formare anche una classe media coloniale legata agli interessi italiani. Esse seguiranno le sorti dell’esperienza coloniale italiana sino alla sua fine.
L’Italia si pone ora come potenza globale, in una sorta di anticipazione della odierna dottrina del Mediterraneo allargato. Iniziano così gli impegni internazionali, prima nell'ambito della collaborazione con il Corpo interalleato per la pacificazione della rivolta contro la dominazione turca, a cui l'Italia contribuì con un corpo di spedizione sbarcato a Suda, nell'isola di Creta, il 25 aprile 1897.
Il 14 luglio 1900 venne costituito a Napoli un corpo di spedizione da proiettare a notevole distanza dalla madrepatria finalizzato a la rivolta dei Boxer in Cina e difendere i protettorati europei. In quest’ottica si inquadra la guerra italo turca, intrapresa il 29 settembre 1911, che vide il Regio Esercito entrare a Tripoli il 5 ottobre, nella primavera del 1912 occupare il Dodecanneso e, infine, conquistare il Fezzan nel corso di un anno tra l’agosto del 1913 e l’agosto del 1914.
Si giunge così alla vigilia della Prima Guerra Mondiale. Ancor prima dell’entrata effettiva dell’Italia nel conflitto il 24 maggio 1915, l’Esercito aveva portato a 12 i corpi d'armata e a 25 le divisioni, fino a raggiungere le 900.000 unità.
Le esigenze belliche portarono inoltre alla costituzione degli Arditi, venne potenziata l’arma aerea, sviluppato il servizio automobilistico, fece la sua comparsa il carro armato.
Lo sforzo organizzativo fu davvero imponente sia nel campo operativo che logistico. La massa dei mobilitati da gestire in ogni loro esigenza, mise a dura prova lo strumento che reagì positivamente a questa improvvisa crescita, ponendo le basi per la creazione di un complesso militare ed industriale alla quale, l’arretrata società civile dell’epoca, era impreparata. Per questo il progresso scientifico e tecnologico dovuto allo sforzo bellico non venne in essa trasferito e a fine conflitto non vi fu riconversione nel settore civile.
Gli anni di guerra fino a Caporetto videro l'Isonzo protagonista delle battaglie; i primi successi di rilievo furono conseguiti con la 6a battaglia dell'Isonzo, che portò nell'estate del 1916 alla conquista di Gorizia; al contrario la 12 a ed ultima battaglia fu contrassegnata dalla sconfitta di Caporetto nell'ottobre 1917. Le forza austro-tedesche sfondarono nel settore del XXVII Corpo d'armata, ma la resistenza delle truppe sul Piave e sul monte Grappa posero fine alla fase negativa della guerra
Fu poi grazie alle eroiche battaglie d'arresto sul Piave e sul Grappa (10 novembre - 4 dicembre) che si riuscirono a tamponare le falle dell’offensiva nemica e, infine, con i successi del 1918 sul Piave (15-24 giugno) e di Vittorio Veneto (24 ottobre - 4 novembre) conseguire la vittoria definitiva e conclusiva del conflitto.
Durante il conflitto, l'Esercito fu impiegato a fianco degli alleati su alcuni fronti esteri. In Francia il II Corpo d'Armata, in Albania e in Macedonia le truppe italiane occuparono Durazzo (29 dicembre 1915), Monastir e Bitola (18 novembre 1916) e vinsero la battaglia di Malakastra (6-9 luglio 1918).
Il bilancio dello sforzo bellico viene sintetizzato con i seguenti aridi dati statistici di oltre 4.000.000 di mobilitati, circa 600.000 caduti e 1.500.000 di feriti e/o invalidi.
Smobilitato il grosso dei reggimenti di fanteria e cavalleria, disciolti i reparti "Arditi", l'Esercito affronta il dopoguerra ridimensionando la sua struttura per tempi e compiti di pace. Come accennavo sopra l’arretratezza della società civile del tempo rese impossibile la riconversione dell’apparato industriale d’avanguardia che si era formato con lo sforzo bellico creando gravi problemi di natura sociale e politica, che portarono alla nascita ed alla affermazione del fascismo.
Nel 1922 l’Esercito fu fatto intervenire in Libia per la riconquista dei territori che nel corso della guerra mondiale erano stati occupati dagli arabi ribelli. Furono anni di studio e di risveglio della cultura e della dottrina militare con lo sviluppo di nuove strategie di combattimento resa necessario dalla sviluppo tecnologico e dall’adozione di nuovi mezzi. L'arrivo del carro armato sui campi di battaglia nell'ultimo scorcio della prima guerra mondiale diede l'avvio alla costituzione di unità corazzate e alla elaborazione di appropriate dottrine relative al loro impiego.
In questo contesto evolutivo nel 1927 l’Aeronautica diviene Forza Armata autonoma, staccandosi dall'Esercito. Presero vita anche i primi reparti paracadutisti.
Nel corso degli anni trenta le truppe coloniali italiane coadiuvarono quelle nazionali durante il completamento dell'occupazione della Somalia, fino ad allora controllata solo parzialmente dalle truppe italiane nelle zone attorno alla capitale Mogadiscio e a pochi presidi lungo la costa.
Terminate queste operazioni, definite "cicli di polizia coloniale", nel 1935 l'Esercito fu impegnato di nuovo con la guerra d'Etiopia avviata con il superamento del confine del Mareb il 3 ottobre e l’ingresso in Addis Abeba il 5 maggio 1936, che ne segnerà la conclusione.
Siamo ormai alle soglie del secondo conflitto mondiale. In questo periodo di vigilia assume importanza fondamentale l’invio in missione in Spagna nel settembre del 1936 del generale di brigata Mario Roatta con il compito di creare sotto copertura la MMIS, Missione Militare Italiana in Spagna, che divenne operativa con sede a Siviglia 15 dicembre 1936; con il compito di inviare materiali, armi e istruttori, nonché di creare due Brigate Miste italo-spagnole.
Nell'aprile del 1939, in seguito all'annessione dell'Albania, l'esercito presidiò le più importanti città del territorio di nuova acquisizione.
Si arriva così al 10 giugno 1940, alla dichiarazione di guerra che porterà l’Esercito a combattere su vari fronti, in teatri operativi notevolmente differenti per latitudine e per caratteristiche geografiche e climatiche. Ne faccio cenno con una rapida panoramica.
In realtà il conflitto ebbe inizio nel settembre 1939, quando la Germania invase la Polonia, ma l'Italia consapevole del fatto che i conflitti di Etiopia e di Spagna avevano pesantemente intaccato le scorte dell'esercito e bloccato il suo ammodernamento, decise dunque di non intervenire dichiarando la propria "non belligeranza". Purtroppo, i folgoranti successi tedeschi e l'impressione che il conflitto sarebbe durato poco indussero ad entrare in guerra.
Il Regio Esercito, forte di 75 divisioni, presentava tuttavia gravi carenze nell'armamento. L'artiglieria risaliva al primo conflitto mondiale, i carri armati erano leggeri con corazza ed armamento inadeguati. Mancavano gli automezzi, le mitragliatrici erano insufficienti, le divise erano di pessima qualità e mancavano equipaggiamenti e attrezzature adatte alle aree dove si sarebbe operato dalla Libia all’Unione Sovietica, dall’Albania alla Grecia.
Certo, le ricerche in campo militare condotte nel precedente decennio avevano conseguito buoni risultati.
Anche l'armamento individuale presentava caratteristiche adeguate quali il moschetto automatico Beretta, in dotazione alle truppe speciali come la 185ª Divisione paracadutisti "Folgore", la mitragliatrice Breda Mod.37 o la pistola Beretta M34 per gli ufficiali.
Gravi carenze nel campo delle truppe corazzate. I carri armati in dotazione erano decisamente inferiore a quelli avversari sia come armamento che come potenza.
Le ostilità ebbero inizio con la battaglia delle Alpi Occidentali combattuta contro la Francia, che si risolse con una vittoria tattica francese bilanciata dall'occupazione italiana di alcuni comuni lungo il confine sancita dall’armistizio di Villa Incisa.
Si concluse con la sconfitta invece l'iniziativa in Africa orientale dove, nonostante il successo ottenuto con la conquista della Somalia Britannica, i reparti Esercito ivi stanziati rimasero fin dall'inizio isolati dalla Madrepatria finendo con il subire, nel maggio 1941, la disfatta nella seconda battaglia dell'Amba Alagi. Ai soldati italiani sconfitti venne comunque tributato da parte delle vittoriose truppe britanniche l'onore delle armi. L'ultima disperata resistenza in questo teatro di operazioni fu attuata dalle unità al comando del generale Guglielmo Nasi nel corso della Battaglia di Gondar, che ebbe termine con la resa degli ultimi presidi nel novembre 1941.
Nel contempo, in Africa settentrionale, le poco numerose ma molto mobili e ben equipaggiate forze della Western Desert Force sconfissero e fecero prigionieri decine di migliaia di soldati italiani, distruggendo inoltre le dieci divisioni della 10ª Armata e conquistando, oltre l’intera Cirenaica, le piazzeforti di Bardia e Tobruk.
In aiuto dell’alleato italiano in difficoltà in questo teatro i Tedeschi inviarono un gruppo di divisioni, denominate Afrika Korps, al comando del generale Erwin Rommel. L'Armata italo tedesca riuscirà a spingersi sino a circa 80 km da Alessandria d'Egitto, ma a seguito della sconfitta di El Alamein venne persa la Libia, presa dalle forze britanniche, con ultime resistenze nel maggio 1943 in Tunisia.
Nell'ottobre 1940 ebbe inizio anche la campagna italiana di Grecia. L'operazione risultò essere mal pianificata e mal preparata, con i soldati italiani che si ritrovarono quasi subito in inferiorità numerica e in una difficile situazione logistica rispetto ai Greci, venendo di conseguenza respinti fin dentro i confini albanesi. Il lento ma continuo affluire dei rinforzi italiani permise poi di fermare l'avanzata ellenica ma l'elemento determinante per l'esito del conflitto fu l'intervento tedesco. Contemporaneamente all'azione in Grecia reparti tedeschi, italiani e ungheresi invadevano la Jugoslavia, piegandone la resistenza in undici giorni.
Nel luglio 1941 il governo decise l'invio al fronte orientale di un corpo di spedizione italiano raggruppato nel CSIR, Corpo di Spedizione Italiano in Russia. La partecipazione dell’Italia alla guerra alla Urss, non richiesta dall’alleato germanico, all’inizio fu sgradita e mal tollerata dai vertici militari tedeschi, convinti che la Urss sarebbe crollata in pochi mesi. Ma fermati a Mosca nell’inverno 1941, la campagna di primavera richiese ai tedeschi l’impiego di maggiori forze, che si trovarono costretti a richiedere ai loro alleati, ungheresi, romeni, spagnoli, croati, finlandesi ed italiani.
L’Italia inviò altri 170.000 soldati, oltre ai 60.000 inviati nel 1941; questi uomini operarono sotto comando tedesco in Ucraina e nel dicembre 1941 erano attestati sul Don.
Il loro compito era quello di tenere, insieme agli altri alleati, la linea: in caso di attacco, resistere fino a che le forze mobili tedesche, attestate a tergo, non fossero intervenute, e, tamponate le falle, lanciare la controffensiva.
Nel dicembre 1942 gli Italiani furono attaccati dai sovietici (Operazione Piccolo Saturno). Ottemperano al compito loro ordinato, tenendo la linea per oltre 10 giorni, fino al 21 dicembre.
Le puntate offensive sovietiche sconvolsero, tra l’altro, le retrovie e l’organizzazione logistica dell’Asse, anche perché le forze mobili tedesche, attirate dalla fornace di Stalingrado, non intervennero e gli italiani, come i romeni e gli ungheresi furono abbandonati a loro stessi, con disprezzo della loro sorte.
Stalingrado divorò tutto, ed i Tedeschi vi colsero la più grande sconfitta della guerra, figlia diretta dei loro errori strategici, con primo fra tutti quello della divisione delle forze. I Comandanti Italiani, privi di mezzi per affrontare una ritirata in inverno, anziché arrendersi sul posto, dopo aver assolto il loro compito e nel constatare che i tedeschi li avevano abbandonati, presero la decisione fatale: ritirarsi dalla linea del Don. Senza una adeguata struttura logistica alle spalle era pura follia ritirarsi. E fu tragedia: si perse il 54%, della forza, ovvero101.000 uomini (10.800 prigionieri; il resto disperso, cioè morto durante la ritirata) su 191.000 effettivi e tutto il materiale. Le forze italiane furono distrutte.
Nella notte tra il 9 ed il 10 luglio 1943 gli Alleati sbarcarono in Sicilia e in circa quaranta giorni presero il completo controllo dell'isola. Nel frattempo, il 25 luglio, il maresciallo Pietro Badoglio prese la guida del governo e da li a poco iniziò a intavolare trattative di cessazione delle ostilità con gli anglo americani. Come noto l'armistizio venne firmato il 3 settembre 1943 e reso pubblico dagli Alleati l'8 settembre, costringendo Badoglio a confermare la notizia con un proclama radiofonico.
All'annuncio dell'armistizio, la Wehrmacht diede infatti il via alla già pianificataa Operazione Achse, le truppe tedesche intimarono ai reparti italiani di scegliere se continuare a combattere al loro fianco o di deporre le armi, le unità dell’Esercito che rifiutarono queste intimazioni vennero attaccate e generalmente sopraffatte, in alcuni casi si ebbero fucilazioni di massa dei prigionieri come a Cefalonia, in altri casi alla resa seguì la decimazione degli ufficiali. Solo in Sardegna e Corsica l’Esercito ebbe la meglio sui tedeschi. Nei Balcani alcuni di coloro che riuscirono a fuggire all'internamento entrarono a far parte dei movimenti partigiani locali, creando anche proprie unità nazionali come le divisioni partigiane Garibaldi e Italia.
In Italia invece al Governo Badoglio, peraltro non riconosciuto neppure dalla controparte armistiziale e solo unilateralmente dall’Unione Sovietica, fu permesso di dar vita al Primo Raggruppamento Motorizzato per combattere insieme agli anglo-americani. Il battesimo del fuoco di questa unità si ebbe con la battaglia di Montelungo dell’8 e 16 dicembre 1943, successivamente con l’azione di occupazione, nell'aprile 1944, di Monte Marrone. Il nostro Presidente Nazionale, il generale senatore Luigi Poli, allora giovanissimo subalterno, fu protagonista di tutti questi eventi, avendo preso parte proprio qui in Puglia, dove era in attesa di imbarco per i Balcani, ad essi sin dalle prime fasi di contrasto all’azione delle truppe tedesche, non più alleate anche se non ancora formalmente nemiche, e di difesa delle infrastrutture nazionale, tra cui i porti.
Il Primo Raggruppamento Motorizzato, divenuto poi Corpo Italiano di Liberazione operò con tale dizione sino all'ottobre 1944, quindi furono organizzati cinque Gruppi di Combattimento che risalirono l'Italia, sempre insieme agli Alleati, fino alla completa liberazione di tutto il territorio nazionale e alla cessazione di ogni atto bellico sul fronte italiano il 2 maggio 1945, a seguito dell’Armistizio firmato nella Reggia di Caserta, dove il nostro sodalizio ha posto anni orsono una lapide in memoria dell’evento.
L'Italia contribuì alla lotta contro i Tedeschi anche all'estero, in particolare nei Balcani (1943 - 1944), dove si distinsero le divisioni partigiane "Garibaldi" e "Italia", costituite con i Reparti ed i superstiti sfuggiti alla deportazione tedesca.
Il tributo di sacrificio e di sangue della Seconda Guerra Mondiale si può riassumere in 161.729 caduti e dispersi sui vari fronti fino alla data dell'8 settembre 1943; 18.655 perdite in Italia e 54.622 perdite sui fronti esteri nel periodo settembre - ottobre 1943 per le reazioni ai Tedeschi; circa 12.000 caduti tra militari inquadrati nelle unità regolari e nelle bande partigiane durante la Guerra di Liberazione; infine, circa 60.000 internati militari morti nei campi di concentramento. Cifre elevate e non definitive.
Non mi dilungo oltre sul punto specifico della Guerra di Liberazione sul quale verrà tenuta una dettagliata specifica relazione. Focalizzo invece l’attenzione sulla rinascita del dopoguerra.
Il 14 novembre 1945 gli Alleati stabilirono la struttura dell’Esercito italiano da mantenere in vigore fino alla stipulazione del trattato di pace. Le forze italiane vennero dunque ripartite in quattro sezioni:
forze mobili e locali (90.000 soldati) organizzate in 3 divisioni per la sicurezza interna (28ª Divisione fanteria "Aosta", 31ª Divisione fanteria "Calabria" e divisione "Reggio"), 10 reggimenti di fanteria (di cui 3 Alpini) e 5 divisioni binarie (con due soli reggimenti) di fanteria (44ª Divisione di fanteria "Cremona", 58ª Divisione fanteria "Legnano", Divisione meccanizzata "Folgore", 20ª Divisione fanteria "Friuli" e Divisione meccanizzata "Mantova");
organizzazione centrale e 11 comandi territoriali con giurisdizione simile agli ex comandi di corpo d'armata (9.000 unità);
amministrazione (31.000 uomini);
addestramento e complementi (Centro Addestramento Complementi di Cesano e scuole) su 10.000 uomini[15]
Lo Stato Maggiore diramò disposizioni in tal senso nel marzo 1946. Ognuno degli 11 comandi territoriali disponeva di un centro addestramento reclute a livello reggimentale e di un reggimento fanteria autonomo, tranne la Sicilia che poteva avvalersi di due divisioni. Una divisione, due battaglioni e 6 raggruppamenti rimasero invece alle dirette dipendenze degli Alleati. Nel corso del 1946 le tre divisioni di sicurezza interna si tramutarono in brigate su due reggimenti di fanteria e un gruppo di artiglieria, mentre la cavalleria riprese vita tramite l'assegnazione ad ogni divisione di un gruppo di squadroni dotati di veicoli cingolati.
Con la nascita della Repubblica Italiana e la decisione di Umberto II di abbandonare il paese, al Regio Esercito venne a mancare la condizione essenziale del mantenimento nella propria denominazione del riferimento alla monarchia, per cui si ritornò alla originaria denominazione postunitaria di Esercito Italiano, voluta dal repubblicano ministro Fanti, suo primo ordinatore.
Dopo una fase di transizione, con l'adesione dell'Italia nella NATO, le forze armate vengono rinforzate e riarmate, con un consistente concorso degli Stati Uniti in termini di mezzi; la dottrina di impiego e l'addestramento vengono uniformati agli standard dell'alleanza, e vengono tenute regolarmente esercitazioni congiunte. La consistenza dei reparti operativi cresce fino a raggiungere dieci divisioni di fanteria e tre corazzate (Ariete, Centauro e Pozzuolo del Friuli) cui si aggiungevano cinque brigate alpine. Nel 1954 la struttura di comando viene organizzata su due armate e cinque corpi d'armata, cui si aggiungeva il Corpo per la sicurezza della Somalia, paese affidato all'Italia per mandato fiduciario dalle Nazioni Unite fino al 1956; di conseguenza, il corpo viene sciolto nello stesso anno.
Con il concretizzarsi della minaccia di invasione da parte del Patto di Varsavia viene definita dalla NATO la dottrina di difesa avanzata, che in Italia porta alla denominazione della soglia di Gorizia come linea di difesa alla quale doveva essere idealmente fermata l'eventuale invasione.
In questo scenario viene creata la III Brigata missili che, dotata di missili Honest John prima (32 lanciatori) e Lance poi, acquisendo la capacità di lancio di testate tattiche nucleari.
Con l'inizio degli anni ottanta l'esercito affronta, dal 1980 al 1982, la sua prima missione armata (cioè non limitata alla sola presenza di osservatori) all'estero, denominata Italcon, come forza di pace in Libano. Durante la missione, effettuata congiuntamente con forze di altri paesi NATO tra i quali Stati Uniti e Francia, il contingente guadagna la fiducia delle parti contrapposte, riuscendo a non essere vittima di disastrosi attacchi che invece colpiranno le altre forze multinazionali e perdendo alla fine un solo uomo a causa dell'esplosione di una mina.[
La caduta del Muro di Berlino e il dissolvimento del Patto di Varsavia daranno una nuova dimensione alle forze armate italiane, non più in funzione esclusivamente difensiva ma anche e soprattutto in supporto alle iniziative di peace-keeping, come vengono denominate internazionalmente le operazioni di mantenimento della pace.
Nell’ambito di una di queste missioni un contingente italiano viene inviato in missione di pace in Somalia con l'operazione IBIS 1992-1994, una delle operazioni più complesse in teatro estero dalla fine della seconda guerra mondiale. Purtroppo il contingente italiano nello svolgere il suo delicato lavoro, sul campo somalo subisce un'imboscata in cui muoiono alcuni nostri soldati.
Nel 2000, con l'emanazione della legge 31 marzo 2000, n. 78 l'Arma dei Carabinieri, come già accennato sopra, diventa la quarta forza armata italiana, cessando di essere una specialità dell'esercito.
Inoltre, con il termine del servizio militare di leva obbligatorio, nel 2005, (o meglio con la sua sospensione, come disposto dalla legge 226/2004) l'Esercito attraversa una fase di radicale ristrutturazione, tesa a diminuire il personale dedicato a funzioni non operative per diminuire i costi derivanti da tale voce.
A seguito della ristrutturazione del 2010 l'Esercito conta 108.155 unità, e cessa di essere la prima forza armata in fatto di dotazioni organiche in quanto superato dai Carabinieri sono 117.943 unità. Il personale dell'Esercito risulta suddiviso a tale data in 13.174 ufficiali tra ruolo normale, ruolo speciale e ferma prefissata, 25.916 sottufficiali tra marescialli e sergenti, 31.120 Graduati in servizio permanente e 68.170 Militari di truppa, a loro volta suddivisi in Volontari in Ferma Breve (VFB) , Volontari in ferma prolungata di 4 anni (VFP4) e volontari in ferma prefissata (VFP1).
A questi vanno aggiunti gli 895 allievi in formazione presso l'Accademia Militare di Modena, la Scuola Sottufficiali dell'Esercito di Viterbo e le Scuole militari "Nunziatella" e "Teuliè". Le donne rappresentano circa il 5% di tutti i militari. Possono accedere a tutti i ruoli, da quelli logistici a quelli operativi.
Il comando di vertice dell'Esercito Italiano è rappresentato dallo "Stato Maggiore dell’Esercito" (SME) a Roma che è l'organismo deputato alla definizione delle politiche di Forza Armata. Per l'attività di comando e controllo sulle unità dell'Esercito, il capo di stato maggiore dell'Esercito italiano si avvale di quattro Alti Comandi retti da quattro generali di corpo d'armata e da un Ispettorato diretto da un tenente generale. Questi cinque Enti assieme allo SME nel loro insieme strutturano le cosiddette "Aree di vertice":
Comando delle Forze Operative Terrestri o COMFOTER, acquartierato a Verona, che è responsabile del governo delle unità di manovra, pedine operative dell'Esercito;
Comando Militare della Capitale con sede a Roma, che coordina le attività legate al Reclutamento, alle Forze di Completamento e alla Promozione e Pubblica Informazione sul territorio nazionale;
Comando Logistico, acquartierato a Roma, da cui dipendono, sul piano tecnico-funzionale, le unità della logistica di sostegno e della logistica di aderenza;
Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell'Esercito di Torino, che si occupa della formazione iniziale di tutto il personale militare dell'Esercito;
Ispettorato delle Infrastrutture, organo che presiede gerarchicamente gli enti del Servizio dei Lavori e del Demanio, i quali sul piano amministrativo e tecnico-funzionale ricevono le istruzioni dalla Direzione generale dei lavori e del demanio, parte del Segretariato Generale della Difesa (SEGREDIFE).
Dalle Aree di vertice dipendono pertanto, in un elenco riepilogativo: Stato Maggiore dell'Esercito, Roma Centro di Selezione e Reclutamento Nazionale dell'Esercito (Foligno), Centro Sportivo Olimpico dell'Esercito, Organizzazione penitenziaria militare (Santa Maria Capua Vetere).
Dal Comando delle Forze Operative Terrestri dipendono: Verona COMFOD1 (Vittorio Veneto), COMFOD2 (San Giorgio a Cremano), Comando Truppe Alpine (Bolzano), CoTIE (Anzio), Comando Aviazione dell'Esercito (Viterbo), Comando NRDC-IT (Solbiate Olona), Comando dei Supporti delle FOD (Roma).
Dal Comando Militare della Capitale dipendono: Roma Basi Logistiche della Forza Armata, Banda musicale dell'Esercito Italiano, Raggruppamento Logistico Centrale (RA.LO.CE.) (Roma), Reparto Supporti Logistici di Monte Romano, Museo Storico della fanteria (Roma), Museo Storico dei Bersaglieri (Roma), Museo Storico del Genio (Roma).
Comando Regione Militare Nord (Torino),
Comando Regione Militare Sud (Palermo)
Comando Militare Esercito Toscana (Firenze)
Comando Militare Autonomo Sardegna (Cagliari)
Comando Logistico dell'Esercito Roma Comando Logistico Nord (Padova)
Comando Logistico Sud (Napoli)
Centro di Amministrazione e Commissariato (Roma)
Policlinico militare del "Celio" (Roma)
Centro Studi e Ricerche di Sanità e Veterinaria dell'Esercito (RM)
Centro militare di veterinaria (Grosseto)
Ospedale militare veterinario (Montelibretti)
Comando per la Formazione e Scuola di Applicazione dell'Esercito
Torino Accademia Militare di Modena (Modena)
Centro di Simulazione e Validazione dell'Esercito (Civitavecchia)
Scuola Sottufficiali Esercito (Viterbo)
Raggruppamento Unità Addestrative (Capua)
Scuola lingue estere dell'Esercito (Perugia)
Ispettorato delle Infrastrutture Roma Comando Infrastrutture Nord (Padova)
Comando Infrastrutture Centro (Firenze)
Comando Infrastrutture Sud (Napoli)
Nelle Forze Operative Terrestri si inquadra il Comando di Corpo d'Armata di Reazione Rapida (NRDC-ITA) di Solbiate Olona, il Comando Trasmissioni e Informazioni di Anzio, Comando dell'Aviazione dell'Esercito di Viterbo, 1º Comando delle Forze Operative di Difesa (1° FOD o COMFOD1) di Vittorio Veneto, 2º Comando delle Forze Operative di Difesa (2° FOD o COMDOF2) di San Giorgio a Cremano, Comando dei Supporti delle Forze Operative Terrestri di Roma.
Dal Comando Roma Capitale dipendono tutti gli enti territoriali come i CEDOC - CME , basi logistiche , Il comando divenuto comando di vertice dipende direttamente dal Sottocapo di SME.
Dal COMFOTER dipende anche il Comando dei Supporti delle Forze Operative Terrestri dal quale dipendono le quattro Comandi e le Scuole di Specialità. Pertanto detto Comando sarà responsabile per il Supporto Operativo alle Forze Terrestre (dipendenti principalmente da 1° FOD, 2° FOD e T.A.), oltre che gestire le attività di specializzazione del personale attraverso le scuole d'arma.
Le funzioni di intelligence, che afferiscono alle tematiche raggruppate nella sigla C4I (comando, controllo, comunicazione, computer, informazione) vengono assolte in parte dall'accoppiata AISI/AISE e in parte dalla Brigata RISTA - EW, che raggruppa le unità di guerra elettronica appartenenti all'Esercito Italiano, alle dipendenze del Comando delle Trasmissioni ed Informazioni dell'Esercito (COTIE). La sigla RISTA-EW sta per Reconnaissance, Intelligence, Surveillance, Target Acquisition - Electronic Warfare.
Inoltre, in ogni tragedia che ha colpito il popolo italiano le forze armate sono state sempre in prima fila nel soccorso, anticipando le funzioni attualmente ricoperte dalla Protezione civile. Dal terremoto del Friuli al terremoto dell'Irpinia fino alla partecipazione annuale alle operazioni antincendio con i propri mezzi aerei (come gli elicotteri Chinook CH-47 dotati di secchio), l'Esercito ha partecipato alle operazioni di soccorso in caso di calamità naturali, schierando ospedali da campo e mezzi per movimento terra.
E concludo con un cenno alla cronaca, con un pensiero ai nostri due commilitoni del Battaglione San Marco, reparto della Marina, a cui siamo particolarmente vicini come militari e come connazionali.
Grazie per la cortese attenzione.
* E' stata presa la decisione dalla Presidenza Nazionale su proposta della Segretaria , in contrasto con accordi verbali, che i numeri della Rivista per il 2012 saranno 4 anzichè 6. Pertanto il numero speciale dedicato al Covegno " I Soldati Salentini.La memoria storica dell'impegno" non potrà essere edito. Le relazioni che non possono trovare spazio sulla rivista verranno pubblicate, come d'uso, su questo blog.