RITROVATO L’ARCHIVIO DEL GENERALE MARIO ROATTA.
MURSIA PUBBLICA IL DIARIO DEL 1943, LE MEMORIE DELL’ARMISTIZIO E DEL PERIODO BRINDISINO. A CURA DI FRANCESCO FOCHETTI.
Sei metri lineari di documenti, appunti, diari, fotografie: a quasi cinquant’anni dalla sua morte ritrovato l’archivio del generale Mario Roatta, Capo di Stato maggiore dell’Esercito italiano, membro del Consiglio della Corona, tra i protagonisti più discussi del Ventennio e soprattutto dell’8 settembre e del periodo del Governo brindisino. L’importante scoperta si deve all’archivista storico Francesco Fochetti che, con una complessa e delicata operazione di raccolta di informazioni e contatti con gli eredi, è riuscito a individuare e recuperare l’archivio segreto del generale e , in collaborazione con la Soprintendenza archivistica del Lazio, portare a buon fine le pratiche per il riconoscimento del Notevole interesse storico.
Fochetti ha curato la pubblicazione per Mursia del primo volume dei Diari di Roatta, relativo al periodo 6 settembre – 31 dicembre 1943.
Il volume sarà in libreria il 19 settembre 2017. (Mario Roatta, Diario. 6 settembre- 31 dicembre 1943. A cura di Francesco Fochetti. Con inserto fotografico. Euro 21,00, Mursia).
Delle carte di Roatta si supponeva l’esistenza, ma le vicende giudiziarie post belliche che investirono il generale - accuse per le presunte attività illegali del SIM, Servizio Informazioni Militari, compreso il coinvolgimento nell’omicidio dei fratelli Rosselli nel 1937, per la mancata difesa di Roma nei giorni dell’8 settembre 1943 e l’inchiesta sulla presunta condotta inumana al comando della II Armata in Croazia - lo indussero a seppellire, moralmente e materialmente, l’archivio.
Con la pubblicazione del primo volume del diario e altre che seguiranno, questo prezioso archivio viene ora messo a disposizione degli studiosi e del pubblico, dopo un rigoroso processo di ricomposizione e trascrizione.
Nel diario del 1943, scritto nell’immediatezza degli avvenimenti, emergono con evidenza il caos dei comandi delle Forze Armate, le incertezze del Re pronto a smentire il governo sull’Armistizio, la mancanza di informazioni che i vertici militari e politici avevano su quello che stava avvenendo a Roma o nei Balcani dove si consumava, tra le altre, la tragedia di Cefalonia. E ancora: le trattative con Eisenhower per il cosiddetto «Armistizio lungo», i complicati rapporti con i nuovi alleati, i dettagli privati e quotidiani del governo provvisorio a Brindisi. Roatta assiste alla caduta di un mondo dalle cui rovine verrà travolto: il governo jugoslavo lo accusa di crimini di guerra. Il maresciallo Tito vuole la sua testa, gli alleati premono e Badoglio la servirà loro su un piatto d’argento.
Biografia Mario Roatta
Il generale Mario Roatta nasce a Modena il 2 gennaio 1887 da Maria Antonietta Richard, originaria di Doussard nell’Alta Savoia e da Giovan Battista Roatta, militare di carriera del Regio Esercito. Frequentata l’Accademia di Modena e si perfeziona nell’uso delle lingue, soprattutto in Germania. Nella Prima Guerra mondiale, col grado di capitano, combatte su numerosi fronti; pluridecorato e con il grado di tenente colonnello, a febbraio 1919 è inviato a Berlino, per organizzare il rimpatrio dei prigionieri, redigere rapporti sull’esercito tedesco e sulla rivolta Spartachista. A luglio fa parte della «Commissione militare interalleata di controllo», di Versailles. Sposa nel 1922 Ines Mancini, comanda col grado di colonnello, la «Scuola centrale di fanteria» di Civitavecchia e dal 1926 al 1930 è addetto militare a Varsavia (dove trasferisce la sua famiglia, accresciuta nel 1928 dalla nascita del figlio Sergio), con competenze su Lettonia, Estonia, Finlandia. Nel 1930 viene nominato comandante dell’«84°reggimento di fanteria» e poi al Corpo d’armata di Bari. Il 15 gennaio 1934 assume la carica di capo del SIM (Servizio di Informazioni Militare) di cui, con un’opera di riorganizzazione e miglioramento tecnologico migliorerà l’efficenza, e per questo in seguito promosso al grado di generale. Nominato nel 1936 Capo missione nel corpo militare inviato in Spagna, assumerà la falsa identità di Mancini Roberto, lasciando quindi il comando del SIM al vicecapo Angioy. Rimpatriato a dicembre 1938 in seguito al ferimento durante la battaglia di Malaga, è poi nominato generale di divisione. Inviato come addetto militare a Berlino da luglio a novembre 1939, il 16 novembre è nominato Sottocapo di Stato Maggiore, dal 24 marzo 1941 al 20 gennaio 1942 è Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, quindi generale al comando della II armata in Croazia fino al 10 febbraio 1943, quando viene destinato al comando della VI armata in Sicilia. Il 1° giugno 1943 è nuovamente Capo di Stato Maggiore dell’Esercito; membro del Consiglio della Corona, in seguito all’armistizio, il 9 settembre si trasferisce a Brindisi, con gli Stati Maggiori e il governo, al seguito del Re. Destituito l’11 novembre dalla sua carica, per le pressioni esercitate sui governi alleati da Tito, comandante dell’«Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia», per presunti crimini durante il comando della II armata in Croazia. Ritornato a Roma, sottoposto a inchiesta dalla Commissione per la mancata difesa di Roma, il 16 novembre 1944 viene arrestato negli uffici dell’Alto Commissariato per le sanzioni contro il fascismo e poi processato per le presunte attività illegali del SIM ( compreso il coinvolgimento nell’omicidio dei fratelli Rosselli nel 1937). Ricoverato nell’Ospedale militare Virgilio, la sera del 4 marzo 1945 evade, sottraendosi alla sentenza di condanna all’ergastolo del 12 marzo 1945, iniziando così una lunga latitanza. Il 6 marzo 1948 la Cassazione annulla la sentenza, il 19 febbraio 1949 il Tribunale militare di Roma stabilisce di non procedere contro le accuse di resa colposa e abbandono di comando e nel 1951 la Procura militare archivia l’istruttoria per i presunti crimini di Guerra. Presente in Spagna dal 1948, vi resterà fino al rientro definitivo nel 1967 a Roma, dove muore il 6 gennaio 1968.
Francesco Fochetti, curatore.
Archivista storico, si occupa di tutela delle fonti documentali conservate in istituzioni pubbliche e private. Nominato dal 2007 Ispettore archivistico onorario dalla Direzione Generale per gli archivi, è autore del recente rinvenimento dell’archivio del generale Mario Roatta, di cui, in sinergia con la Soprintendenza archivistica e bibliografica del Lazio, ha curato la Dichiarazione di notevole interesse storico, procedendo allo studio analitico e alla pubblicazione delle parti più rilevanti.