Eventi del 9 settembre 1943
nel Nord della Sardegna
Ammiraglio Rino Me*
Nella giornata del 9 settembre 1943, nelle acque dell’Asinara, si consuma una tragedia nazionale che
coinvolge le Forze da Battaglia della Regia Marina. Il messaggio radiofonico registrato
con cui il generale Eisenhower comunica alle 1830 del giorno 8 la “resa senza
condizioni“ del Regno d’Italia, coglie di sorpresa il governo, e ingenera sensazioni
di sbigottimento e prospettive
fallaci di fine della guerra che attraversano l’intero paese. Clima e modalità
di conduzione del processo decisionale politico-militare nonché
sottovalutazione delle conseguenze del cambio delle Alleanze, avranno pesanti
ripercussioni sulle funzioni di comando controllo delle forze Armate sparse nei
vari teatri. In
quei momenti di confusione strategica, culminata con la partenza dei vertici
istituzionali dalla capitale, prende corpo la reazione tedesca pre-pianificata
e pronta a scattare sin dalla battitura della notizia da parte dell’Agenzia
Reuters nel primo pomeriggio. La catena di comando della Regia Marina rimane in
piedi, e, pur nelle difficoltà dell’accavallarsi degli eventi e dei limiti tecnici del tempo, continua ininterrotta. Sul piano etico, superati i momenti di tentennamenti e
incertezze, prevale la bussola della lealtà istituzionale e
della subordinazione alla volontà politica. In breve, la volontà di
collocarsi dal lato giusto della storia si manifesta nel senso del dovere, fedeltà alle istituzioni e nella consapevolezza dei
risvolti dei loro atti sui destini della patria. Sono questi gli unici
riferimenti che possono garantire la salvezza del paese e prospettive di
rinascita. Dopo l’azione
mattinale della Torpediniera Aliseo (CF
Carlo Fecia di Cossato, MOVM) e, nel pomeriggio, delle Vedette AntiSom nell’Alto Tirreno (Contrammiraglio Federico Martinengo MOVM alla memoria), le Forze Navali da
battaglia, in fase di trasferimento per una missione ben diversa da quella cui
erano state preparate, lamentarono la perdita della Corazzata Roma e dei 2 CC.TT. Da Noli e Vivaldi. Questi
ultimi assegnati originariamente
alla scorta del sovrano da Civitavecchia alla Maddalena, furono dirottati per
il ricongiungimento alle Unità della Squadra e, nel primo pomeriggio, dopo aver ingaggiato mezzi con a bordo reparti
tedeschi in trasferimento verso la Corsica,
incapparono nella trappola sia delle batterie costiere piazzate sul
versante corso che di uno sbarramento minato predisposto da posamine germanici
a fine agosto, di cui le due unità non erano state messe al corrente.
Proprio la tempistica e la tragicità di questo episodio, in cui
muore in combattimento anche il Comandante in Capo, Ammiraglio di Squadra MOVM alla memoria Carlo Bergamini, e tutto il suo staff, assieme ai Comandanti e gran
parte degli Stati Maggiori e degli equipaggi , assurge, a esempio della maldestra messa in atto delle
misure soggiacenti, senza adeguata conoscenza della situazione reale. Nella
tragedia, si mettono in risalto anche personaggi ed episodi di valore, come il
ritorno a bordo a nuoto sul CT Vivaldi, da parte del CC Alessandro Cavriani e del Capo
Meccanico Virginio Fasan, per
verificare le cause della lentezza del processo di auto-affondamento; entrambi
si inabissarono con la loro nave e furono decorati MOVM alla memoria.
In un continuum
operativo-temporale, le vicende navali si intrecciano, pur nella diversità
dello scenario, con ciò che avviene nel
teatro delle operazioni Gallurese del Nord-Est della Sardegna: la tragica fine del
Ten. Col. A. Bechi Luserna, MOVM, trucidato e poi gettato in mare a
S. Teresa di Gallura da chi non accetta la collocazione con gli Alleati, e,
soprattutto, il trasferimento della 90.ma Divisione tedesca dalla Sardegna alla
Corsica con il colpo di mano di elementi di quest’ultima, finalizzato alla
disarticolazione della piazzaforte della
Maddalena. Eppure, nella base paralizzata dalla sorpresa iniziale, vi sono
tanti che in quei momenti convulsi, contravvenendo agli ordini del Comando,
rispondono al richiamo del dovere . In
questo contesto, la tragedia nazionale, di cui gli eventi in mare costituiscono
una parte significativa, diventa alla Maddalena il prologo della resistenza armata, portata avanti da
militari della Marina, dell’Esercito, dei Carabinieri e operai dell’Arsenale. Proprio
alla Maddalena, dove erano dirette le navi e che da Domenico Millelire alla reazione armata
di quei giorni sintetizza la storia della Regia Marina, si colgono quindi quei
segni di una riscossa che non può non esser riconosciuta come embrione di
quella nazionale. Essa infatti precede i successivi eventi a Napoli di fine
Settembre e i successivi sviluppi al Centro e al Nord della Penisola. Ha
origine con personaggi che, riusciti a svincolarsi dalla morsa degli occupanti,
riescono nell’intento di una
mobilitazione, che possiamo definire sia interforze di militari della Regia Marina, Carabinieri, e delle
batterie costiere dell’Esercito, che generale grazie all’attiva partecipazione
di operai militarizzati dell’Arsenale e al sostegno della popolazione, già
messa alla prova da massicci bombardamenti. Li accomuna la volontà di non
arrendersi e tanto meno collaborare con l’ex alleato. Dopo l’arresto del
tentativo di occupazione dei punti chiave, le varie azioni di guerriglia
culminate con l’ultimo assalto volto al
recupero dei punti chiave occupati della piazza, in cui trova la morte
il CV Carlo Avegno ( MOVM alla
memoria), testimoniano un rigurgito di riscatto
sostenuto dall’etica del dovere e dell’onore nazionale.
E’ bene allora ricucire i
fili di questa storia, anche perché questa pagina di Storia, conosciuta
parzialmente e per lo più nei termini negativi dell’occupazione della Base e
dell’arresto senza colpo ferire degli Ufficiali radunati all’ora della mensa, sia
riesaminata e fatta conoscere nella sua
interezza, e non lasciata all’oblio, che
suona come evento da dimenticare. Questo evento mette in luce una dimensione
oblativa dell’esistenza in cui si offre la propria vita per la salvezza del
proprio paese in un momento drammatico. Nel 75.mo anniversario delle tragiche
giornate di quel “settembre nero”, quei
caduti (tra i quali tantissimi sardi) ci chiedono che la loro resistenza armata,
opposta alle minacce e violenze di una forza straniera, sia ricordata,
raccontata nei suoi termini reali e non sminuita. Anche perché quei volenterosi
erano consci dei pericoli derivanti dal doversi confrontare con una delle più agguerrite unità militari dell’epoca.
Quest’ultima infatti, una volta trasferita nella penisola, nella prima metà del
1944 riuscì a inchiodare le forze anglo –americane sbarcate ad Anzio. Per
questo motivo gli eventi nel Nord della Sardegna, apparentemente sconnessi,
vanno ricordati, senza retorica, a
esempio della nostra identità con una narrativa e per una memoria coerente con
i fatti. Pur nei diversi orientamenti politici, il mantenimento della memoria
di ciò che unisce non può che favorire i processi di pacificazione consapevole. Si suole dire che
senza memoria, l’identità e, con essa, la nazione non poggia su solide basi ed
è anche acquisito che l’inabilità a coltivare e difendere la memoria è un segno
di decadenza.
*Ammiraglio di Squadra (r) Mario Rino Me, membro del CESVAM,
centro studi sul valore militare dell'Istituto del Nastro Azzurro